16 Settembre 2014

[...] L’uomo che si era autoproclamato presidente si chiamava Patrice Lumumba.

Lumumba era nato nel 1925 a Onalua, un villaggio nel Kasai. La sua etnia era quella dei batetela, la tribù che alla fine del diciannovesimo secolo aveva guidato il grande ammutinamento durante le campagne arabe. Il padre di Lumumba era un cattolico senza istruzione, conosciuto per il suo temperamento collerico e il carattere testardo. Beveva imperturbabile vino di palma fatto in casa. Lumumba frequentò la scuola in stazioni missionarie protestanti e cattoliche e, durante la guerra, dopo alcune peregrinazioni nell’entroterra si recò in una grande città: Stanleyville. Lì divenne funzionario di basso livello nell’amministrazione, prima di entrare come impiegato nelle poste che lo mandarono per un corso di formazione a Léopoldville, dove migliorò il suo francese lacunoso e manifestò un’insaziabile sete di conoscenza. Tornato a Stanleyville divenne un lettore accanito, andò a lavorare in biblioteca come volontario e non si perse nemmeno una conferenza o una serata educativa. Nel 1954 ottenne la rarissima carta d’immatricolazione. La sua fiducia in se stesso cresceva a vista d’occhio. Diventò estremamente attivo nella vita associativa della città e ricoprì senza fatica diverse funzioni amministrative nello stesso tempo. Era presidente dell’associazione dei funzionari postali, dirigeva la sezione regionale del sindacato Apic, intratteneva contatti con il Partito liberale belga e divenne presidente dell’Association des Évolués de Stanleyville. Era noto che gli bastavano due, tre ore di sonno a notte. Oltre che alle molteplici riunioni, si dedicava anche alla scrittura di analisi politiche. Cominciò a inviare pezzi a giornali come “Le Croix du Congo” e “La Voix du Congolais” e fondò persino un periodico tutto suo, “L’Écho postal”. Se lo si incontrava in quei giorni a Stanleyville non si poteva non restarne impressionati. Lumumba era vivace e acuto, pieno di entusiasmo e di iniziative sul lavoro. Aveva il dono dell’oratoria e la forza di persuasione. Con gli occhiali, il farfallino e – una rarità in un uomo africano – la barbetta, aveva a detta di molti un’aria intelligente e attraente. Il suo charme e la sua spigliatezza mascheravano l’estrema ambizione che covava dentro di sé, anche se talvolta aveva la tendenza a compiacere con troppa facilità il suo interlocutore, il che gli conferiva in alcuni momenti qualcosa di camaleontico.
Nel 1955, l’anno in cui Kasavubu diventò presidente dell’Abako, Lumumba orientò l’Association des Évolués de Stanleyville in una direzione più politica. In tal modo diventò il congolese più influente della città. Durante la visita di re Baldovino riuscì, al ricevimento nel giardino del governatore della provincia, a parlare per almeno dieci minuti con il sovrano. Ai margini del fiume, in mezzo alle bougainvillea, espose al giovane re, suo coetaneo, alcuni problemi della popolazione indigena. Baldovino ascoltò con attenzione e fece delle domande. Nacque una conversazione vera e propria, la cui eco si propagò come un fulmine per le strade di Stanleyville. Niente avrebbe potuto più intaccare lo status di Lumumba. [...]

Torna alla scheda libro

Congo di David van Reybrouck

Si parte dal gigantesco estuario del fiume Congo, come i colonizzatori, i missionari, i bianchi hanno sempre fatto. Un getto possente di detriti, terra, alberi che trasforma l’oceano in un brodo torbido per centinaia di chilometri: “Le immagini del satellite lo mostrano chiarame…