Marco D'Eramo: Il dimenticato re dei diamanti

02 Aprile 2002
«A migliaia fuggono la vendetta di Mugabe», titola l'ultimo Observer. A scanso di equivoci, il sottotitolo chiarisce: in Zimbabwe «terrore e tortura seguono la condanna del voto». Il 78-enne Robert Mugabe ha infatti proclamato la propria vittoria nelle elezioni del 9 e 10 marzo, nonostante brogli e irregolarità registrati dagli osservatori internazionali. Perciò Mugabe è stato sospeso per un anno dal Commonwealth e subirà le sanzioni dell'Unione europea. Non ci sono dubbi sui brogli, sulle irregolarità, sui giornali chiusi dell'opposizione - il Movement for Democratic Change (Mdc) - sulle minacce al suo leader Morgan Tsvangirai (accusato anche di tradimento negli ultimi giorni della campagna), sui militanti arrestati e i comizi cancellati o bloccati dalla polizia. Ma anche l'immagine fornita dai media occidentali è settaria e ricorda le peggiori pratiche del colonialismo. La stampa omette d'informare i suoi lettori che il Mdc è largamente foraggiato dai bianchi sia zimbabwani, sia stranieri, e che Tsvangirai è davvero l'uomo degli Stati uniti e della Gran Bretagna.
La «povera tribù bianca» sarebbe stata perseguitata, molestata, derubata, nonostante «tutto il bene che ha fatto per l'economia dello Zimbabwe», soprattutto da quando due anni fa Mugabe ha lanciato una campagna di requisizione delle 4.000 fattorie bianche. Era una ritorsione dopo gli spettacolari progressi dell'opposizione del Mdc che nel 2000 aveva conquistato un terzo dei seggi. A quel momento, su una popolazione di 12 milioni di abitanti, i bianchi controllavano ancora la metà di tutta la terra fertile dello Zimbabwe, oltre a possederne tutte le banche, industrie e miniere. E questo 20 anni dopo che nel 1980 i bianchi di Jan Smith avevano perso le elezioni, avevano dovuto cedere il potere allo Zanu-Pf di Mugabe (anche se comunque lo preferivano allo Zapu di N'Komo, molto più antiamericano), e avevano dovuto accettare che la Rhodesia fosse ribattezzata Zimbabwe. Non è quindi fuori luogo ricordare che oggi, 26 marzo, cade il centenario della morte di Cecil Rhodes, «costruttore di imperi». Nel suo Tramonto dell'Occidente (1918), che sarebbe diventato il testo di riferimento dell'estrema destra europea e del nazismo, Oswald Spengler scrisse di lui: «Il primo precursore di un Cesare occidentale - nel nostro mondo germanico torneranno gli spiriti di Alarico e Teodorico - trova un primo abbozzo in Cecil Rhodes». Quinto figlio di un parroco anglicano, Rhodes nacque nel 1853 a Stortford, in piena campagna. Mentre i suoi fratelli frequentarono colleges di prestigio, Cecil non poté seguirli per la salute già allora cagionevole; a 18 anni i genitori lo mandarono nell'attuale Natal sperando che il clima gli fosse più salutare. Cecil e suo fratello furono presi dalla febbre dei diamanti che allora bruciava tra i cercatori bianchi, e si recarono a Kimberley. Tra qui e gli studi in patria, Cecil divise la sua vita fino ad ottenere nel 1881 un tardivo titolo di studio a Oxford. E i diamanti costituirono il grimaldello che gli avrebbe aperto la porta della ricchezza e del potere. Tra il 1881 e il 1889 comprò l'una dopo l'altra tutte le miniere di diamanti, unificandole infine nel nome di De Beers Consolidated Mines, Ltd, la gigantesca corporation che già nel 1891 controllava il 90% dei diamanti mondiali e che oggi esercita il monopolio mondiale su questa forma di carbone puro allo stato cristallino. La De Beers è probabilmente il lascito più duraturo di Cecil Rhodes all'impero (e dell'imperialismo) britannico.
Per raggiungere questo risultato, ogni mezzo fu buono: «Rhodes si fece largo verso la ricchezza in una cultura dell'illegalità della frontiera, e quindi usò questa fortuna per finanziare un'invasione privata dell'Africa orientale. Comprò giornali per manipolare e controllare l'opinione pubblica. Concluse accordi clandestini, pagò tangenti e usò bande di mercenari per schiantare gli avversari, impadronendosi di quasi 2,5 milioni di kmq» ha scritto Mattew Sweet sull'Observer.
Certo che nulla sembrava avviare a un destino «imperiale» questo ragazzo cagionevole dalla risata chioccia, in falsetto, dagli abiti stravaganti, come scrive Andrew Winlerd. Ma mentre accumulava ricchezza, Rhodes era attivissimo in politica: per lui il denaro servì sempre e solo a finanziare i suoi sogni espansionistici. Deputato di Città del Capo fin dal 1881, mentre consolidava la De Beers, Rhodes perseguiva la propria espansione al nord del fiume Limpopo, in quello che oggi è lo Zimbabwe. Nel 1888 Rhodes incontrò il capo del popolo Ndebele, Lobengula, figlio di Mzilikazi. Nei negoziati con Lobengula, tipico esempio della sua spregiudicatezza, Rhodes usò un traduttore che alterava le sue condizioni per renderle accettabili, e riuscì a strappare quella che divenne nota come la Rudd Concession che permetteva agli inglesi di colonizzare le terre e di sfruttare le miniere tra il Limpopo e lo Zambesi. Con quest'accordo veniva vietata ogni attività boera (degli Afrikaners che migravano a nord dal Sudafrica). In cambio gli inglesi pagarono a Lobengula 100 sterline al mese, 1.000 fucili, 10.000 pallottole e un vapore fluviale. Nel 1989 Rhodes formò la British South Africa Company (Bsac), sul modello della Compagnia delle Indie orientali. Nel 1890 Rhodes ed la sua Bsac avanzarono ancora più a nord decretando le proprie leggi e installando un proprio governo. La «Colonna dei Pionieri», un esercito di circa 500 uomini guidato da Rhodes, avanzò a nord nel Mashonaland, conquistando Fort Victoria (oggi Masvingo), fondando Fort Salisbury (oggi Harare), e ponendo le basi per ulteriori avanzate.
Gli anni tra il 1890, quando divenne primo ministro di Città del Capo, e il 1896, videro l'apogeo della ricchezza e della potenza di Rhodes, che estese le proprie attività al Transvaal, dove si trovano le più ricche miniere d'oro del mondo. Nel 1893, in ritorsione per una razzia minore contro coloni inglesi, Rhodes attaccò Lobengula. Nonostante la superiorità numerica, i 18.000 guerrieri Ndebele furono battuti dalle armi moderne dei 1.100 soldati britannici. Lobengula fuggì con tutta la sua tribù, bruciando Old Bulawayo dietro di sé. Ma poco dopo morì di vaiolo e gli Ndebele furono soggiogati dall'impero inglese. Già nel 1895, dopo che i coloni bianchi si erano appropriati di tutte le terre dell'altopiano, questa regione divenne nota come Rhodesia: North Rhodesia a settentrione dello Zambesi (attuale Zambia), South Rhodesia a meridione, l'attuale Zimbabwe.
Ma dovevano restare inattuati i due grandi sogni imperiali di Rhodes. Oggi restano in funzione solo le prime tranches della ferrovia transafricana che avrebbe congiunto l'australe Città del Capo con il Cairo, e che avrebbe così connesso i vari spezzoni di colonie inglesi. L'unificazione dell'Africa australe sotto il domino britannico rimase anch'essa un sogno, sia per la guerra boera (1899-1902), sia per la conquista del Congo da parte di Leopoldo II re del Belgio, sia per gli accordi angloportoghesi sugli attuali Mozambico e Angola.
Gli ultimi anni della vita di Rhodes furono funestati da processi, malattie e dalla relazione con un'avventuriera, la principessa Radziwill, che cercò di manipolare non solo lui, ma anche il primo ministro inglese di allora, Lord Salisbury. Era di fronte a lei disarmato un Rhodes che per tutta la vita si era circondato di amici maschi e di giovani segretari e che - per difendersi dalle accuse di misoginia - aveva dovuto scrivere alla regina Vittoria: «Come posso odiare un genere che ha l'onore di annoverare Sua Maestà fra i suoi membri?». La principessa Radziwill falsificò sue lettere e fatture, e fu infine imprigionata, ma non prima di avergli causato un mare di guai. Rhodes morì di un attacco cardiaco a soli 49 anni prima di aver potuto vedere la fine del processo Radzwill e la fine della guerra sudafricana.
Rhodes aveva espresso il desiderio di essere sepolto in cima a una montagna vicino alla sua tenuta (oggi è il Matopos National Park dello Zimbabbwe), che però era un luogo sacro degli Ndebele, che lo chiamano Malindidzimu, «Ristoro degli spiriti benevolenti». Rhodes volle che il suo monumento funebre fosse chiamato «Vista del mondo» per l'incredibile panorama delle roccie Matopo, dei massi e della boscaglia che si stende a perdita d'occhio. I Ndebele posero la condizione che al suo funerale non fossero sparate salve di fucile, per non disturbare gli spiriti benevolenti che riposano a Malindzimu, e invece lo onorarono con Hayate, un tributo silenzioso mai reso a nessun altro europeo.
Per capire l'«imperialismo mistico» di Rhodes, basta leggere le conferenze che si tenevano a Oxford quando lui vi studiava: «Noi (inglesi) apparteniamo a una razza che non è ancora degenerata, una razza fusa col migliore sangue nordico ... Gioventù d'Inghilterra vorrai rendere di nuovo la tua terra una Casa reale di re?... Ecco ciò che l'Inghilterra deve fare, oppure perire: deve fondare, quanto più rapidamente può, colonie formate dai suoi uomini più energici e di valore; impadronirsi di ogni pezzo di sprecata terra fertile su cui può mettere i piedi, e qui insegnare ai suoi colonizzati che la loro virtù principale è la fedeltà alla loro terra e che il loro primo scopo è di accrescere la potenza dell'Inghilterra per terra e per mare». Quello che Rhodes perseguiva è stato definito un Lebensraum mercantilistico per l'Inghilterra. Sognava perfino di restituire alla corona britannica i territori del Nord America.
Rhodes pensava che la sua gloria sarebbe durata almeno 4.000 anni. Ma nel giorno del suo centenario quasi nulla resiste di quanto ha fatto nel campo politico (la De Beers è un'altra storia). I domini inglesi in Africa australe sono indipendenti e i coloni britannici sono da tempo sulla via del ritorno. La sua figura in patria è circondata da un silenzio imbarazzato. L'unico suo lascito è quello delle borse di studio Rhodes, in cui confluì quasi tutta la sua fortuna, e che finanziano studenti all'università di Oxford. Queste borse erano destinate a uomini aitanti per «sport all'aperto», che dimostrassero «qualità di umanità, verità, coraggio, devozione al dovere, simpatia per i deboli, socievolezza e mancanza di egoismo». Qualità evidentemente trovate in Bill Clinton, futuro presidente degli Usa, in Stanley Turner, che sarebbe diventato direttore della Cia, e in Bernard Rogers futuro comandante supremo della Nato: tutti hanno studiato a Oxford grazie alle borse Rhodes. Il testamento di Rhodes proibiva ogni discriminizione razziale, così molti studenti neri hanno beneficiato in questo secolo delle sue borse di studio «anche se -scrive Winlerd - è dubbio che questa fosse la reale intenzione di Rhodes che una volta aveva definito la sua politica come 'uguali diritti per ogni uomo bianco a sud dello Zambesi' e che più tardi, sotto pressione dei liberali, corresse `bianco' con `civilizzato'».

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …