Marco D'Eramo: La seppiocrazia delle Falkland

09 Aprile 2002
Anche per proprio igiene mentale, è necessario ogni tanto distogliere lo sguardo e la mente dagli orrori e dalle crudeltà senza fine che la guerra in Palestina regala al mondo. La struttura dell'informazione ricalca infatti gli schemi mentali della paranoia - per lo meno temporanea: per due mesi si parla solo di Afghanistan, tutti conoscono a menadito Peshawar, Kandahar, il Kyber pass, e possono disquisire sulle etnie pastun. Per i due mesi successivi si parla solo di Ramallah, Betlemme, Nablus. Cognomi da sempre ignorati diventano familiari a tutti, per ricadere subito nell'oblio. Notorietà conquistate col sangue ma che solo di rado durano di più di quelle acquisite con la cronaca nera (Erika e Omar, Samuele, Alfredino, ... quell'intimità mediatica per cui basta il nome e non serve il cognome). Così, non solo perché stiamo assistendo a una guerra, ed è appena caduto il ventennale di un'altra guerra, ma anche perché pure allora fummo sopraffatti dalla stessa paranoia mediatica, viene da pensare al conflitto delle Malvine/Falkland, al patema con cui ogni giorno seguivamo il lento avanzare della poderosa armada britannica nell'Atlantico meridionale, le battaglie navali, la sconfitta di schianto delle truppe argentine. Allora nessuno ignorava che la capitale di quest'arcipelago australe si chiamava Stanley, e insenature remote come la Goose Bay facevano parte del lessico colloquiale. Ma, finita la guerra, rivoltasi la paranoia mediatica ad altri luoghi della terra, le Falkland/Malvine sono scomparse dalla nostra geografia mentale e i suoi 2.000 abitanti cancellati dalla stirpe umana. Neanche le commemorazioni del ventennale nelle settimane scorse hanno prestato la minima attenzione agli isolani aggrappati su queste terre scogliose, senza alberi, battute dai venti e dall'oceano in tempesta: quanto di più inappetibile si possa immaginare, su cui prosperano solo i pinguini (sulla sua inospitalità, la dice lunga che vivano solo 2.800 persone su una terra più grande dell'Abruzzo). Eppure, dopo la riconquista inglese, la loro sorte è mutata dalla notte al giorno, e il loro destino costituisce un esempio istruttivo di quella che Kant chiamava l'eterogenesi dei fini, o che Hegel definiva le "astuzie della storia", ma che - più modestamente - sono le inevitabili "conseguenze involontarie e inattese" dei progetti umani. Per quasi duecento anni, le Falkland erano state quello che appunto sembrano: una sonnacchiosa colonia adibita all'allevamento di pecore da lana, dimenticata dalla sua potenza coloniale, con un duro statuto coloniale nonostante i suoi abitanti fossero di origine britannica e si sentissero inglesi: essi non avevano passaporto, non potevano votare alle elezioni, non potevano eleggere il proprio governo locale, ma venivano governati da funzionari paracadutati da Londra, educati da maestri inviati dalla "madrepatria", non potevano essere proprietari delle terre che coltivavano o su cui allevavano: la terra era divisa in grandi latifondi i cui proprietari risiedevano in Inghilterra, e il massimo che potevano sperare i contadini era di diventarne i fattori.
Di fatto, sempre di più le Falkland si volgevano verso il paese più vicino, l'Argentina, da cui dipendevano per l'importazione del carburante e dei generi di prima necessità: andavano a Buenos Aires per una botta di vita, si curavano in Argentina e -in un'epoca in cui la tv satellitare non si era ancora diffusa -guardavano la tv argentina. Le Falkland si stavano così lentamente ri-malvinizzando. Se i generali Jorge Videla e Leopoldo Galtieri non le avessero invase, in pochi anni sarebbero state assimilate economicamente e culturalmente dall'Argentina. Ma la giunta militare stava perdendo consenso e -come spesso accade alle dittature -intraprese l'avventura delle Malvinas per risollevare il proprio prestigio e riacquistare popolarità, lanciandosi alla conquista di quattro scogli e tanti pinguini. Per gli stessi quattro scogli e pinguini, Margaret Thatcher inviò una flotta d'altri tempi che le permise di rivincere le elezioni in patria.
Ma da quel conflitto pretestuoso è nata una rivoluzione che ha cambiato la vita dei falklandesi: la povertà si è risolta in ricchezza, la tutela in autogoverno, e un nuovo, strano regime socioeconomico si è instaurato: la "seppiocrazia", come l'ha felicemente battezzata l'Observer. Innanzitutto, sull'isola è rimasto un contingente di 2.000 soldati britannici nella base di Mount Pleasant, e una piccola flotta continua stazionare a nella rada. Per mantenere la guarnigione Londra spende 120 milioni di euro l'anno e già questa è una bella iniezione di liquidità per l'isola.
C'è di più. Per giustificare a posteriori la guerra appena combattuta, Londra ha dovuto attuare quella britannicità delle Falkland di cui fino all'invasione argentina si era infischiata, ma che aveva invocato per giustificarne la sovranità. Così dopo il 1982 è stata varata una vera riforma agraria e oggi i falklandesi possono essere proprietari delle terre. Sono cittadini britannici a pieno titolo e usufruiscono del sistema sanitario inglese: per i casi più gravi, vengono trasportati ricoverati gratis in Inghilterra. Ma, soprattutto, proprio per la presenza della flotta inglese, hanno potuto sfruttare quella risorsa che, sempre secondo l'Observer, "è per le Falkland quello che per il Kuwait è il petrolio", cioè il calamaro e la seppia. Le profondità oceaniche ospitano infatti i calamari più gustosi della terra (di due qualità: una più grande, l'illex, e una più piccola, il loligo). Vengono pescati di notte, attirati fuori dagli abissi da fari così potenti che sulle foto satellitari sono luminosi quanto le città di Rio e di Buenos Aires.
I calamari c'erano anche prima, si dirà, quindi perché mai non li hanno pescati prima? Perché prima non c'erano navi inglesi che difendessero le acque territoriali delle Falkland dalle intrusioni dei pescherecci giapponesi e di Taiwan. Si verifica qui ancora una volta la verità di quel che già nel 1614 aveva scritto ai reggenti (Heeren) il rude e spregiudicato agente della Compagnia delle Indie Olandesi, Jan Pietertszoon Coen: "Le Vostre Eccellenze dovrebbero sapere per esperienza che il commercio in Asia ha da essere attivato e mantenuto sotto la protezione e il favore delle armi delle Vostre Eccellenze, e che dette armi devono essere pagate con i profitti del commercio, laonde per cui non si può far commercio senza guerra né guerra senza commercio". Questo per rimettere al suo posto la pretesa dei liberisti di ogni stampo e di ogni epoca che il commercio è apportatore di pace tra i popoli.
Perciò solo all'ombra delle cannoniere di Sua Maestà è potuta fiorire la seppiocrazia delle Falkland. Oggi, calamari e simili possono essere pescati solo previo pagamento di una licenza rilasciata dal direttore delle pescherie: l'hanno scorso sono stati pagati 26 milioni di sterline (42 milioni di euro, 15.000 euro per abitante delle Falkland) per avere il diritto di pescare la straordinaria quantità di 264.928 tonnellate di calamari. La stragrande maggioranza di questa montagna di molluschi viene esportata nel Mediterraneo, nei ristoranti marini di Spagna, Italia, Francia e Grecia.
In un certo senso, il benessere dei falklandesi viene alimentato dalla passione che gli spagnoli hanno per i calamari. È stata creata una dozzina di joint ventures con imprese ittiche straniere, che generano introiti per altri 32 milioni di euro. "Fortuna" si chiama la compagnia del più grande seppiocrate di Stanley, Stuart Wallace, che possiede una flotta di cinque navi da pesca (di cui una lunga più di cento metri), impiega 170 persone a l'anno scorso ha tratto dal mare 20.000 tonnellate di calamari. Così l'arcipelago è in pieno boom economico: l'anno scorso sono state fondate 145 start-ups. La disoccupazione è nulla; la popolazione è in crescita, il massimo storico, dopo il declino che dagli anni '30 era durato fino alla guerra e l'aveva portata a 1.800 persone. Le Falkland non hanno un debito estero, ma il governo locale ha accumulato un fondo di 140 milioni di euro per le pensioni dei suoi cittadini. Ogni abitante riceve 1,6 euro al giorno come fondo vacanze e ogni studente universitario che va a studiare in Inghilterra riceve 2 viaggi andata e ritorno pagati all'anno e 14.000 euro per pagare tasse universitarie cibo e alloggio. Sono stati costruiti due ospedali nuovi.
Unico punto dolente è proprio il settore un tempo trainante dell'economia: l'allevamento ovino che è in crisi nera. I prezzi della lana sono crollati da 4,8 a 1,6 euro al chilo. Nelle Falkland occidentali, Port Howard sta morendo: una volta vi si allevavano 40.000 pecore e vi abitavano 100 persone, con una scuola affollata da 20 bambini. Oggi gli abitanti sono solo 21 e la scuola ha solo un allievo. Ma in tutte le altre isole dell'arcipelago regna l'euforia. I più visionari sognano un futuro in cui le Falkland avranno 10-20.000 abitanti e saranno "un'Islanda australe", agiata e ad alto livello d'istruzione. E si sente spesso ripetere che i falklandesi dovrebbero costruire una stele con su scritto "Grazie Galtieri". Guardando al continente dirimpetto alle isole, e vedendo la disperata situazione economica che regna in Argentina, si capisce il sollievo di questi pochi fortunati (davvero happy few) nell'averla scampata bella.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …