Marco D'Eramo: Cappa e toga per le spie

17 Settembre 2002
Nell'anno trascorso dall'11 settembre, la Cia ha ricevuto 120.000 domande di assunzione, il doppio dell'anno prima. Dipende da almeno due ragioni. La prima è che all'improvviso gli impieghi pubblici sono diventati più appetibili per i giovani americani. Sul breve periodo ha contato l'ondata di patriottismo, di rendersi utile al paese. Sul medio termine ha contato certo la crisi economica (le imprese private assumono meno), ma hanno pesato soprattutto gli scandali finanziari delle corporations (Enron, WorldCom, Qwest, Global Crossing, Aol Time Warner, Lucent Technologies, Kmart, Xerox... e la lista è ancora lunga) che hanno offuscato il blasone della finanza e rinverdito quello dei ministeri e delle agenzie pubbliche. Fino all'11 settembre infatti, una tendenza ventennale, risalente almeno a Ronald Reagan, aveva provocato la fuga dei cervelli dal settore statale (che comprende i dipartimenti federali e quelli dei singoli stati). Come da noi in Italia il mestiere d'insegnante ha perso molto del suo lustro sia in stato sociale che in livello retributivo, così, ma in modo più radicale, è avvenuto negli Stati uniti dove i giovani più brillanti si precipitavano nelle starts-up tecnologiche o nei servizi finanziari, in cui si poteva diventare multimilionari (in dollari) a 25 anni. I posti socialmente utili andavano deserti o venivano ricoperti da personale di seconda scelta. Così, paradossi della storia il presidente più liberista, più affossatore dello stato, si è messo a dilatare i pubblici impieghi, quelli militari in primo luogo, ma anche i posti diplomatici, del servizio immigrazione, in tutti i numerosissimi comparti che l'11 settembre ha dimostrato vulnerabili, carenti e sotto dimensionati.
Tra questi naturalmente la Cia e l'Fbi che hanno fallito miseramente la loro missione e che non solo non sono state punite, ristrutturate, epurate al vertice, ma che anzi, vedono i loro direttori George J. Tenet e Muller, saldamente in sella e anzi, hanno ricevuto in premio un aumento dei fondi. Più sei inetto, più soldi ti do. Più fallimenti registri, più fondi ti concedo: infatti i due maggiori eventi degli ultimi 20 anni, il crollo dell'Unione sovietica e l'attacco dell'11 settembre hanno colto assolutamente impreparati i servizi segreti americani. Così, quest'anno le 13 diverse agenzie hanno visto aumentare del 9% i propri fondi. Le cifre esatte non sono conosciute perché coperte dal segreto di stato, ma l'aumento andrà ad aggiungersi a un bilancio di circa 30 miliardi di dollari (30 miliardi di euro circa): quindi circa 3 miliardi in più, ripartiti non si sa in quale modo tra i vari National Reconnaissance Office del Pentgono, Central Intelligence Agency (Cia), National Security Agency (Nsa), Federal Bureau of Investigation (Fbi). Per quanto sia l'agenzia più famosa, la Cia non è quella che riceve più soldi: i suoi stanziamenti ufficiali si aggirano sui 3 milioni di dollari, un decimo del totale, ma per la sola operazione Bin Laden ha ricevuto un miliardo di dollari in più, un aumento secco del 30% del proprio bilancio.
Così, grazie ai nuovi fondi e al clima di emergenza nazionale, dall'attacco alle Twin Towers, la Cia ha cominciato ad assumere a un ritmo forsennato, anche perché si è scoperta carente di personale adeguato, innanzitutto dal punto di vista linguistico. Mancano persone che possano infiltrarsi e che parlino un arabo fluente. È un problema generale degli Stati uniti e della loro particolare, un po' perversa, relazione col mondo: lo incontrano, spesso lo governano, ma non lo conoscono. Basti pensare che quando nell'ottobre 1994 gli Usa riportarono al potere ad Haiti Jean-Betrand Aristide, la Cia si accorse di avere una sola persona in grado di parlare haitiano, malgrado negli Stati uniti ci siano centinaia di migliaia di immigrati haitiani. E poi, vista la montagna di affari che gli Usa fanno con Emirati, sauditi, kuwaitiani, dovrebbero esserci migliaia di persone che parlano arabo. Ma no, perché fin dall'inizio gli imprenditori che atterravano a Dubai o a Ryad imponevano che le trattative avvenissero solo in inglese.
Così all'indomani dell'attacco di Al-Qaida la penuria di arabofoni è diventata dolorosa, e questo nonostante le migliaia di studenti arabi che frequentano le università Usa. A novembre dell'anno scorso, l'associazione nazionale traduttori Usa, che raccoglieva 8.300 membri (di cui 7,800 individuali e 500 organizzazioni) contava in tutto solo 120 traduttori dall'arabo, e - per gli idiomi indispensabili per infiltrare le guerriglie afghane - 21 traduttori dal farsi, 6 dal dari, sei dall'azeri, e una in tutto dal pastun, in tutta l'America.
La Cia recluta soprattutto all'interno del mondo accademico. Il portavoce dell'Agenzia, Tom Crispell, ha dichiarato al Christian Science Monitor che l'agenzia sta ora reclutando in 66 università e ha anche iniziato un reclutamento via Internet (per chi fosse interessato, il sito www.cia.gov offre "una visita virtuale della Cia" le prospettive di lavoro, con dettagliate le ferie, le assenze malattia permesse). Vi è anche un sito specifico per i campus.
Paradossalmente gli sforzi di assunzione della Cia sono frustrati dai nuovi, più rigidi criteri nell'accettare l'iscrizione di studenti stranieri. Nell'anno accademico 2000-2001 studiavano nelle università Usa 547.864 studenti stranieri che contribuivano con 11 miliardi di dollari all'economia americana. Non solo, ma questi studenti costituiscono una serbatoio enorme perché i servizi segreti possano attingervi: Coloro che restano negli Usa possono diventare esperti, traduttori, specialisti di un'area. Coloro che tornano a casa invece diventano il nerbo della classe dirigente di quel paese e possono costituire contatti utilissimi, stabilire reti di relazioni, entrature, quando proprio non sono agenti. Ma quest'anno molti studenti di aree calde (proprio quelli di cui la Cia avrebbe più bisogno) hanno visto respinta la loro richiesta di visto e altri hanno deciso di andare a studiare altrove, vista l'ostilità americana nei loro confronti. Nel 2000-2001 erano state respinte 108.000 domande di visto; quest'anno ne sono state respinte 111.000 (3.000 in più); ma, soprattutto nell'anno prima erano stati dati 285.000 visti per studio; quest'anno solo 224.000, ovvero 61.000 in meno.
I contatti tra Cia e mondo accademico non sono nuovi e anzi hanno costituito l'argomento di almeno uno scaffale di volumi su quella che è stata chiamata la Cloak and Gown Connection, la filiera "cappa e toga": la cappa delle spie e la toga degli universitari. Questa collaborazione risale per lo meno all'inizio della guerra fredda, quando per esempio il Centro di ricerche russe dell'università di Harvard, fondato nel 1947, fu modellato sulla divisione sovietica dell'Oss (l'Office of Strategic Services fu il predecessore della Cia). Uno dei primi istituti di politica estera, il Center for International Studies (Cenis) del Massachusetts Institute of Technology (Mit), venne fuori da una iniziativa di guerra psicologica del dipartimento di stato, il Project Troy, e fu finanziato in modo segreto dalla Cia nei primi anni `50. Molte altre istituzioni accademiche furono finanziate direttamente, indirettamente, spesso in segreto. Tra di esse l'Institute for International Social Research di Princeton e il Bureau of Applied Social Research della Columbia.
Un lungo articolo della rivista Lingua Franca del novembre 2000 (pp. 35-43), ha rivelato che i servizi segreti e il Pentagono furono le maggiori fonti di finanziamento (spesso attraverso le grandi fondazioni come Carnegie, Ford, Rockfeller) della ricerca in scienze sociali. Non per nulla, come dice Frances Fox Piven, "un convegno di scienze politiche assomiglia a una riunione dell'Fbi". Hanno ammesso di aver lavorato per la Cia personaggi come H. Bradford Westerfield di Yale, Robert Jervis della Columbia University, già presidente dell'American Political Science Association, e il decano di Harvard, Joseph S. Nye. Mentre dalle stesse ricerche emerge che William F. Buckley e Henry Kissinger spiavano i loro colleghi per conto dell'Fbi quando uno insegnava a Yale e l'altro ad Harvard.
Questa compenetrazione di cappa e toga fu messa in crisi della contestazione degli anni `60 che ebbe il suo epicentro proprio nei campus universitari, a partire da Berkeley nel 1962. Nel 1967 la rivista studentesca Rampart rivelò un progetto da 25 milioni di dollari della Cia nell'Università del Michigan per infiltrare l'Associazione degli studenti americani (già ampiamente infiltrata) per addestrare agenti da mandare in Vietnam. Lo scandalo fu nazionale. Ci fu un'apposita commissione parlamentare. E a poco a poco le università adottarono una politica di netta separazione tra ricerca scientifica e intelligence segreta. Ma già prima dell'11 settembre, per lo meno a partire dal 1995, la Cia aveva ripreso a reclutare nelle università. I professori coinvolti negano che la loro collaborazione con l'Agenzia abbia influenzato i loro lavori. Ma scriveva sul Los Angeles Times il professore Donald Gibbs: "Si considerino le operazioni coperte intraprese dalla Cia, che culminarono negli episodi più controversi della guerra fredda, tra cui l'appoggio Usa al rovesciamento dei governi di Iran nel 1953, Guatemala nel 1954, Zaire nel 1961, Indonesia nel 1965 e Cile nel 1973. Queste operazioni sono state ampiamente documentate in udienze senatoriali e altre fonti affidabili. Ma io ho passato in rivista tutti gli articoli pubblicati negli ultimi dieci anni nelle cinque più prestigiose riviste del settore. Tranne qualche raro paragrafo, e forse una frase o due, non contengono nessuna menzione delle operazioni coperte della Cia. Sono state cancellate dalla storia".
Col nuovo clima patriottico che si respira dopo l'11 settembre (anche se con molta meno intensità di un anno fa), la filiera della cappa e toga ha bei giorni davanti a sé. Proprio la settimana scorsa, la facoltà di legge di Harvard ha riammesso i reclutatori militari nel proprio campus da cui erano banditi almeno dal 1979. Certo, lo ha fatto anche perché il Pentagono aveva minacciato di far perdere ad Harvard i 328 miliardi di dollari che riceve in finanziamento federale. Ma è comunque significativo del clima.
Resta però da vedere quanto sia efficace questa corsa forsennata alle assunzioni e il nuovo intreccio con il mondo accademico. A giudicare dalle passate esperienze e dai passati fallimenti, non si direbbe molto. "La mia impressione è che stiano strafacendo", ha detto un funzionario in pensione del contro terrorismo. "Ci vogliono anni per tirare su un agente. Devi impostarlo in un modo sofisticato - conoscenza delle lingue, familiarità con l'estero, esperienze regionali..."

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …