Michele Serra: Uomini senza parole

15 Ottobre 2002
Nella nerissima scena del delitto di Leno irrompe un adulto, un maschio di trentacinque anni, sposato, un figlio. E noi adulti che facciamo e leggiamo i giornali quasi speriamo che la sua presenza ci aiuti a capire meglio, a strutturare il male secondo le nostre cognizioni: è un nostro simile, forse le sue parole e i suoi atti, per quanto terribili, ci suoneranno meno alieni e misteriosi di quelli della tribù dei ragazzini. Anche i magistrati, finora alle prese con l´intraducibile afasia del branco, magari si saranno illusi di avere trovato, insieme a un correo, anche un interprete.
Ma no, così pare non essere. L´uomo grande viveva e parlava come gli uomini piccoli, lungo la stessa strada, tirando la stessa vita cincischiata, condividendo gli stessi desideri rudimentali. L´assenza di racconto è simile, i messaggini che l´adulto infliggeva alla ragazza compitavano gli impulsi sessuali con la stessa miserabile pochezza ("bona! belle tette! ti scopo!"), e ciò che trapela dagli interrogatori (dei piccoli, del grande) lascia intendere che i silenzi, le omissioni, tutto il non detto, non discendono tanto dall´antica paura di parlare di ogni interrogato, quanto da un inedito e inquietante handicap logico, e linguistico, che rende la verbalizzazione un problema insormontabile.
(Anche l´altra sera, seguendo in tv il precarissimo racconto di due o tre giovani dipendenti della ditta-setta Tucker, quella dei tubi-truffa, mi rendevo conto che non riuscivano, proprio non riuscivano a raccontare quello che era successo. E avevo appena letto l´articolo di Marco Lodoli, su queste colonne, a proposito del buco psichico e culturale che sta lentamente inghiottendo, in molti dei più giovani, il logos: cioè il racconto di loro stessi).
In particolare nelle vicende sessuali, questa morte della parola pesa, e pesa enormemente. La smania manesca e predatoria dei maschi è sempre esistita, ma se uno straccio di discorso amoroso non ne indirizza almeno in parte l´empito, non ne civilizza gli scopi, tutto non può che peggiorare. La parola è ciò che trasforma il sesso in rapporto, che lo promuove a scambio di emozioni, perfino quando voglia essere puro scambio di piacere. Nella vicenda di Leno, l´eros è presente con qualche decenza solo nel diario ingenuo ma pensieroso della vittima innocente, altrove è appena una serie di graffiti, di battutacce, di manate, infine di violenza e di coltellate. E´ un eros inarticolato, grugnito in gruppo, impossibile da raccontare, dopo, perché non era stato mai raccontato prima da protagonisti senza domande e senza risposte, rassegnati (o educati) a vivere di pulsioni e di voglie impossibili da dipanare.
Le parole srotolano, lentamente, quel gomitolo che siamo, sciolgono i grumi foschi della nostra psiche. Sempre più spesso psichiatri e criminologhi hanno di fronte una così povera materia verbale, da avere difficoltà a risolvere il loro fatidico rebus giudiziario: è capace d´intendere e di volere? È un povero demente o un lucido criminale? Difficile, nella pur turbolenta normalità del branco di Leno, intuire quando si è spalancata la soglia che porta dal desiderio sessuale al sequestro famelico di una ragazzina inerme, e al suo successivo martirio. Difficile perché, guardando a ritroso, seguendo le tracce del branco, si trovano quasi solo graffiti e grugniti, "bona", "belle tette", e nessuno snodo, nessun capitolo che illumini la trama. Un paese benestante come tanti, laborioso come tanti, ignorante come tanti, muto come tanti, capace di intendere e di volere giusto nel campo faticoso e risicato del decoro formale, le solite villette, le solite aiuole, i soliti motorini. Scenario già inteso, e amaramente descritto, almeno da Pietro Maso in poi. Paesi azzittiti, comunità che hanno perduto il bandolo del loro discorso.
E quando cercano di ritrovarlo, non si sa se sia lo sgomento per il sangue o la desuetudine alla parola a impedire che il racconto riparta, finalmente, e provi a ridare significato al dolore, all´amore e alla morte.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …