Marco D'Eramo: Bush ce le suona, parola di lobbista

29 Ottobre 2002
"Quando arrivi sabato, dimmi dove e quando ti posso venire a prendere, così ti porto a un brunch texano; conoscerai un sacco di gente", mi aveva detto Bill Miller della Hillco Partners, una ditta di consulenza politica, anzi, più precisamente di lobbying. Il suo contatto me lo aveva dato un notista politico di Houston, Tim Fleck. L'appuntamento è davanti a un albergo di downtown Austin, vicino al Campidoglio (Austin è la capitale del Texas, e negli Stati uniti ogni capitale dei 50 stati esibisce, possibilmente su una collina, un Campidoglio che riproduce in miniatura quello di Washington). Così a mezzogiorno, dopo 400 km di guida sotto la pioggia da Laredo, vedo un uomo molto alto, sulla cinquantina, in buona forma fisica, un po' stempiato, uscire da uno dei pachidermici macchinoni 4x4 che sembrano di rigore in Texas. È la prima volta in vita mia che vedo un lobbysta in carne e ossa. Bill Miller è un uomo visibilmente contento di sé, della propria vita (ha tre figli non grandi), del proprio lavoro, del proprio successo.
Usciamo dal centro e, dopo un po' di autostrade, arriviamo a Zilker Park. Come esempio del lobbysmo, Miller mi racconta: "Ora rappresento una grande catena di ristoranti che ha in concessione vari aeroporti. C'è un problema di assicurazione. Bisogna fare in modo che i parlamentari dello stato approvino misure a noi favorevoli". Viaggia molto, a volte fino a Washington, ma più spesso tra Dallas a Houston.
Parcheggiamo lontano, i posti vicini al brunch sono già occupati (rito del week-end, brunch unisce breakfast e lunch, colazione e pranzo). Piove a dirotto mentre, tra gli alberi sull'erba fradicia, corriamo verso i tendoni bianchi sotto cui si assiepa una folla dove brillano per la loro totale assenza i latinos (che pure sono il 32% della popolazione texana). Bill Miller mantiene la promessa: a fare la fila per il buffet, si allineano disciplinati molti esponenti della Austin mediatica che conta. Che mi trovo tra privilegiati lo si vede anche dal fatto che non c'è nessun grassone: molti sono snelli da jogging e tutti sono in limiti di peso ragionevoli. Il brunch è organizzato da Evan Smith, direttore del Texas Monthly, il più autorevole mensile dello stato. Sulla quarantina, occhiali, parlantina veloce, Smith esibisce il proprio saperla lunga. Un mago allieta i bambini che attingono acqua insaponata da un secchio per scuotere immense bolle d'aria. Un'orchestrina assorda gli astanti con un country a volume altissimo.
Miller mi presenta a raffica Harvey Kronberg, editore del Quorum Report (The Newsletter of Political Texas), Bruce Hight, editorialista dell'Austin American-Statesman, Kelly Shannon dell'agenzia Associeted Press, suo marito in giacca a vento gialla Michael Gearson della tv Channel 8 che in Texas trasmette news 24 ore su 24. Dopo una lunga coda conquisto un piatto composto d'ufficio di due tacos, bue e pollo grigliati, frijoles, guacamole e trito di pomodori, peperoni, cipolla e peperoncino. Ci sediamo in una sezione libera di uno dei tre lunghissimi tavoli che corrono sotto i tendoni: troppo vicini all'orchestrina, dovremo gridare per tutta la conversazione par poterci a malapena sentire.
Dopo un po' ci raggiunge Rodney Ellis, deputato nero del parlamento statale eletto in una circoscrizione di Houston: "Sono stato in Italia nel `73 con una guida L'Europa con 10 dollari al giorno. Con 10 non ce l'ho fatta, ma con 17 sì". Accanto commentano: "Adesso si è abituato così bene, che dove va lui con 17 dollari non si paga neanche un caffè". Prevale un'ostentazione di spregiudicatezza, un mostrare la propria scaltrezza politica, un compatire il buonismo, sembra quasi di stare a Montecitorio.
"È la prima volta da 12 anni che in Texas c'è un elezione davvero combattuta. Questa volta non c'è più quello strapotere schiacciante dei repubblicani che è durato decenni: l'ultimo grande senatore democratico del Texas fu Lyndon B. Johnson (presidente dal 1963 al 1968). Ora almeno quattro cariche sono in bilico" dice Evan Smith. Si riferisce alle cariche 1) di governatore, contesa tra il miliardario democratico latino (della settima generazione), Tony Sanchez contro il governatore ad interim Rick Perry (subentrato a George W. Bush nel 2000, quando costui si dimise per candidarsi alla Casa bianca); 2) di senatore degli Stati uniti tra l'ex sindaco democratico di Dallas, il nero Ron Kirk, e il ministro della giustizia uscente (attorney general) del Texas, il repubblicano John Cornyn; 3) di luogotenente governatore (poltrona che ha meno prestigio ma più poteri di quella del governatore) tra John Sharp (dem.) e David Dewhurst (rep.); 4) di attorney general dello stato, tra Kim Watson (dem.) e Gregg Abbott (rep.). "Certo sarebbe un bel colpo", continua Evans: "Sanchez sarebbe il primo governatore latino del Texas, e Kirk sarebbe il primo senatore nero del Texas, anzi di tutto il sud degli Stati uniti". Kirk è stato anche il primo sindaco nero di Dallas: oggi a Capitol Hill non c'è nessun nero tra i 100 senatori (i neri sono il 12% della popolazione Usa). Peggio ancora: dalla fine della guerra civile (1865) a oggi ci sono stati in tutto e per tutto solo due senatori neri, la seconda è stata negli anni `90 la senatrice di Chicago Carol Mosley-Braun che però non è stata rieletta dopo il primo mandato.
Gli altri commensali non condividono l'ottimismo di Smith. "Tony Sanchez perde terreno nei sondaggi, non ce la farà mai" dice Miller: "È troppo marcato come meridionale del Rio Grande. Gli sarà difficilissimo conquistare il Texas del nord e quello orientale" (troppo spesso si dimentica che il Texas è grande dome Germania, Inghilterra, Irlanda, Belgio e Olanda messi insieme). Kelly Shannon rincara: "Certo che arretra nei sondaggi! Non rilascia mai un'intervista, non comunica con i media, è una frana, va solo a colpi di spot televisivi che si paga da solo" (Sanchez ha sborsato di tasca sua più di 50 milioni di dollari per la campagna).
Qui Sanchez non gode di molta popolarità. Austin (643.000 abitanti la città, 1.150.000 l'area metropolitana) "è un'eccezione in Texas" mi dirà più tardi, davanti a un bicchiere di vino, l'architetta Jana McCann, dirigente dell'ufficio urbanistico del comune di Austin: "È una città molto più liberal, molto meno bigotta del resto del Texas" (qui siamo in piena bible belt, "la cintura della Bibbia", dove prosperano i vari integralismi cristiani, furoreggiano i telepredicatori e dove i grandi quotidiani pubblicano densi supplementi religiosi). "Austin è particolare, perché i grandi datori di lavoro sono nell'ordine lo stato, l'università del Texas che è l'istituzione più prestigiosa, e la Dell, l'industria di computer: Michael Dell era studente qui all'University of Texas". Michael Dell è la celebrità locale: "È giovane sai. Nonostante abbia messo su quest'industria miliardaria, deve avere sui 35 anni. È una persona a posto, non si dà arie, lui e sua moglie sono alla mano" dice Miller. Precisa Jana McCann: "Sua moglie Susan è anche molto carina e la sua foto appare nelle copertine delle riviste di moda, e si sono costruiti una casa da 25 milioni di dollari".
Con una popolazione composta in gran parte da tecnici e cibernetici, funzionari pubblici, studenti e docenti universitari, Austin è la città più ambientalista del Texas e dove il pur molto minoritario Partito verde, ha più seguito. E un fattore che rende assai problematica l'elezione sia di Kirk, sia di Sanchez - mi avevano detto al San Antonio Current - è che sono democratici sì, ma proprio conservatori. Il democratico Sanchez ha finanziato le campagne del repubblicano Bush a governatore e a presidente. E Kirk, prima di darsi alla politica, è stato lobbista, avvocato finanziario delle grandi corporations - Enron compresa -, e da sindaco ha ricevuto l'appoggio della finanza bianca di Dallas e ha lui stesso favorito grandi piani di speculazione edilizia. Molti elettori democratici progressisti potrebbero votare per il candidato verde, il nativo Rahul Mahajan, aveva detto la giornalista Lisa Sorg. Ma qui al brunch minimizzano l'impatto verde: "Il vero problema per i democratici è il "fattore Bush"".
Cerco di farmi spiegare perché George W. Bush gode di quest'incredibile popolarità in Texas. Le risposte non convincono. L'unica ("come persona è grande") l'avevo constatato anch'io alla convention repubblicana del 2000 a Philadelphia, ascoltandolo di persona, e cioè che Bush ha una forte comunicativa umana, ha il sorriso triste di chi ha dovuto subire un padre padrone (George Bush senior), di chi è passato attraverso l'alcolismo. È la sua fragilità a creare un contatto. Una spiegazione più politica me la dà, sempre ad Austin, Ed Sills della centrale sindacale Afl-Cio: "Bush è stato sempre attento a tenere i piedi in due staffe, ad assicurarsi l'appoggio dei repubblicani moderati, centristi, ma senza alienarsi la sua base di estrema destra, di fondamentalisti cristiani".
Fatto sta che, per appoggiare Perry e Cornyn, Bush ha rimpinguato le finanze dei candidati, ha già fatto due viaggi in Texas, e altri né farà prima del voto del 5 dicembre. Così Kirk si trova al verde mentre Cornyn ha ancora milioni di dollari da spendere. Quindi anche una vittoria di Kirk si fa sempre più aleatoria (maggiori chances le ha John Sharp come lieutenant governor).
Miller chiede al deputato Ellis perché mai il partito democratico non ha procurato più denaro a Kirk. "Perché dovevano scegliere se spendere per dare fastidio a Bush o per mantenere il controllo del senato in stati che sono davvero in bilico come Arkansas, Colorado, Minnesota, Missouri, South Dakota. Ovviamente hanno scelto la seconda".
Ci accomiatiamo. Miller mi consiglia di andare a sentire musica: Austin è infatti una delle piazze trainanti della musica Usa. Sono centinaia le orchestrine che suonano nella miriade di locali che costella la città (anche se la tanto decantata "vibrante vita notturna" di Austin si concentra nello spazio di tre strade e una decina di isolati). L'elemento più bizzarro nel decoro dei bar sta nei bagni maschili. Per una ragione inspiegabile, il bucherellato tappetino rosso di plastica che fa da filtro agli urinatoi porta la scritta: "Dì no alla droga".
Ma lo spettacolo più indimenticabile lo osservo al crepuscolo, sotto il ponte di Congress Avenue che traversa il fiume Colorado. Quando fu ricostruito nel 1980, nelle fessure trovarono rifugio alcuni pipistrelli messicani senza coda. Negli anni si sono moltiplicati, anche perché vengono protetti. Dopo il tramonto si levano in volo. È diventata una tradizione per molti austiniani andare in riva al lago formato dal fiume, con una scatola di birre e guardare lo spettacolo di questa massa volante che si leva a nutrirsi di decine di tonnellate di insetti. E davvero ti toglie il respiro vedere un milione e mezzo di pipistrelli che s'involano nella semioscurità.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …

La cattura

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di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia