Marco D'Eramo: Stufo

17 Gennaio 2003
Bush il giovane è stufo. Che sia stufo di Saddam lo si può pure capire: "Ha cercato di ammazzare il mio babbo", spiega. Però è stufo anche di Schröder in Germania che si oppone alle sue guerre preventive - peccato che per il momento non può detronizzarlo. È seccato con Chavez in Venezuela, e fa di tutto per aiutare a rovesciarlo: il massimo sarebbe rinchiuderlo a Guantanamo. È al limite della sopportazione con Arafat e con quei fastidiosi bambini palestinesi che continuano - inopportuni - a farsi sparare: meno male che c'è Sharon che si occupa di questa grana. Ma è nauseato anche dalla legalità del diritto americano che ostacola le detenzioni segrete, senza limite di tempo, di cittadini statunitensi. Bush è stufo che le nuove centrali elettriche debbano rispettare limiti ecologici. Ne ha abbastanza che gli ultramiliardari (in dollari) debbano pagare tasse sui dividendi. Gli è insopportabile che i vecchi non debbano pagare le medicine. La pazienza di Bush è al limite contro le donne che vogliono abortire. E mercoledì ci ha fatto sapere che stavolta ne ha davvero le scatole piene delle discriminazioni positive, le affirmative actions (in questo caso dell'Università del Michigan) tese a favorire l'iscrizione degli studenti neri: comunque i neri non votano per lui, tanto vale accontentare la parte più razzista della propria base elettorale. Sulle affirmative actions ci sarebbe molto da discutere, come sulle quote delle donne in politica in Italia e sulle discriminazioni positive dei paria - intoccabili - in India, proposte dalla Mandal Commission, e che hanno provocato una serie di spettacolari auto-immolazioni da parte di giovani bramini che si sentivano "discriminati". È certo discutibile un'iniziativa che riappiattisce una persona, rispalma un individuo, sulla sua casta, sulle sua razza, sul suo genere. Ma senza le discriminazioni positive, centinaia di migliaia di neri e di latinos non avrebbero frequentato l'università, e oggi non esisterebbe affatto quella tanto decantata "nuova borghesia nera", che - paradossalmente - è assai conservatrice, come i suoi più celebri esponenti reaganiani: Condoleezza Rice e Colin Powell.
C'è da scommettere che Bush non si è mai avventurato a Detroit, una città al 95% nera, più disperante di Calcutta: forse gli verrebbe il sospetto che le affirmative actions servono anche a lui, per impedire le sommosse nere.
Certo è che, per Bush il giovane, il 18 brumaio cade un giorno sì e un giorno no, e in alcune stagioni, cade tutti i giorni. Come altro si può infatti chiamare questo stillicidio di leggi liberticide, inquino-incentivi, minacce nucleari, assassinii a distanza, detenzioni illecite, regali ai più ricchi, furti ai poveri, se non un colpo di stato permanente? Nel dicembre 2000 fu un golpe della Corte suprema a regalare a Bush una presidenza non vinta nelle urne. E l'11 settembre 2001 fu l'attacco al World Trade Center, un incendio del Reichstag versione newyorkese, a consentirgli di mettere in atto - in nome del patriottismo e della "guerra al terrorismo" - tutta la sua piattaforma politica ultraconservatrice.
La società che, con i suoi golpe quotidiani, l'amministrazione Bush sta plasmando, somiglia come una goccia d'acqua a quella descritta da George Orwell nel suo 1984. Solo che, ironia della sorte, il Grande Fratello ci sorveglia per conto non dei bolscevichi staliniani, ma della finanza ultramiliardaria: per controllare le devastazioni sociali del liberismo sfrenato, serve sempre più repressione, in una spirale senza fine. Bush il giovane non dovrebbe però dimenticare che suo padre non fu rieletto anche perché nell'anno del voto, 1992, il ghetto nero di Los Angeles si era rivoltato e aveva messo una fifa blu ai ceti agiati bianchi repubblicani, rinchiusi nei loro paradisi di periferia.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …