Giorgio Bocca: L´alleanza incompatibile

10 Luglio 2003
È tempo di verifiche, improvviso tentativo della destra italiana di verificare ciò che la divide: il secessionismo della Lega dal nazionalismo di An, dal qualunquismo torbido di Forza Italia. Unico comune denominatore il potere autoritario, il disprezzo per la democrazia. Arrivati al potere i tre dell´alleanza spuria, incompatibile nelle idee ma tenuta assieme dallo spoil system, dalla spartizione del bottino si sono accorti che era indispensabile avere alle spalle una cultura, imitare il principe gramsciano protagonista non solo del conflitto di classe ma anche dell´egemonia culturale. Improvvisamente tutti e tre i partecipi della alleanza hanno scoperto e lanciato campagne culturali giovandosi dei mezzi, diciamo dei soldi, che il governo mette a loro disposizione.
I personaggi "culturali" che hanno mobilitato non sono granché ma il trasformismo e l´arrivismo borghese gli danno una mano. Da Milano è partita l´iniziativa neofemminista patrocinata da Ignazio La Russa e dalla Santanchè ai cui convegni è subito accorsa, come i nani e le ballerine di Craxi, la solita corte itinerante di imprenditori rampanti, di gente di spettacolo, di moda, di televisione. Intanto il ministro Gasparri fa del suo meglio per riempire la Rai di giornalisti cresciuti alla scuola del "Secolo d´Italia", e i ministri dell´Agricoltura e dell´Ambiente lavorano a un recupero dell´ambientalismo tricolore. Per non essere da meno i leghisti del senatore Bossi si sono impadroniti di una costola della Rai trasferendola a Milano. La Casa delle Libertà persegue metodicamente il suo annessionismo televisivo ed editoriale, è padrona di sei canali nazionali e del mercato della pubblicità che per le soli reti Mediaset incassa più di tutta la stampa italiana messa insieme. Risulta dalle cronache che queste verifiche sono un esercizio che supera anche la voracità e il camaleontismo, pur eccelsi, del cavalier Berlusconi. Non è stato facile neppure per Mussolini un illusionista e manipolatore culturale di fama mondiale mettere assieme nel regime e lasciare in eredità ai suoi seguaci tutte le contraddizioni della cultura europea fra le due grandi guerre. Nella sacca toccata ai cultori della fiamma, ai fascisti di Salò c´erano: il sindacalismo rivoluzionario di Dalmine, il combattentismo sociale di Corridoni e di D´Annunzio, il ducismo, l´odio e il disprezzo per la democrazia, i riti funebri dello squadrismo, i compromessi del regime, quel tanto di bolscevismo che piaceva a Lenin, l´eversione di Sorel, il conservatorismo piccolo borghese ora in condominio con Forza Italia, il voltar gabbana plebeo che accolse il Mussolini nella sua visita in Romagna e a lui che chiedeva sprezzante dove erano finiti i rossi rispondeva "tan vedd Benito ca soma tott acquè".
Quasi impossibile descrivere, sia pure per somme baggianate, la cultura schizofrenica della Lega di cui ha dato recentissima prova il sottosegretario Stefani che in un suo brillante articolo ha difeso la odiata Italia da quei tedeschi che l´ideologo professor Miglio e lo stesso senatur additavano come la stirpe nordica superiore. Nella sacca della Lega c´è un arsenale fantastico di storia e di regionalismo inventati, un razzismo nordico privo di alcuna serietà che esalta i combattenti lombardi italici raccolti attorno al Carroccio contro il Barbarossa germanico ma confondendo le origini celtiche. Cose da carnevale, fuori da ogni base storica, prenderle sul serio sarebbe come andare a un palio degli asini o a una sagra saracena per far luce nel nostro passato. La politica come la fa Bossi è come "voler mangiare un passato di verdura con un coltello" una cosa senza capo né coda che fa più torto a quanti la tollerano che a lui.
La sola cosa da verificare fra i tre è come i comuni voraci appetiti possano convivere in una alleanza di governo, cioè in una concertazione di disegni comuni. La Lega ha voluto per anni la secessione e ancora adesso la nasconde dietro i veli ipocriti della devoluzione che neppure il giocatore delle tre carte Berlusconi può far digerire come una riforma positiva dello Stato. Alleanza Nazionale per quante contorsioni abbia fatto a Fiuggi non può ripudiare le sue radici e il suo statalismo autoritario. L´unica a cui la verifica non pone alcun problema ideologico è Forza Italia che può dire e pensare ciò che le conviene al momento senza che alcuno possa rimproverarle di aver cambiato idea che non ha mai avuto. Forza Italia ha naturalmente raccolto la maggioranza silenziosa che diede vita all´unanimismo fascista e al partito di raccolta anticomunista della Democrazia Cristiana. Capace a fiuto di votare per chi in buona sostanza sta dalla parte di chi comanda e assicura ai sudditi la tranquillità della sottomissione.
La verifica, come gran parte della gestione berlusconiana è accolta in due modi dalla pubblica opinione: per una buona metà degli italiani è qualcosa che la sorvola, che non la distrae dai ponti o dai quiz, qualcosa che riempie le pagine dei giornali pur essendo illeggibile, progetti di riforme, di finte riforme, di controriforme che si sovrappongono e che sono già da macero nel momento stesso in cui appaiono. La funzione dei cronisti politici non è mai stata così ostica e deludente, c´è da rimpiangere la stampa di regime, i suoi comunicati di venti righe su una riunione del governo presieduta dal Duce.
Lunghissime relazioni dove i più abili commentatori riescono a stento a segnalare i passi in cui si annuncia una nuova usucapione del bene pubblico compiuta dai governanti. Resta una curiosità, una fievole speranza per la stupidità dei potenti che a volte riescono a darsi la zappa sui piedi come accadde nei passati ribaltoni. Ma a guardar bene le facce dei Bossi e dei Fini, la speranza scompare: questi neppure a cannonate mollano le loro poltrone.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …