Umberto Galimberti: Gli angeli di Maritain

25 Luglio 2003
In occasione del centenario della morte di Santa Maria Goretti, la ragazzina del Lazio che preferì la morte piuttosto che perdere la sua "verginità" (che Pio XII quando la santificò chiamò "purezza") Giovanni Paolo II invita i giovani a riscoprire, in questo periodo di vacanze estive «il valore e l' importanza della castità». Il linguaggio è una trappola tremenda dove, con una semplice sostituzione di parole all' apparenza equivalenti, si vendono valori in nulla giustificati dai fatti e dai comportamenti. La "verginità" ad esempio non coincide con la "purezza", perché altrimenti dovremmo chiamare "impuri" tutti coloro che praticano la sessualità. E questo non mi pare proprio il caso, anche se non ignoro il basso concetto che, alle sue origini, il cristianesimo aveva del matrimonio, se c' è da dare ascolto a San Paolo che lo definiva «rimedium concupiscentiae». Insomma se proprio uno non ce la fa a restare vergine, gli si conceda il matrimonio. Una cosa per "deboli" che, nonostante tutti gli sforzi, non resistono alla tentazione della carne. Lo stesso dicasi per la parola "castità". Perché farla coincidere con la "verginità"? Cosa sottintende questa semplice trasposizione linguistica? Che tutti coloro che praticano la sessualità non sono casti? Non sarebbe meglio distinguere la "castità" "dall' astinenza", e chiamare «astinenti» e non «casti» coloro che non praticano la sessualità? In questo modo si eviterebbe di bollare come "impuro" chi la pratica e di nobilitare come "casto" chi si astiene. Se evitiamo questo imbroglio linguistico allora dobbiamo dire che il Papa non chiede ai giovani di essere "casti e puri", nobilitando con questi aggettivi la condotta di quanti volessero seguire le sue raccomandazioni, ma chiede solamente di essere "vergini e astinenti" che non sono propriamente delle virtù, ma per alcuni scelte di comportamento e per altri, non nascondiamocelo, dolorose necessità. Ma anche se "verginità" e "astinenza" che, dopo quanto detto, non confonderemo più con "purezza" e "castità" , resta l' obiezione che il filosofo cattolico, Jacques Maritain, molto ascoltato da Paolo VI, sottoponeva all' attenzione del pontefice di allora, osservando che la cultura occidentale aveva creato degli «angeli che Dio non aveva previsto», perché, per le leggi di natura, la sessualità, dal punto di vista funzionale, è matura intorno ai 13 o ai 14 anni, ma per i condizionamenti socio-economici della nostra società a quell' età non si è indipendenti e quindi non ci si può sposare prima dei 25 o 30 anni. E siccome per la morale cattolica non si deve praticare la sessualità se non all' interno del matrimonio, ecco nascere gli angeli che Dio non aveva previsto. Angeli forniti di corpo che dovrebbero astenersi dall' esercizio della sessualità proprio nel periodo in cui massima è la sua forza. L' obiezione di Maritain restò lettera morta. Il magistero della Chiesa continuò a ribadire la sua legge prescindendo dalle condizioni della sua applicabilità, rese quasi impossibili nella nostra società, dove il sacramento del matrimonio è di fatto celebrabile dieci o quindici anni dopo la comparsa della sessualità. A parte che non si dovrebbero mai fare delle leggi di cui è quasi certa l' inapplicabilità perché, così facendo, si svilisce la norma e ciò non porta al rispetto della legge, ma poi cosa significa predicare dal pulpito una legge di cui in confessionale, settimanalmente e senza troppe resistenze, si perdona l' infrazione? Significa creare negli individui, sin da piccoli, una doppia coscienza che formalmente riconosce la legge e di fatto pratica la trasgressione. A me questa non pare una buona educazione, pare piuttosto il tortuoso percorso con cui, giorno dopo giorno, si costruisce quella che, senza esitazione, mi viene da chiamare "falsa coscienza". E tutte queste osservazioni vengono prima di quella fondamentale che chiede che cos' è per il cattolicesimo il corpo, se è vero che, per questa religione, l' amore è tanto più puro quanto più prescinde dal corpo? E soprattutto che cos' è l' amore se, come dice il Papa, è tanto più "autentico" se si accompagna alla "purezza" del corpo che, come abbiamo visto, significa "verginità" e "astinenza"? Come mai proprio la religione "dell' incarnazione", l' unica, fra tutte le religioni del mondo, ad avere incarnato Dio, ha così paura del corpo e della carne? Non sarebbe meglio che la Chiesa ridimensionasse la sua legge e la rendesse questa volta più "pura" concedendo ai giovani che si amano, di amarsi con tutta l' anima, con tutto il cuore e con tutto il corpo, e invitasse coloro, che nell' amore non mettono in gioco né l' anima né il cuore, a non mettere in gioco neppure il corpo? In questo modo i giovani imparerebbero che l' amore è una relazione totale che non esclude neppure la carne, mentre la pratica dei corpi, senza cuore e senz' anima, non è amore, ma semplice soddisfazione del desiderio, rispetto al quale, la persona amata non è altro che il suo accessorio. Se questo fosse l' insegnamento, i giovani, ossia gli angeli forniti di corpo che Dio non aveva previsto, potrebbero osservare la legge, imparare che quando c' è anima anche il corpo ha la possibilità di esprimersi, e soprattutto che l' etica è una cosa nobile e alta che non si misura su verginità e astinenza, contrabbandate per purezza e castità, perché non è lì che si decide la purezza dell' intenzione e la forza dell' amore, dal momento che queste figure abitano regioni che la nostra cultura ha chiamato "anima", "spirito", "retta coscienza". Se vogliamo insegnare una vera etica ai giovani, per prima cosa evitiamo di confinarla nella camera da letto, perché non è in quel luogo che si decide cosa è puro o impuro, cosa è giusto o ingiusto.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …