Antonio Tabucchi: Montalbàn. Un antifascista che amava la vita

20 Ottobre 2003
Manuel Vàsquez-Montalbàn era un mio amico. Era un uomo scontroso, allegro, ironico, fermo e coraggioso. Siamo diventati amici troppo tardi rispetto a quando conobbi il suo nome per la prima volta. Allora erano gli anni Sessanta, e lui con altri tre studenti anifranchisti, Salvator Clotas, Martì Capdevila e Ferran Fullà, era rinchiuso nel carcere di Lleida per aver scritto ed espresso opinioni non gradite rispetto a quelle che il generalissimo Franco gradiva gli fossero espresse. E opinioni così, nella Spagna di allora, erano considerate "attività contro lo Stato".
Manolo conosceva la sua Barcellona come forse nessun'altro (non sono giusto, anche altri amici, come Jorge Herralde e Enrique Vila Matas o Juan Marcé la conoscono altrettanto bene); solo che lui l'aveva "adottata". O meglio, aveva adottato la Barcellona orfana, quella dei quartieri antichi, popolata da gente povera, da marginali, da pensionati, da vecchi repubblicani che sono sopravvissuti alle fucilazioni di Franco e all'età. La Barcellona di Mercé Rodoreda, quella della Plaza del Diamante, dove ci sono ancora le feste popolari con i lampioni di carta e le ragazze per ballare calzano scarpe bianche con il tacco alto. La gioca a carte o a dama in un'irrespirabile atmosfera di "tabaco negro", ristorantucoli dove si mangiano i migliori piatti di pesce del Mediterraneo.
Manolo amava molto la cucina, era un gastronomo sopraffino. Ma soprattutto amava la vita. Una volta mi disse che da ragazzo aveva capito cos'era il franchismo dal motto che esso aveva adottato: "Viva la muerte!". Il suo eroe, Pepe Carvalho, riprende uno dei generi più ricchi e vitali della letteratura spagnola, la picaresca. Pepe in fondo è un picaro che fa il detective, uno che si arrabatta, un povero Cristo, uno del Sud, insomma, come siamo noi del Sud. Tutto il contrario del detective anglosassone, che veste lo smoking, gioca a canasta e beve champagne. Ma non è detto che per scoprire delle malefatte si debba indossare lo smoking.
Oltre ai suoi molti romanzi, Manolo, con gli strumenti del grande scrittore che era, ha scritto una biogra non hanno mai obiettato. Peccato che non sia mai citata dai pubblicisti che recentemente in Italia si sono dati da fare per rivalutare il franchismo. Ho sentito dire alla televisione italiana che era morto "uno scrittore controcorrente". Se la definizione ha in sé qualcosa di esatto, è sinistra per tutti noi. Montalban era uno scrittore antifascista: dunque, qual è la corrente?
Manolo mi mancherà, ne sono certo. Mancherà a molti. Ma gli scrittori hanno un vantaggio sui conduttori dei programmi che ogni sera imbastiscono chiacchiere in televisione. Spento il televisore, le loro parole muoiono. I libri invece restano, tanto le videocasssette di certi programmi, magari gridati e scandalosi, chi se le rivede? Se non lo aveste ancora fatto, leggete libri di Montalbán, sono una buona compagnia. Poi li mettete da parte, e quando vi pare ve li rileggete.

Manuel Vázquez Montalbán

Manuel Vázquez Montalbán (1939 - 2003) con Feltrinelli ha pubblicato: Gli uccelli di Bangkok (1990), Tatuaggio (1991), Il centravanti è stato assassinato verso sera (1991), Il labirinto greco (1992), Ricette …