Marco D'Eramo: Mondo Bush
22 Gennaio 2004
Inquietante il discorso sullo stato dell'Unione pronunciato dal presidente
degli Stati uniti George W. Bush con atteggiamenti da "comandante in
capo", da Napoleone un po' damerino. Inquietante non tanto per i contenuti,
scontati, visto che segnava l'apertura della campagna elettorale. Quanto perché
il pianeta e l'America che descrive sono del tutto immaginari. "Il mondo
sta cambiando per il meglio", ha detto: non sappiamo chi gliel'abbia
riferito. L'Afghanistan sarebbe un paese infine democratico, "libero e
fiero", in cui "imprese stanno nascendo", "ragazzi e ragazze
tornano a scuola": gli deve essere sfuggito che il governo di Hamed Kharzai
controlla solo la città di Kabul e che il resto del paese è tornato nelle mani
dei signori della guerra e dei taleban. In Iraq il consiglio governativo messo
su dagli Usa "sta costruendo una nazione libera e pacifica", prove ne
siano le manifestazioni sciite a Bassora e l'ultimo attentato proprio davanti al
comando della coalizione a Baghdad. Negli Stati uniti "l'occupazione sta
crescendo": non se ne vede traccia; il sistema scolastico sta "facendo
progressi verso l'eccellenza per ogni bambino in America": alla maturità,
è record il tasso di analfabetismo Usa; e la legge "Nessun bambino
trascurato" (tipico esempio di neolingua orwelliana) "dà
un'opportunità a tutti i bambini": basta girare per le scuole delle inner
cities.
La lista delle affermazioni contraddette dalla realtà potrebbe essere molto più lunga. Ma da sola dimostra che il mondo in cui Bush crede di vivere è quello che gli raccontano i suoi consiglieri, un mondo che non somiglia affatto al pianeta reale in cui viviamo noi altri sei miliardi di bipedi.
Moderno Candide, Bush presiede "il migliore dei mondi possibili". Ma la distanza tra come un uomo vede il mondo e come lo percepiscono tutti gli altri è una buona misura della follia di costui. In questo caso, una follia da delirio di onnipotenza, non da insanità mentale. Poiché governa la più potente nazione al mondo e comanda la più micidiale macchina da guerra di tutta la storia umana, Bush il giovane crede che gli basti esprimere un desiderio o un ordine, perché subito si trasformi in realtà.
Ma proprio perché governa l'impero planetario, questo delirio di onnipotenza è inquietante. Perché in un mondo immaginario, le priorità politiche diventano per lo meno bizzarre. Al problema degli steroidi nello sport, il presidente Usa ha dedicato un intero paragrafo; agli scandali delle corporations (Enron) due sole parole in un inciso. E all'esecrazione dei matrimoni tra gay un lunghissimo passaggio e addirittura una proposta di revisione costituzionale: c'è da scommettere che la sacralità del matrimonio eterosessuale sarà il tormentone della prossima campagna elettorale. Già ci aveva provato Bush padre a dirottare l'attenzione dell'elettorato dalla disoccupazione ai temi morali: allora erano i "family values", i valori familiari, ma non gli portarono fortuna.
Spesso Bush jr. ha sfiorato (e superato) la soglia della comicità involontaria. Infatti qual è il migliore antitodo al diffondersi dell'Aids? Chiaro: una maggiore educazione scolastica all'astinenza sessuale.
A Bush jr non è bastato aver smantellato tutte le leggi ambientali, aver contribuito a creare una concentrazione di ricchezza come non si vedeva dai tempi dell'antico Egitto, aver umiliato l'Onu, disgregato l'Unione europea, combattuto una guerra pretestuosa contro l'opinione pubblica di tutto il mondo. No, chiede che gli sia consentito di "finire il lavoro" (e di finirci tutti quanti).
Alla fine del discorso, Bush ha anche ripetuto, senza nominarlo, le ultime parole scritte da Franklin Delano Roosevelt prima di morire (1945): "Miei concittadini, noi stiamo progredendo, con fiducia e fede". Bush cioè paragona sé stesso all'uomo che vinse la seconda guerra mondiale: altro sintomo allarmante. Ma a inquietare più di tutto è che il 2 novembre gli americani possano davvero permettergli di "finire il lavoro".
La lista delle affermazioni contraddette dalla realtà potrebbe essere molto più lunga. Ma da sola dimostra che il mondo in cui Bush crede di vivere è quello che gli raccontano i suoi consiglieri, un mondo che non somiglia affatto al pianeta reale in cui viviamo noi altri sei miliardi di bipedi.
Moderno Candide, Bush presiede "il migliore dei mondi possibili". Ma la distanza tra come un uomo vede il mondo e come lo percepiscono tutti gli altri è una buona misura della follia di costui. In questo caso, una follia da delirio di onnipotenza, non da insanità mentale. Poiché governa la più potente nazione al mondo e comanda la più micidiale macchina da guerra di tutta la storia umana, Bush il giovane crede che gli basti esprimere un desiderio o un ordine, perché subito si trasformi in realtà.
Ma proprio perché governa l'impero planetario, questo delirio di onnipotenza è inquietante. Perché in un mondo immaginario, le priorità politiche diventano per lo meno bizzarre. Al problema degli steroidi nello sport, il presidente Usa ha dedicato un intero paragrafo; agli scandali delle corporations (Enron) due sole parole in un inciso. E all'esecrazione dei matrimoni tra gay un lunghissimo passaggio e addirittura una proposta di revisione costituzionale: c'è da scommettere che la sacralità del matrimonio eterosessuale sarà il tormentone della prossima campagna elettorale. Già ci aveva provato Bush padre a dirottare l'attenzione dell'elettorato dalla disoccupazione ai temi morali: allora erano i "family values", i valori familiari, ma non gli portarono fortuna.
Spesso Bush jr. ha sfiorato (e superato) la soglia della comicità involontaria. Infatti qual è il migliore antitodo al diffondersi dell'Aids? Chiaro: una maggiore educazione scolastica all'astinenza sessuale.
A Bush jr non è bastato aver smantellato tutte le leggi ambientali, aver contribuito a creare una concentrazione di ricchezza come non si vedeva dai tempi dell'antico Egitto, aver umiliato l'Onu, disgregato l'Unione europea, combattuto una guerra pretestuosa contro l'opinione pubblica di tutto il mondo. No, chiede che gli sia consentito di "finire il lavoro" (e di finirci tutti quanti).
Alla fine del discorso, Bush ha anche ripetuto, senza nominarlo, le ultime parole scritte da Franklin Delano Roosevelt prima di morire (1945): "Miei concittadini, noi stiamo progredendo, con fiducia e fede". Bush cioè paragona sé stesso all'uomo che vinse la seconda guerra mondiale: altro sintomo allarmante. Ma a inquietare più di tutto è che il 2 novembre gli americani possano davvero permettergli di "finire il lavoro".
Marco d’Eramo
Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …