Marco D'Eramo: La svolta

18 Giugno 2004
La svolta c'è, ed è vera. Ma non in Iraq dove anche ieri un'autobomba ha ucciso più di 40 aspiranti poliziotti. E neanche alle Nazioni unite, il cui segretario Kofi Annan ha ribadito che l'Onu non tornerà in Iraq. No, la svolta avviene nell'opinione pubblica americana che finora era rimasta apatica, senza quasi reagire all'impressionante sequenza degli ultimi 80 giorni: l'insurrezione delle milizie sciite di Moqtada Al Sadr, la battaglia di Falluja, i più di 230 soldati statunitensi uccisi (e le migliaia di morti iracheni), le fotografie delle bare dei caduti Usa, le audizioni della Commissione "undici settembre" (11/9), i libri dell'ex responsabile dell'antiterrorismo della Casa Bianca sotto George W. Bush, Richard Clarke, e di Bob Woodward (che negli anni `70 aveva fatto scoppiare lo scandalo Watergate), infine le foto sulle torture inflitte agli iracheni da ilari soldati americani. Questa valanga di orrori, abomini e disfatte aveva sì incrinato il consenso popolare, ma non aveva infranto il muro di omertà che l'establishment finanziario e i media - in particolare le tv - hanno eretto intorno a un'amministrazione che prodiga elargisce megaregali fiscali alle corporations. È questa succube omertà che negli ultimi tre anni ha plasmato la docile credulità alla montagna di menzogne che Bush il giovane ha scaricato sugli americani: dal "conservatorismo compassionevole" all'"umile politica estera", dalla "prova certa e sicura che l'Iraq disponeva di armi di distruzione di massa" (mai trovate) al rapporto del Dipartimento di Stato secondo cui il 2003 era stato l'anno con meno attentati terroristici dal 1969 (rapporto poi definito "un grosso errore" dallo stesso segretario di stato Colin Powell). Ora però il rapporto della Commissione 11/9 costituisce un salto di qualità nella presa di distanza dell'establishment statunitense. La Commissione dice che non ci sono prove di legami tra Al Qaeda ed Iraq, tra 11 settembre e Saddam Hussein. E, ancor più importante, quest'affermazione è stata approvata dai senatori repubblicani. Nell'autunno 2002 il senato (democratici compresi) aveva votato con patriottico entusiasmo la guerra contro l'Iraq. Ora, dopo 15 mesi, 837 soldati Usa uccisi (5.011 feriti) e 125 miliardi di dollari già spesi, sussultano anche i senatori più ameboidi: anch'essi ora sostengono quel che da tempo afferma la sinistra, tanto tacciata d'"irresponsabilità".
Il segno più chiaro della svolta sono le teste che cadono: la prima è stata quella del direttore della Cia George Tenet; la seconda è quella del comandante in capo delle forze Usa in Iraq, generale Ricardo Sanchez coinvolto nelle torture. Ma il prossimo nel mirino è il ministro della difesa Donald Rumsfed: ieri il ‟New York Times” rivelava che fu lui in persona a ordinare di non registrare alcuni prigionieri, in modo che non ve ne fosse traccia e la Croce Rossa non potesse controllare le loro condizioni, e così potessero essere torturati in santa pace. Dietro Rumsfeld, sulla linea di tiro c'è il vicepresidente Dick Cheney che - contro le conclusioni della Commissione 11/9 - ancora lunedì ha rivangato l'ipotetico complotto Saddam-Bin Laden. Fino a ieri la ricandidatura di Cheney a vicepresidente pareva scontata, oggi diventa una zavorra per un giovane Bush dalle ali sempre più appesantite. Con Colin Powell in uscita (lascerà il suo posto anche se Bush sarà rieletto), con i neoconservatori screditati dalla scoperta che il loro pupillo iracheno, Ahmad Chalabi, era un doppio agente iraniano, con Rumsfeld sempre più vicino alle dimissioni, per la prima volta si delinea la possibilità, concreta anche se ancora remota, che a novembre George Bush possa perdere. Un presagio di sconfitta sta proprio nella fessa campana del giovane Bush prigioniero di una coazione a ripetere l'ormai vacuo, grottesco, ritornello su "guerra al terrorismo" e "difesa della libertà", come vivesse in un mondo tutto suo da cui non può o non vuole uscire.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …