Giorgio Bocca: La notte di Bonatti mezzo secolo fa

28 Luglio 2004
La notizia che la cordata italiana è arrivata sulla cima del K2 cinquanta anni dopo la conquista ci raggiunge per telefono a Les Souches, nella baita di Ruggero Montesano figlio del medico condotto di La Thuile. Una giornalista della spedizione si è ricordata di Walter Bonatti ed è riuscita a trovarlo con la moglie e alcuni amici in questa baita a 2200 metri, niente rispetto agli ottomilaseicento del K2, ma nella magica aria fina del Piccolo San Bernardo, dove certamente passò Annibale, non esiste altra porta verso l'Italia di declivi così dolci per il passaggio degli elefanti che in guerra servivano solo per lo spavento che facevano. Da Les Souches hai davanti l'immenso ghiacciaio del Ruitor e quel sistema di vette che sorgono dalle valli Grisenche e di Rhemes dove ogni estate risuonavano le cacce del re galantuomo, che non lo era poi tanto se fece morire di rabbia il buon Cavour. Telefonata breve, di cortesia si direbbe e un breve commento di cortesia alla cordata "governativa" come la chiamano. Ma si può con Walter Bonatti non parlare del K2 e di quella notte in cui fu lasciato solo con la morte a quota 8100 sotto l'ultimo campo prima della vetta? Quel cauchemar per Bonatti è un male antico che non si lega solo al K2 ma che lo prese anni prima quando scoprì che anche fra la gente di montagna ci sono le invidie, le diffamazioni, le piccole e grandi carognate. Gli chiedevo perché se ne fosse andato via da Courmayeur e avesse venduto la sua bellissima casa prima di abitarla: "Cosa avresti fatto tu se avessi trovato le gomme della tua auto tagliate e i retrovisori spaccati a colpi di pietra?". "Una gelosia delle guide locali?". "Non so non mi sono curato di saperlo. Quello che mi ha sempre fatto cadere le braccia è la banalità del male. Come altrimenti definire la brutta storia del K2. Persone che hanno rischiato la morte con te, a cui hai permesso di raggiungere il successo, la conquista e coinvolgono, nella menzogna l'intera spedizione, persino gli sherpa, la stampa, il governo. Ricordo la volta che mi intervistasti a Viareggio e alla fine mi dicesti che ti avevano mandato per farmi il pacchetto finale, il pacchetto della calunnia. La banalità del male! Che cosa ci hanno guadagnato tutti quelli che hanno negato sin dalle prime ore, di aver portato le bombole di ossigeno pesanti diciotto chilogrammi a Compagnoni e Lacedelli, che cosa sono servite a Desio le omissioni nei rapporti, perché nel primo film delle celebrazioni addirittura non esistevo". Domande caro Bonatti che hanno una sola risposta, la radice acida dell'umanità, il piacere cattivo, ma da quasi tutti cercato, di mettere male, di diffamare, di calunniare anche senza ragione. Un sentimento ancestrale, da sopravvivenza barbara, che il male degli altri è un bene per te, che il rapporto dominante fra gli uomini resta ancora sotto forme diverse e magari in apparenza virtuose il mors tua vita mea. A settanta anni Bonatti è ancora una roccia, se ti abbraccia senti che potrebbe sollevarti come un fuscello, i suoi piedi si piantano a terra forti, decisi come negli anni in cui era il re di queste montagne, l'uomo che vinceva anche il gelo nelle notti in parete. Aveva solo un punto debole questo uomo di acciaio. Da uomo intelligente conosceva la banalità del male ma non riusciva a digerirla, proprio non capiva perché si dovesse essere carogne per niente.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …