Marco D'Eramo: Presidenziali Usa. L'ipotesi Caracalla

12 Ottobre 2004
È frustrante al massimo assistere ai dibattiti televisivi della campagna presidenziale americana, perché dalle domande del pubblico e dalle risposte dei candidati tocchi con mano quanto gli Stati uniti siano affetti dalla sindrome Truman Show, di quell'uomo che non sapeva di star vivendo in una trasmissione tv. Ed è tutto questo grande paese che sembra vivere in una sceneggiatura: per poche settimane, dopo l'11 settembre 2001, gli Usa parevano essere usciti dal film ed essere infine entrati nella realtà. Ma prestissimo il mondo reale gli si è rivelato insopportabile, invivibile, e sono corsi di nuovo a rifugiarsi nel tranquillizzante tepore del loro show. E da allora non ne sono più usciti. Il problema è che, a differenza dei loro elettori, i candidati sembrano essere fin troppo coscienti di muoversi in un show, tanto che la loro performance somiglia al provino di aspiranti attori non troppo dotati che cercano di recitare con spigliatezza la loro parte, e tanto più ci provano, tanto meno ci riescono. Né George W. Bush, né John Kerry sono campioni di comunicatività, e la prestazione ne risente: in un'ora e mezzo, la noia fa capolino ben più di una volta.
Questa volta, a St Louis, il presidente uscente è stato meno disastroso che nel primo dibattito: ma una sostanziale parità non gli basta, perché doveva recuperare i danni che si era inflitto a Miami una settimana fa. Ma il pari non basta nemmeno a Kerry che doveva dimostrare di aver preso lo slancio per non solo pareggiare, ma distaccare l'avversario. Così ci resta l'attesa per il terzo e ultimo dibattito della prossima settimana. Nel frattempo restiamo in balia delle ultime notizie dall'Iraq, dell'eventuale cattura o uccisione di Osama bin Laden, del prezzo del petrolio e degli altri imponderabili.
I dati sui posti di lavoro creati nell'ultimo mese (93.000, metà di quel che sarebbe necessario per almeno mantenere stabile la percentuale di occupati rispetto a una popolazione che cresce) sono abbastanza deludenti da non poter essere sbandierati da Bush, ma non catastrofici al punto da diventare un cavallo da battaglia per i democratici.
Le uniche notizie davvero buone per Kerry sono due: 1) il panico che comincia a serpeggiare tra i repubblicani, tra cui sembra essere cominciata la corsa al si salvi chi può, con Donald Rumsfeld che sconfessa il suo indefettibile alleato Dick Cheney e l'ex proconsole Paul Bremer che spara sui suoi mandanti; 2) un numero record di cittadini va a registrarsi per avere il diritto di votare, a tutto vantaggio dei democratici i cui elettori tradizionali (giovani, poveri, minoranze etniche) sono anche i più assenteisti.
Tutto ciò non lenisce la frustrazione di noi stranieri che subiremo gli effetti della scelta elettorale americana, ma che non abbiamo nessuno modo per influenzarla. Ma poiché da un paio di anni i potenti americani non fanno altro che parlare di Washington come della "nuova Roma", viene voglia di suggerire una soluzione a questa nostra impotenza proprio ricorrendo alle istituzioni dell'antica Roma. Il primo passo sarebbe sdoppiare la presidenza degli Usa: come i consoli, così dei due presidenti uno si occuperebbe degli affari interni e l'altro della gestione dell'impero.
A questo punto si potrebbe introdurre la seconda soluzione, che chiamerei l'ipotesi Caracalla, dall'editto che quest'imperatore promulgò nel 212 d. C., per cui tutti i sudditi dell'impero diventavano cittadini romani. Con nuovo editto di Caracalla potremmo perciò avere un quadro istituzionale in cui i cittadini Usa si eleggono da soli il presidente addetto agli affari interni, mentre gli statunitensi e tutti i sudditi dell'impero eleggono il secondo presidente addetto al governo del mondo. Se costui dovesse cercare i voti anche in Spagna o in Turchia, oltre che in Ohio e Missouri, forse i dibattiti tv Usa uscirebbero dal Truman show.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …