Marco D'Eramo: Festa grande per il monarca George Bush II

21 Gennaio 2005
Stasera sarà tutto un ballo: in una grande sala di Washington D. C. si danzerà il "Ballo dell'Indipendenza"; in un altra il "Ballo della Democrazia", e poi il "Ballo patriottico", il "Ballo Stelle e Strisce", il "Ballo del Comandante in Capo" e ben due "Balli della Libertà" ( Freedom Ball e Liberty Ball ): grandi affari quindi per i noleggiatori di smoking, oltre che per le ditte di catering della capitale in occasione delle fastose cerimonie per festeggiare il reinsediamento alla Casa bianca di George W. Bush, che inizia così il suo secondo mandato di presidente degli Stati uniti. Per la prima volta in un paese democratico come gli Usa, i festeggiamenti per l'inaugurazione di una presidenza hanno così un sapore monarchico: i prodigali contributi delle grandi corporations ricordano gli aristocratici francesi che si svenavano per celebrare il Re Sole. Questo secondo mandato ratifica l'esistenza di una dinastia politica quale gli Stati uniti non avevano mai conosciuta. Nonostante tutto il loro carisma, i Kennedy hanno ottenuto solo un presidente (John), un ministro della giustizia (Bob), un senatore (Ted). I quattro figli di Franklin Delano Roosevelt non sono mai andati oltre un deputato. Qui invece abbiamo una dinastia in cui dopo il nonno - senatore per due mandati-, è venuto il padre - deputato per due mandati, direttore della Cia, vicepresidente e poi presidente per un mandato -, e poi un figlio governatore della Florida e un altro figlio che è stato governatore del Texas e da oggi è presidente per due mandati.
Ora l'idea stessa di dinastia politica è estranea allo spirito della costituzione americana. La dinastia Bush è la prova dell'involuzione politica in senso oligarchico subita da questo paese che finora aveva conosciuto solo quelle del capitale. La festa di stasera celebrerà quindi non solo il secondo mandato di Bush, ma la ratifica dell'oligarchismo americano: niente di più appropriato quindi che le lussuose serate di gala in onore degli oligarchi. Ma c'è da chiedersi che ballo danzano invece quei milioni di cittadini statunitensi che non stanno affittando nessun frac: un rock e roll gioioso? un rap incazzato? un tango pentito per il voto del 2 novembre? o semplicemente un ballo di San Vito al pensiero di quel che attende nei prossimi quattro anni non solo questo grande paese, ma il mondo intero? Certo è che nei discorsi che hanno preceduto i festeggiamenti di stanotte, George Bush ha detto chiaro e tondo che considera il voto del 2 novembre scorso come un'approvazione democratica per tutte le politiche perseguite durante il primo mandato. Né era possibile dubitarne, visto che l'attacco a Falluja (quello che doveva annientare la resistenza irachena) cominciò solo pochi giorni dopo il voto, e visto che come nuovo ministro della giustizia, Bush ha designato il suo consulente legale alla Casa bianca, quel Gonzales autore del memorandum che aveva reso lecite le torture ai prigionieri di Guantanamo, di Abu Graib e dell'Afghanistan.
Si sono così subito rivelate pie illusioni le speranze che i centristi europei avevano manifestato dopo la sconfitta di John Kerry, e che cioè il secondo mandato di Bush sarebbe stato più moderato, meno bellicista e meno unilateralista del primo. La chiave di lettura dei prossimi quattro anni è: "portare a termine quel che i primi quattro avevano intrapreso ma non concluso". Per Bush la rielezione è stata perciò un referendum a favore delle guerre preventive. Le minacce già profferite nei confronti della Siria provano che resta primario l'obiettivo di "instaurare la democrazia in Medio oriente" a colpi di cannone e bombe intelligenti. Questa settimana sul New Yorker il giornalista Seymour Hersh (quello che nel `68 rivelò il massacro di My Lay in Vietnam e l'anno scorso espose per primo le torture in Iraq) racconta che commandos speciali Usa sono già entrati in Iran per identificare i bersagli di futuri bombardamenti. Hersh dà per estremamente probabile un'azione contro l'Iran entro l'estate. (Curioso come la Corea del Nord sia scomparsa dall'orizzonte geopolitico: all'improvviso non costituisce più minaccia). E poi, non fosse altro che per Condoleezza Rice, la nuova segretaria di Stato, nata alla diplomazia come specialista della guerra fredda (parla il russo) e discepola di un violento anticomunista come il rifugiato ceco Josef Korber (la cui figlia è una certa Madeleine Albreight, segretaria di stato assai "falco" durante la presidenza Clinton), il secondo mandato accentuerà il confronto/scontro con la Russia di Vladimir Putin. E gli europei non dovranno farsi illusioni: Washington perseguirà con ogni mezzo il tentativo di disintegrare l'Unione europea in quanto entità politica e militare; e in economia ciò significherà ancora attacco all'euro come valuta alternativa al dollaro.
In politica interna, nel suo secondo mandato Bush tenterà di rendere perpetuo il mega sconto fiscale a favore dei miliardari e delle corporations, di privatizzare in parte la Social security (sistema pensionistico, sanità pubblica, assistenza per i poveri e disoccupati): questi obiettivi incontreranno però più resistenze. Ma oltre i trionfalismi di facciata, oggi Bush è prigioniero di un paradosso: si è fatto rieleggere come "comandante in capo" di un paese in guerra. E ora il paese pretende che questa guerra sia vinta, e in particolare che sia vinta la guerra contro l'Iraq. Nonostante la vittoria elettorale, un sondaggio pubblicato ieri dal Los Angeles Times mostra che solo il 39 % degli americani pensa che valesse la pena attaccare l'Iraq (mentre a ottobre lo pensava il 44%). Nonostante le fanfare e i tamburi di stasera, per Bush perciò il vero reinsediamento avverrà tra dieci giorni, il 30 gennaio, quando si voterà in Iraq e si vedrà quale Iraq uscirà, se uscirà, da quel voto.
Se la crisi dovesse acuirsi e precipitare in una guerra civile, a Bush non resterebbe che replicare la tattica del nuovo mandato, la fuga in avanti, e lanciarsi in un'altra guerra preventiva.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …