Giorgio Bocca: Se il globalismo diventa tempesta

25 Febbraio 2005
Hanno ragione gli ottimisti sul futuro del mondo a dare del catastrofista e menagramo a quanti incominciano a nutrire qualche serio dubbio?
Mi è arrivato uno studio di Oscar Marchisio, esperto di economia cinese, sul tema dell'auto e dell'ossido di carbonio, l'auto che corre e il gas che uccide. Non c'è da stare allegri. Dall'attuale parco di 14 milioni di veicoli si passerà ai 150 prevedibili per il 2015. Esagerazioni? Mica tanto. Nel 2004 la crescita dei veicoli è stata del 30 per cento rispetto al 2002 e quella delle auto del 50. Cifre esplosive che ora si vanno assestando, ma sempre a un ritmo infernale. Basti questo dato che ha dell'incredibile: la Volkswagen, che è stata la prima a produrre in Cina; ha venduto ai cinesi nel 2003 680 mila auto, più delle 520 mila vendute in Germania.
Più automobili e più consumo di petrolio: la China national petroleum nel 2004 ha aumentato le importazioni del 15 per cento e l'emissione di ossido di carbonio è salita del 12 per cento, facendo della Cina il maggior inquinatore del mondo.
Ci sarà un risposta innovativa adeguata? Né Marchisio né altri sono in grado oggi di dare una risposta precisa. È il caso di fare alcune osservazioni su questo sviluppo gigantesco e repentino.
Prima osservazione: nessuno lo controlla. La capacità di raffinazione americana è di 17 milioni di barili al giorno, ma la domanda è stata nel 2004 di 23. E questo spiega in parte la guerra dell'Iraq: non è stata fatta solo per il petrolio, ma certamente anche per il petrolio, per la scelta americana di trovare, sfruttare e difendere il petrolio nel resto del mondo. E se in passato la competizione era fra i consumi americani e quelli europei ora sarà anche con quelli cinesi e indiani.
Il mercato globale non è così prevedibile come si era pensato e certamente non è così autoregolato dalla concorrenza come pensano i nuovi conservatori. L'ingresso dirompente della Cina ha cambiato i progetti dei produttori: la Russia, il Venezuela, la Norvegia stanno già adeguandosi alle richieste di questo nuovo e gigantesco cliente, l'aumento del prezzo del greggio ha scosso l'economia mondiale.
I tassi di crescita dell'automobile oggi in Cina e domani in India non solo sono, e saranno, enormi, ma anche molto rapidi.
Il globalismo si sta rivelando una tempesta e non la ricchezza per tutti immaginata dei suoi cantori. Il sol dell'avvenire non è la beneficenza planetaria immaginata dai manager delle grandi corporation, ma una guerra senza esclusione di colpi che spiega la mancanza di raziocinio e i rischi estremi di avventure come quella irachena a cui si dà una sola risposta per nulla convincente, la necessità del profitto incapace di regolarsi.
Deriva da questo tipo di sviluppo fuori di ogni controllo una mutazione che può sembrare antropologica, capace di cambiare l'uomo, di vincere persino l'istinto della sopravvivenza, e la ragionevolezza elementare. Vedi il managerismo senza scrupoli che ha preso il sopravvento nelle grandi aziende da cui il sospetto non infondato che anche l'accordo fra GM e Fiat sia il frutto di trattative redditizie fra manager.
La mancanza di controllo spiega anche l'aumento della criminalità nell'economia, la partecipazione sempre più forte del denaro mafioso nei grandi giri finanziari, la mancanza e l'oscurità delle informazioni, gli scandali incomprensibili perché non confessabili.
Un recente sondaggio di opinione dice che gli italiani guidano il pessimismo mondiale e dai conservatori alla Bush il fatto viene equiparato a una mancanza di coraggio, a una nociva rassegnazione. Ma non sarà il pessimismo di chi conosce il mondo e i suoi inevitabili cicli di follia?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …