Giorgio Bocca: La propaganda e la realtà

07 Marzo 2005
Da quando ci siamo messi a fare le guerre per gli altri, lo stato della nostra conoscenza è una quotidiana accettazione della menzogna o del silenzio, una quotidiana condanna a prendere per vere notizie che sappiamo false o manipolate.
Sappiamo che la verità grossomodo esiste, nelle sue grandi linee, nei suoi grandi dati di fatto e soprattutto nei suoi effetti, come esiste un´etica, uno stile, un buongusto, ma oggi stanno sempre in un luogo irraggiungibile. Si può al massimo rimpiangerli, evocarli, celebrarli fra pianti e sospiri ma non riportarli fra le normalità della vita. Se si tenta di farlo si finisce immediatamente in qualche infame "anti": antiamericano, antidemocratico, antimoderno e da qualche tempo anche antifascista, l´ "anti" che non piace alla maggioranza sdoganata. La morte di Nicola Calipari a Bagdad è solo l´ultimo atto di una storia che parte da lontano. Si è cominciato con la guerra del Golfo. Per sapere come stavano le cose dovevamo accontentarci di ciò che passava il Pentagono. Una strana guerra di finte immagini che venne interrotta nel giorno in cui era vinta, per ragioni non spiegabili perché non confessabili, inerenti al mercato del petrolio. Poi a queste guerre non confessabili abbiamo cominciato a partecipare, a iniziare dalla guerra ai talebani in Afghanistan. Partì per l´Oceano Indiano la nostra flotta, per farci che nessuno ce lo spiegò, e a ragione perché non poteva muoversi di un metro senza il permesso degli americani, aveva una mini-portaerei che pareva una zanzara al confronto delle gigantesse Usa. Finì che un bel giorno la squadra fece ritorno a Taranto e a salutarla c´erano solo i parenti dei marinai. Certo non è facile dire la verità quando la verità è scomoda. Non era facile raccontare che il nostro corpo di spedizione alpino in Afghanistan mandato a caccia di ribelli e di terroristi sulle montagne deserte di Tora Bora dipendeva dagli americani per i trasporti aerei, dai loro magazzini per i rifornimenti e che avevamo come arma migliore un mortaio, arma di rado usata nelle guerre partigiane. Anche gli alpini sono tornati a casa quasi di nascosto perché non c´era nulla da celebrare. È piuttosto deludente, piuttosto umiliante, e perciò poco confessabile ripetere in peggio le già magre figure del fascismo quando per restare qualche mese in più in Libia dovettero arrivare i tedeschi dell’Afrika Korps. Raccontare le cose come stanno nell´Iraq è più che mai impossibile. I nostri tremila soldati non possono uscire dal campo trincerato di Nassiriya. Il governo dice che stanno lì per aiutare la pace e la ricostruzione ma appena gli insorti, come li chiamano, entrano in città arrivano gli aerei americani a bombardare i quartieri civili, alla faccia della ricostruzione. Su tutte le nostre vicende irachene scende una coltre di omissioni. Trattiamo con il nemico insorto per non essere attaccati, per liberare i nostri sequestrati, ma ci sdegniamo se gli americani detestano questo doppio gioco.
Vogliamo fare la guerra ma fingendo che essa sia indolore.
Non abbiamo molta simpatia per Edward Luttwak, esperto dell´arte militare contemporanea, ma quando ci ricorda che in guerra si muore e che i morti per fuoco "amico" sono quasi pari a quelli morti in battaglia ha perfettamente ragione, e sbaglia la nostra abitudine di coprire questa realtà con la retorica, le bandiere, i riti funebri. Di chi è stanco di questa tragica recita dice che è un antiamericano. Un insulto ai millecinquecento americani che ci hanno perso la vita, e una sacrosanta distinzione da una guerra sbagliata, che non ha risolto nessuno dei problemi del Medio Oriente e tutti li ha aggravati. La frase che più è ripetuta fra gli italiani è: "Non ci capisco più niente". Non si capisce perché un governo "del fare" contrario al "giochino della politica" faccia quel che fa a scopi prevalentemente elettorali cioè basati sulla propaganda che è l´arte della menzogna di massa. Che differenza con quel catastrofista di Winston Churchill, che, in tempi difficili, ai suoi diceva: "Posso promettervi solo lacrime e sangue". Alla fine fu il catastrofista a vincere.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …