Giorgio Bocca: Mostro del Circeo. Il male 30 anni dopo

02 Maggio 2005
In una recente intervista Angelo Izzo, il ‟mostro del Circeo”, accusato di aver seviziato e ucciso altre due donne nel Molise, ha così ricordato il suo primo delitto: ‟Era una prassi consolidata nel nostro gruppo stuprare le ragazze. Io avevo ricevuto una proposta da un fratellino, così chiamavamo i camerati compagni di stupri e rapine, che mi propose di uccidere un suo cugino per riscuotere una eredità favolosa”.
Poi Izzo aggiungeva: ‟Ne parlammo tra noi e decidemmo che l´affare si poteva fare. Bastava simulare una rapina di drogati. Ma l´avremmo fatta solo dopo aver incastrato il committente in qualche storia di sangue” Sembra di rileggere una delle memorie dei banditi della Magliana o di via Osoppo o della Volante rossa. Fascisti e comunisti, ma la politica non c´entra, c´entra la delinquenza estrema, la follia o quasi follia di quelli che ce l´hanno dentro dalla nascita. La banalità del male, la semplicità dell´assassinio, ‟se lo uccido non parla più”. E invece c´è sempre qualcuno che parla e chiamalo pure rimorso... Izzo si era fatto ventisei anni di galera, poteva tornar libero fra non molto, il suo ergastolo sarebbe stato cancellato, per la vita era ancora giovane. Ma era segnato e né lui né altri lo hanno previsto. Nell´intervista Angelo Izzo non ha nascosto di essere un dannato, un incorreggibile. ‟Lo stupro non è impotenza. Il dominio assoluto di un altro corpo diventa una droga. Si stupra, si tortura, si uccide per sentirsi padroni del destino degli altri. Ho chiesto perdono alle famiglie delle vittime del Circeo? Per quel che vale ho chiesto perdono in tutte le occasioni. Ma sono parole”. Sono parole sia le condanne che le recriminazioni, resta solo l´orrore. Un orrore totale perché condiviso da chiunque sia uomo, perché tutti siamo parenti della scimmia assassina, l´unico animale al mondo che si diverta a uccidere.
Ascoltare l´Izzo di oggi è come ascoltare gli altri banditi a cui gli onesti hanno domandato se si sono pentiti, se sentono orrore per quello che hanno fatto, ma la risposta è sempre la stessa, un racconto affannoso, una allucinazione, una inutile domanda sul perché si uccide. L´ossessione di delinquere in continuazione era di Izzo come di tutti i grandi delinquenti: ‟Facevamo anche quattro rapine a settimana”. Comunque, ripetuta fino alla noia anche l´illusione che il delitto paghi: ‟Passavamo intere giornate a rifarci il guardaroba, ad acquistare gioielli, a farci scarpe e camicie su misura. E poi macchine sportive, moto giapponesi, Rolex d´oro, locali alla moda, cocaina”. La ripetitività del male. Sempre gli stessi simboli, le stesse pulsioni autolesioniste, sempre lo stesso gioco feroce di guardie e ladri, dove tutti si conoscono, si giustificano e finiscono nello stesso tritume umano. Forse attribuire tutti i delitti alla pazzia è un´autoassoluzione della specie e forse la pazzia fa parte della nostra natura. La stupidità del male si conferma e ha ragione la nostra legge a considerare come aggravanti i futili motivi. L´orrore per la vicenda di Angelo Izzo e delle sue vittime deriva anche dal fatto che non sembra possibile trarne una morale, una qualsiasi lezione. Adesso da ogni parte si recrimina perché uno come lui è stato lasciato libero di ricadere nella tentazione del male come onnipotenza. Ma è una voce nel deserto quella di Donatella Colasanti, la ragazza che si è salvata dal delitto del Circeo: ‟Ma non era in carcere. Perché non era in carcere? Sono anni che chiedevo che Izzo venisse sottoposto a un carcere duro. È incredibile. Adesso i magistrati che lo hanno fatto uscire devono pagare, pagare duramente. Come facevano a considerarlo un collaboratore di giustizia mentre lui continuava a confessare altri delitti? E i giornalisti, tutti giocavano allo scoop facile. Sono sette anni che scrivo al Consiglio superiore della magistratura, ai ministri, ai parlamentari, al presidente della Repubblica, a Gianni Letta. Letta mi ha scritto di tenerlo aggiornato. Ma ora deve intervenire il governo”.
Una come Donatella Colasanti che si salvò perché un vigile urbano di Roma passò vicino all´automobile di Izzo e udì i suoi lamenti, ha buonissime ragioni per essere indignata, ma la soluzione dell´incubo, l´uscita dall´orrore che può apparire a ogni angolo di strada non c´è e non ci sarà, ergastoli e pene di morte sono inutili se quella cosa che chiamiamo follia o tentazione omicida riappare d´improvviso. C´è gente che si chiede ancora se Hitler è davvero cattivo.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …