Giorgio Bocca: Scalata al "Corriere". Ecco gli eroi dall'ago al miliardo

08 Giugno 2005
Chi dovesse scrivere oggi sui "padroni del vapore" si troverebbe di fronte a degli illustri sconosciuti come il Ricucci scalatore della Rizzoli o a personaggi notissimi ma imprevedibili come il presidente di Confindustria Montezemolo, che ha appena lanciato un patriottico appello per la difesa e il rilancio della nostra industria.
Eppure è lecito pensare che i nuovi "padroni del vapore" dell’azienda Italia poco si preoccupano della sua salute e moltissimo invece dei loro buoni affari. Questo, nel bene e nel male, è il capitalismo da quando è nato. Comunque, si tratti di affarismo d’assalto o di grandi manovre industriali, di certo c’è che i fatti e misfatti dell’economia sono incomprensibili alla gente comune e non si capisce perché giornali e televisioni continuino a dedicarvi tempo e pagine che nessun cittadino di cultura normale riesce a capire. Il po’ di chiarezza che esisteva negli anni dell’industria era legato alla corporalità, alla visibilità della medesima. Anche se vi furono i casi dell’industria chimica in Sardegna o in Puglia, che nonostante impianti giganteschi e visibilissimi rimasero misteriosi fin che si seppe che erano delle truffe ai danni dello Stato. Il rapporto fra padroni del vapore e Stato è sempre rimasto ambiguo: i primi servivano lo Stato fin che gli conveniva, ma ne prendevano le distanze se l’interesse comune finiva.
Quando scrivevo la storia dell’Italia nella Seconda guerra mondiale ebbi l’ingenuità di scrivere al professor Valletta per chiedergli come mai la Fiat non fosse riuscita a fabbricare un vero aereo da bombardamento, e lo avesse comperato dai tedeschi, e del pari un carro armato che reggesse il paragone nel mondo. E lui mi rispose cortesemente ma evasivamente che bastava che mi informassi sullo stato dell’industria italiana e sulle nostre risorse. Non era un tradimento aperto dell’industria al regime, era un’industria che si adattava alle pretese infondate del regime producendo in economia e vendendogli la ferraglia.
Ora che la finanza ha sostituito in gran parte l’industria nel nostro capitalismo, capire che cosa stia accadendo è diventato assolutamente impossibile. Prendiamo il caso Ricucci e il suo assalto al Corriere della Sera. Chi fornisce allo sconosciuto Ricucci i soldi per la scalata? La fidanzata del finanziere arrivato dal nulla racconta che è uno che si è fatto da solo cominciando con l’acquisto di un immobile. Questa storia del tipo dall’ago al miliardo, dal condominio all’impero finanziario, ricorre nelle biografie di tutti i nostri superscalatori, da Ligresti a Virgillito a Berlusconi: si fanno prestare un po’di milioni per acquistare l’immobile, lo rivendono al meglio e non li ferma più nessuno. L’unico prezzo che devono pagare è che sono tenuti a dimostrare di avere quattrini in eccedenza comperando ville e barche di dimensioni esagerate. Qual è la misteriosa ragione della scalata di Ricucci? Probabilmente far salire il prezzo delle azioni con l’intento di venderle a qualcuno di quelli che attualmente le controllano. Insomma scalare per conto di uno o più di coloro che ogni giorno proclamano che l’azienda non è in vendita, che anzi è superblindata. Qualcuno magari che agisce per conto di Berlusconi che vuole arrivare alla prossima campagna elettorale con l’artiglieria del ‟Corriere della Sera”? E i vertici del ‟Corriere” cosa dicono? Ogni tanto il panorama della stampa italiana cambia. Ad alcuni immobiliaristi che sono pieni di soldi e amano accomodarsi nei salotti buoni viene una improvvisa vocazione editoriale. Giornali superblindati che per anni hanno resistito alle offerte passano di mano e di schieramento. Per fare che? L’ultima grande battaglia di potere fu negli anni Sessanta, quando l’Eni di Mattei decise di sottrarsi al controllo delle grandi compagnie petrolifere e della Confindustria a esse associata e si fece un giornale, ‟Il Giorno”. L’ultima grande avventura fu quella della Repubblica di Scalfari. Ma furono battaglie in campo aperto, quei giornali furono inventati, una generazione di giornalisti partecipò a quel rischio.
Che cosa significa oggi la scalata di Ricucci? Un colpo di coda del regime al tramonto? Una gigantesca partita di truffa fra vecchi amici? Un colpo di genio di uno speculatore che ha capito la debolezza, la vulnerabilità della proprietà. Una cosa è certa e umiliante: che il magno organo della borghesia lombarda e italiana sia acquistabile da un certo Ricucci, uno che ha fatto i soldi con il commercio delle case a Roma.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …