Giorgio Bocca: Il ritorno di Bossi e del populismo padano

21 Giugno 2005
Sotto questo aspetto il fenomeno leghista sembra avere aperto una strada poi seguita un po´ da tutti, quella del parlare a vanvera, di dire e disdire e soprattutto di attribuirsi dei meriti fantasiosi come salvare l´Italia o stare dalla parte di Abele contro Caino come ha dichiarato il ministro della Giustizia Castelli senza il quale saremmo alla più sfrenata barbarie.
Umberto Bossi ha celebrato il suo ritorno alla vita politica secondo il suo istrionismo egocentrico. È arrivato qui già alla vigilia per far vedere ai fedeli che era davvero risorto anche se con un po´ di raucedine.
E durante la celebrazione è salito, disceso e risalito sul palco togliendo il microfono a tutti quelli che cercavano di parlare, soprattutto per dedicargli delle sviolinate talmente esagerate da apparire di una bambinesca innocenza come quella di Borghezio: ‟L´intervento del Senatur non è stato solo quello di un capo politico ma anche di un capo storico che ci ha richiamato ai nostri doveri e ai fondamenti del nostro impegno politico, un discorso più importante di quello che ci immaginavamo”.
Elogi reciproci, lodi sperticate, e volgarità profonda. ‟L´ho già detto e lo ripeto, l´unica terapia per certa gente è un bel colpo di forbice da giardiniere”, ha detto il ministro delle Riforme Roberto Calderoli a commento di una violenza sessuale. Ma a Pontida non si è mai andati per il sottile, tutti, anche intellettuali come Giuliano Urbani e Giulio Tremonti devono stare al gioco, ritrovarsi nel gazebo dove il capo riceve gli amici assieme alla moglie Manuela Morrone assunta a funzione di ispiratrice politica.
Camicia sportiva a righine verdi, pantaloni scuri, Bossi è apparso felice. Ha parlato due volte: la prima per quindici minuti, la seconda per dieci mescolando i temi delle sue battaglie politiche che per stare tra l´utopia e la smargiassata populista vanno comunque bene. È passato dai toni intimi ai militanti alle affermazioni di fierezza ‟noi siamo sempre gli stessi. Siamo sempre la Lega che ha fede nella famiglia, che vuole la salvezza del popolo e del Paese. Sono venuto per sguainare la spada della libertà che fu di Alberto da Giussano. Padania libera”.
Ma non è più un´eccezione, non è più un tipo strambo, è gran parte dell´attuale classe politica che parla di libertà a ruota libera senza curarsi minimamente di come questa libertà allo stato liquido delle giaculatorie e della retorica sia compatibile con la società di massa, con la rincorsa del profitto à tout prix con le nuove cordate del privilegio.
Si tratta di una politica che non si fa, non si discute ma che si segue.
Dice ancora Calderoli: ‟La Lega va, con Bossi davanti, come sempre”. Dove va la Lega? Non lo sanno meno che mai i suoi dirigenti. Contro l´Europa? Ma sì, non vanno tutti contro l´Europa, non è di moda essere contro l´Europa? Contro la moneta europea, per il ritorno alla lira? È una sciocchezza, una follia, ma nessuno gli vieta di dirlo. Non è questa la politica a cui i cittadini sono stati abituati dal ceto dirigente? Non è questo il Paese in cui i capi di governo e ministri sostengono in pubblico le tesi più assurde e anarcoidi: che non bisogna pagare le tasse, che non sta bene denunciare i ladri, che è da furbi derubare lo Stato e che la somma abilità politica è quella che Bossi e la Lega hanno continuamente praticato, mettersi al servizio dei potenti, negoziare le alleanze al di fuori di ogni principio. Si poteva dire tutto ciò che si voleva oggi a Pontida.
Il ministro Castelli ha toccato tutti i temi del suo cuore, compreso l´elogio della Fallaci, ‟la scrittrice italiana che scrive la verità”, ha parlato di giustizia come coloro che adorano la giustizia spiccia e senza pietà, che ‟getta via la chiave delle prigioni”.
‟Oggi, ha detto, si vuol liberare Caino. Noi stiamo con Calabresi che è Abele. Tutti i poteri forti sono a sostegno del mondo al contrario”. Non ha mai fatto il nome di Sofri. ‟E non è neanche giustizia se c´è una persona che ha ammazzato per legittima difesa e deve subire un calvario senza fine”.
Insomma la giustizia dei forti e dei duri che piacciono alla Lega che invece è la benedizione della nazione ‟sta difendendo l´economia del Paese, della Padania e del Sud”. Che al Sud la pensino diversamente come si è visto nelle recenti elezioni non importa. Lo si può dire, tutto si può dire nelle libere Pontida di Italia.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …