Giorgio Bocca: Populismo leghista. Bossi e la fuga dalla ragione

01 Luglio 2005
La Lega e il suo condottiero Bossi sono tornati a Pontida per farci toccare con mano, vedere con i nostri occhi, che il mostro del populismo è vivo con inesausta voglia di ingoiare la modernità nella barbarie. Per farci capire che il delirio leghista non è una eccezione, ma la regola della politica da noi e a quanto pare nel mondo.
Una Lega esteriormente moderna, motorizzata, fornita di tutte le macchinette che telefonano, registrano, trasmettono, fotografano, stampano ma per pensare il mondo come nel più buio Medioevo, popolato di streghe da bruciare, di eretici da mandare al supplizio, di demoni a cui scampare.
Dite che esageriamo? E allora osservate quanto di insensato, di volgare, di irrazionale ha oggi potestà di manifestarsi che soltanto dieci anni fa taceva, si nascondeva, ai localismi assurdi, ai neofascismi senza senso, alla violenza reazionaria dei difensori della morale, all'anticomunismo senza comunismo, agli incubi anti-islamici, ai risorgenti "pericoli gialli".
Tutto il buon senso, la moderazione, i pentimenti seguiti agli olocausti e alle ignominie dimenticati, disattesi. L'uso della ragione è noioso e la noia può spingere gli uomini a riprovare l'inferno.
I raduni della Lega sono l'amara scoperta che l'uomo è incorreggibile, che la politica che predilige è sempre quella della menzogna, della retorica, del sogno plebeo, del folklore che ama i costumi e le corazze di cartapesta, le spade di legno, i cortei storici.
La tecnica sempre più raffinata sommata alla politica e alla cultura di massa sempre più retrograde, questa è la croce di questo tempo.
Vediamo in pratica che cosa ci ripropone la politica populista, quella che piace a Bossi come a Berlusconi, al ministro Castelli come al suo collega Calderoli. Per cominciare il semplicismo più becero, la giustizia come la galera e il gettar la chiave della galera nel pozzo. Che c'è di meglio per mettere a tacere le angosce di un tempo in cui il confine tra la ragione e la pazzia, fra l'amor di vita e il richiamo di morte, sono così confusi. Che c'è di meglio che la chiave gettata nel pozzo, le maschere di ferro sul volto dei dubbiosi, le scomuniche.
Per il ministro leghista Castelli non esistono dei problemi comuni a tutti, ma dei cordoni sanitari che devono essere ristabiliti fra i sani, i virtuosi del Carroccio, e gli ammalati della sinistra per cui si intendono tutti coloro che non accettano le semplificazioni dell'ignoranza e del pregiudizio.
Ma il meglio della cultura leghista arriva dal ministro odontotecnico Calderoli, che per guarire la sessualità ammalata propone ‟le forbici del giardiniere”, la potatura dei vizi e dei peccati nel più antico e semplice dei modi, zac e la castratura è fatta, tutti soddisfatti e contenti, il castrato e i buoni cittadini protetti.
Abbiamo erroneamente pensato che l'alleanza fra il berlusconismo e la Lega fosse solo una questione di astuzia politica, di mutua assistenza nel potere. Abbiamo immaginato gli incontri serali del sabato fra Bossi e Berlusconi come un confronto un po' rusticano di cinismo politico e non ci riusciva di capire come mai i due sopportassero una così ripugnante frequentazione.
Gli piaceva, erano uniti da affinità elettive, dalla comune voglia di parlare a ruota libera, di superare le difficoltà della convivenza umana ignorandole, di andare oltre la storia senza conoscerla, di predicare a vanvera sulla giustizia e sull'economia, tirando comunque quell'acqua al loro mulino.
L'accoppiata Bossi-Berlusconi non è uno scherzo della politica è un passaggio obbligato della fuga dalla ragione a cui assistiamo da una decina di anni per cui tutti i congressi dei nostri partiti sono un po' dei congressi della Lega dove si possono dire e disdire tutte le sciocchezze che si vogliono.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …