Enrico Franceschini: Attentati a Londra. Allarme continuo

11 Luglio 2005
Mentre la capitale si lecca le ferite e lancia la caccia ai terroristi, una nuova minaccia semina il panico a Birmingham, seconda maggiore città britannica, nell´Inghilterra centrale.
L´allarme scatta all´improvviso, intorno alle nove di sera, nelle vie del centro, piene di folla per il week-end: centinaia di agenti di polizia occupano la zona, ordinando con i megafoni alla popolazione di evacuare immediatamente l´intero quartiere attorno a Lancaster Circus, la piazza principale di Birmingham, elicotteri appaiono in cielo, ambulanze arrivano a sirene spiegate, posti di blocco vengono creati dal nulla. Ristoranti, pub, locali notturni, negozi, si svuotano in pochi minuti, e in una scena reminiscente di quanto accaduto giovedì a Londra comincia una fuga di massa verso i sobborghi: una fuga tuttavia più caotica e terrorizzata di quella dalla capitale, perché in un attimo si formano ingorghi inestricabili e la gente, decine di migliaia di persone, è allora costretta ad abbandonare i veicoli sul posto e a correre a piedi, affannosamente, il più lontano possibile.
Più tardi nell´area si sono avvertite alcune forti esplosioni: forse una o più bombe, scoperte dalla polizia e fatte saltare in aria in modo "controllato", ovvero con tutte le necessarie precauzioni, per eliminare la minaccia, secondo fonti raccolte dalla Bbc. A tarda notte l´allarme non era ancora rientrato. È la prova che il pericolo di ‟nuovi attacchi”, più volte evocato negli ultimi giorni da Scotland Yard, è credibile, basato su precise informazioni. E se questo è vero significa che la paura, per tutta la Gran Bretagna, non soltanto per la capitale, non è finita e forse non finirà sino a quando almeno i membri della cellula che ha colpito Londra non saranno individuati e arrestati.
La minaccia di nuovi attacchi è contenuta anche in una nuova rivendicazione dell´attentato di Londra, giunta ieri mattina su un sito islamico di Internet. Ad attribuirsi l´attacco è un altro gruppo legato ad al Qaeda, le ‟Falangi di Abu Hafs al Masri”, che aveva rivendicato la paternità delle azioni terroristiche di Madrid nel 2004 e di Istanbul nel 2003. Un gruppo sulla cui credibilità esistono molti dubbi, ma che comunque afferma nel suo nuovo comunicato: ‟Effettueremo nuovi e grandiosi atti di jihad contro coloro che hanno dichiarato guerra all´Islam e ai musulmani”. Attendibile o meno, poche ore più tardi il numero tre della polizia di Londra, Andy Trotter, concorda su questo rischio: ‟È perfettamente possibile che i terroristi ci sorprendano di nuovo”. E la ‟sorpresa”, o almeno la tentata sorpresa, è arrivata prontamente, alle nove di sera, nel centro di Birmingham, sebbene il pronto intervento delle forze dell´ordine potrebbe avere scongiurato un´altra tragedia.
La tensione rimane dunque altissima nel Regno Unito, per quanto le autorità cerchino di tranquillizzare il paese, a cominciare dal primo ministro Blair, che ha rivolto un messaggio alla popolazione elogiando la ‟capacità di resistenza” dei londinesi, e dalla regina Elisabetta, che ha inaugurato un monumento ai caduti della Seconda guerra mondiale evocando lo spirito indomito degli inglesi. Giovedì, a sette giorni esatti dal tragico attacco di Londra, la capitale e tutta la Gran Bretagna si fermeranno per osservare due minuti di silenzio, in segno di cordoglio per il lutto sofferto.
Il numero delle vittime, ammette Scotland Yard, salirà quasi certamente ad almeno settanta morti, perché venti corpi, forse più, sono ancora sepolti in un tunnel del metrò dilaniato dall´esplosione, a decine di metri sotto terra, in condizioni insopportabili che complicano le operazioni di recupero: ‟È maledettamente caldo, là sotto”, dicono pompieri e soccorritori. Ventidue dei feriti ancora in ospedale rimangono inoltre in ‟condizioni critiche”. Proseguono le ricerche degli scomparsi, tra cui Benedetta Ciaccia, la giovane donna italiana inclusa nell´elenco dei missing.
Intanto, in una nuova conferenza stampa, la polizia rivela qualcosa di più sulle indagini. Le tre bombe nel metrò, ha reso noto Brian Paddick, vice-capo di Scotland Yard, non sono esplose nello spazio di circa quaranta minuti, come si era creduto finora, bensì nel volgere di ‟cinquanta secondi”: indizio che rafforza la tesi che si trattasse di ordigni a orologeria e che dunque nessun kamikaze abbia partecipato all´attacco. Nel caso dell´autobus, osservano gli investigatori, è possibile che il timer abbia mal funzionato, provocando l´esplosione prima del tempo, e così uccidendo forse anche il terrorista che si preparava a portare la bomba in un´altra stazione del metrò.
Paddick non ha confermato né smentito le indiscrezioni della stampa inglese secondo cui la polizia ha chiesto l´emissione di un mandato di cattura internazionale contro Mohammed al Gerbuzi, un marocchino che ha vissuto a lungo a Londra, vicino agli ambienti dei fondamentalisti islamici più estremisti, sospettato di essere coinvolto nell´attentato dello scorso anno a Madrid. Lo stesso Gerbuzi ha tuttavia negato qualsiasi suo ruolo nel terrorismo, dicendo che nessuno gli sta dando la caccia: ‟Non mi nascondo affatto”, ha dichiarato in una telefonata a un´agenzia di stampa, ‟non sono ricercato, la polizia sa benissimo dove abito.
In questo sabato in cui Londra ha rivisto finalmente il sole e cercato di ritrovare se stessa, per tornare da lunedì alla normalità, si è registrato un falso allarme per un pacco sospetto su un bus a Russell Square e un incidente più grave a Birknhead, nel nord-est dell´Inghilterra, dove ignoti hanno cercato di bruciare la moschea cittadina. L´incendio è stato spento rapidamente. ‟Non abbiamo nulla a che fare con i codardi che hanno attaccato Londra”, ha commentato l´imam locale, e la polizia ha espresso preoccupazione per il primo apparente tentativo di vendetta, il primo episodio di "caccia al musulmano". Come che sia, tra i due milioni di musulmani di Gran Bretagna c´è fermento. ‟I terroristi, dall´11 settembre in poi, sono emersi tra noi islamici”, ha scritto ieri al Hayat, autorevole quotidiano arabo stampato a Londra, ‟e perciò dobbiamo essere noi islamici a guidare la lotta contro il terrorismo”.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …