Enrico Franceschini: La guerra al terrore di Blair

12 Luglio 2005

Un paese da sempre capace di ‟trionfare sulle avversità” e ora unito nella determinazione a ‟sconfiggere il terrorismo”: questa è la Gran Bretagna per Tony Blair, nel giorno in cui a Londra milioni di pendolari tornano a salire su bus e metrò per andare al lavoro, restituendo alla capitale perlomeno una parvenza di normalità dopo il trauma dell´attentato. ‟I terroristi possono ammazzare, ma non potranno mai distruggere il nostro stile di vita, la nostra capacità di resistenza, il nostro amore per la libertà”, afferma il primo ministro in un discorso alla camera dei Comuni, promettendo poi, con un cipiglio alla Churchill: ‟Perseguiremo i responsabili di questo attacco mostruoso e ripugnante, non soltanto gli esecutori ma pure i loro mandanti, dovunque essi si trovino, non avremo pace finché non li avremo identificati e ottenuto giustizia”. E ancora, rivolto alla comunità musulmana britannica: ‟Eravamo fieri del vostro contributo fino a giovedì scorso, e lo siamo anche oggi. Tutti sanno che nella stragrande maggioranza siete al nostro fianco nel condannare questo barbaro omicidio di massa. Il fanatismo non è una religione, è uno stato d´animo. Insieme, lotteremo per difendere il vero volto dell´Islam”.
L´opposizione applaude, non ci sono polemiche su presunti errori dei servizi segreti, nell´aula del più antico parlamento del mondo va in scena ancora una volta il Regno Unito al suo meglio, come abbiamo visto praticamente in ogni circostanza in questi drammatici giorni. La minaccia, tuttavia, rimane nell´aria.
Le autorità hanno alzato lo stato di allerta al livello più alto mai raggiunto, severe specific: significa che possiedono specifiche informazioni di intelligence su un preciso complotto terroristico. Peccato che l´allerta, un mese prima dell´attentato, fosse stata abbassata al livello più basso dall´11 settembre 2001.
Comunque sia vuol dire che, quando il ministro degli Interni e il capo della polizia dicono che se i terroristi di giovedì scorso non verranno presi ‟possono colpire ancora”, non si limitano a mettere le mani avanti né parlano di un pericolo generico: apparentemente sanno qualcosa che non possono rivelare all´opinione pubblica. Qualcosa di spaventoso, sebbene gli inglesi stiano dimostrando di saper convivere con la paura.
Del resto, vi si imbattono di continuo. Altri tre allarmi hanno paralizzato ieri per qualche ora il centro della città: il primo a Whitehall, la cittadella del potere, quando un pacco sospetto ritrovato nella stazione della metropolitana di Westminster ha provocato la temporanea evacuazione della zona, con centinaia di impiegati che uscivano dai ministeri e un autobus svuotato di passeggeri, proprio davanti a Downing street. Il secondo a King´s Cross, la stessa stazione del metrò teatro di una delle esplosioni di giovedì, il terzo sullo Strand. In tutti i casi, era un falso allarme: ma è comprensibile che la polizia non voglia correre il minimo rischio, dopo quello che è accaduto a causa di quattro zainetti abbandonati, la settimana scorsa.
Ciononostante, i bus di Londra hanno ripreso a trasportare i loro sei milioni di passeggeri al giorno e il metrò, a dispetto di quattro linee ancora sospese, altri tre milioni: tra i quali il sindaco, Ken Livingstone, che lo ha preso come tutte le mattine feriali, per andare al lavoro (unica differenza: stavolta era accompagnato da telecamere e cronisti). Riprendono anche, gradualmente, gli affari: nel giovedì dell´attentato il consumo al dettaglio in città era calato del 77 per cento rispetto al medesimo giorno dell´anno precedente, venerdì il calo è stato del 26 per cento, nel week-end del 21, ieri ha sfiorato la norma. Tra gli acquisti, è il caso di rilevare, sono quadruplicati quelli di biciclette: parecchia gente, dovendo convivere con la paura per recarsi al lavoro, preferisce evidentemente conviverci in sella a due ruote anziché su un bus o un metrò, se la distanza lo consente.
La polizia continua a mantenere un´alta visibilità e a vigilare. Davanti ai quattro luoghi colpiti dalle bombe continuano ad accumularsi fiori e foto di ‟scomparsi”. Il governo ha resi noti ieri soltanto i primi due nomi di vittime dell´attacco, Susan Levy, 53 anni, ebrea, e Gladys Wundowa, 42 anni, caraibica. Per gli altri bisognerà aspettare, l´identificazione dei resti è più difficile del previsto. Il numero ufficiale dei morti è salito a 52; Blair, nella sua orazione ai Comuni, ha osservato di sfuggita che psicologi stanno offrendo conforto a ‟74 famiglie”; la polizia, mentre ancora si scava sotto terra in una carrozza del metrò dilaniata da una bomba, indica che alla fine le vittime ‟non arriveranno a tre cifre”, ovvero non supereranno i 100.
I tre sospetti terroristi arrestati domenica a Heathrow, intanto, sono già stati rilasciati. Un giornale, l´Independent, scrive che Scotland Yard ha una lista di trenta membri di al Qaeda possibilmente coinvolti nell´attacco a Londra e sta dando loro la caccia. Indizi preziosi potrebbero venire dal bus numero 30 saltato in aria a Tavistock Square: pare che gli investigatori abbiano trovato una testa mozzata, la triste esperienza israeliana insegna che è solitamente quella del terrorista che ha esplosivo sotto i vestiti o in una borsa in grembo, perché solo da vicino la forza dello scoppio può staccarla dal tronco (ma potrebbe essere di un passeggero che ha raccolto la borsa). Da qualche tempo, quasi tutti i bus londinesi sono dotati di una telecamera a circuito chiuso: quella del numero 30, purtroppo, era guasta. Da un mese: si erano dimenticati di ripararla.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …