Marco D'Eramo: Insostenibile Bush

17 Febbraio 2006
Persino le Nazioni Unite chiedono ora l'immediata chiusura della prigione di Guantanamo e la liberazione dei prigionieri ivi rinchiusi, a meno che non siano subito processati secondo i criteri internazionali di legalità. Eppure l'Onu è celebre per il suo tatto nel blandire le suscettibilità delle superpotenze che compongono il suo Consiglio di sicurezza e pagano il lauto stipendio dei suoi funzionari. Se perciò i cinque ispettori della Commissione sui Diritti Umani hanno stilato uno schiacciante atto d'accusa nei confronti del governo statunitense, deve essere davvero spudorata la violazione di ogni diritto delle genti che da quattro anni (i primi detenuti vi furono deportati nel gennaio 2002) è perpetrata in questa baia sud-orientale di Cuba. Secondo il rapporto Onu, nei confronti dei malcapitati prigionieri il ramo esecutivo dello stato Usa si arroga il diritto di agire ‟come giudice, pubblica accusa e collegio di difesa tutto in una volta, e viola così il diritto a un processo equo”; tenta di ridefinire la tortura in modo tale da permettere tecniche d'interrogatorio ‟che non sono consentite dalla definizione internazionalmente accettata della tortura”; pratica ‟condizioni di detenzione indeterminata e isolamento prolungato che costituiscono un trattamento inumano”, e così di seguito.
Nessuna di queste accuse è nuova. Inedito invece è il tono duro che contrasta con l'usuale bilancino linguistico, esercizio da sempre prediletto nel Palazzo di Vetro. Vuol dire che lo scandalo di Guantanamo è divento insostenibile anche per la più tartufesca burocrazia internazionale (per pura coincidenza il rapporto è stato divulgato subito dopo la pubblicazione di nuove foto sugli orrori di Abu Ghraib). D'altronde, la chiusura di questa galera l'ha chiesta di persona a George Bush persino un'ultraliberista filoamericana come la neo-premier tedesca Angela Merkel durante la sua prima visita ufficiale a Washington.
Certo, come previsto, la raccomandazione Onu ha già avuto la stessa sorte della richiesta Merkel: è finita nel cestino e la Casa bianca l'ha respinta. Non solo, ma - facile profezia - accrescerà la diffidenza della destra Usa nei confronti delle Nazioni unite.
Il fatto è che per la coscienza pubblica statunitense questa base militare convertita in campo di concentramento è solo una fastidiosa sgradevolezza, che gli stranieri hanno la malevola tendenza a sbatterti in faccia o ogni piè sospinto. Appena nomini Guantanamo, nel volto dei tuoi interlocutori Usa, anche di sinistra, trapela un'insofferenza fatalista (‟Eh ...sì...”), un po' come quando a noi chiedono delle volgarità di Silvio Berlusconi. Siamo stati tutti mitridatizzati: gli Usa possono rapire cittadini stranieri a Milano o a Londra per farli seviziare in Romania o in Egitto; possono torturare prigionieri in Iraq e in Afghanistan, lanciare bombe al fosforo contro civili, detenere in condizioni inumane senza processo per più di 4 anni più di 500 prigionieri (di cui solo l'8% riconducibile ad Al Qaida), possono spiare i propri cittadini senza autorizzazione giudiziaria. Eppure... Eppure si proclamano paladini della legalità internazionale, vessilliferi della democrazia (dipende però da chi viene eletto), assemblano tribunali in cui giudicare l'universo mondo. Ma questo mondo cambia. Chi dieci anni fa avesse stigmatizzato tali pratiche, sarebbe stato tacciato di antiamericanismo viscerale: oggi invece. Bisogna riconoscerlo a Bush: è riuscito a rinsaldare almeno una ‟coalizione delle volontà”, quella contro di sé persino nell'equilibrista diplomazia Onu.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …

La cattura

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di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia