Enrico Franceschini: Londra, inchiesta sulla Jowell

01 Marzo 2006
Il governo britannico ha aperto un’inchiesta sul ministro della Cultura, Tessa Jowell, per appurare se la signora ha violato le norme sul conflitto d’interessi dei funzionari pubblici nell’ambito dei rapporti tra suo marito, l’avvocato d’affari David Mills, e Silvio Berlusconi. Ufficialmente, Tony Blair continua a difendere la Jowell, uno dei suoi più importanti alleati nel governo e nel partito laburista: ‟Ho detto che ho piena fiducia in lei e lo ripeto”, ha risposto ieri seccato il primo ministro alle domande dei giornalisti. Ma non sarebbe la prima volta che Blair esprime ostinatamente solidarietà a uno stretto collaboratore per poi accettarne con indifferenza le dimissioni quando la sua posizione diventa problematica, imbarazzante o insostenibile. Di certo c’è che, col moltiplicarsi delle notizie sulla stampa britannica sulle indagini della Procura di Milano su Mills per presunte bustarelle passategli da Berlusconi in cambio di falsa testimonianza ai processi contro Mediaset, e soprattutto dopo lo scoop di tre giorni fa del ‟Sunday Times” che ha implicato direttamente anche la Jowell nella vicenda, il premier si è convinto a dare via libera all’inchiesta interna, affidata al segretario di gabinetto Gus O’Donnell, in pratica il responsabile del funzionamento burocratico del governo britannico. Lo scopo è stabilire se il ministro della Cultura ha violato il codice ministeriale che regolamenta il comportamento dei membri del governo e dei loro familiari più stretti, a cominciare dai coniugi.
La notizia dell’apertura dell’inchiesta occupava ieri le prime pagine del ‟Financial Times”, del ‟Telegraph” e del ‟Guardian”, i più autorevoli giornali nazionali, con titoli molto simili: ‟Jowell sotto pressione”, ‟Il ministro della Cultura non riesce a respingere le accuse di corruzione”, ‟L’incarico della Jowell a rischio per una bustarella”. Naturalmente la Procura di Milano non ha messo sotto inchiesta lei, e in nessun tribunale passerebbe facilmente il principio che la responsabilità penale di un coniuge pesa sull’altro coniuge. Ma per il Codice ministeriale, viceversa, la posizione della Jowell potrebbe essere già pesantemente compromessa. Suddiviso in ‟sette comandamenti” (altruismo, integrità, obiettività, responsabilità, trasparenza, onestà e leadership), il Codice obbliga un ministro a dichiarare al segretario di gabinetto ogni possibile conflitto d’interessi, affinché questi possa valutare insieme al premier se il conflitto esiste e se il ministro può continuare a fare il suo lavoro.
I conflitti d’interessi non coprono soltanto le attività del ministro, ma pure quelle del suo coniuge. Ogni prestito bancario, richiesto per qualsiasi ragione, per esempio, secondo il Codice va dichiarato al segretario di gabinetto. Lo fece, la Jowell, quando aprì un’ipoteca sulla propria casa, mettendo una firma, come dice lei, soltanto ‟perché mio marito me lo ha chiesto e io non gliene chiesi il motivo”? Quella ipoteca fu poi stranamente ripagata dopo appena 19 giorni, grazie a un complicato giro di operazioni finanziarie che secondo i giudici di Milano miravano per l’appunto a nascondere l’origine del ‟regalo” di Berlusconi a Mills. Che cosa disse, in proposito, Mills alla moglie? Perché la coppia accese mutui e ipoteche a ripetizione sui medesimi immobili? Ci furono mai regali o favori da parte di Berlusconi verso di loro?
Sono alcune delle domande che ieri i giornali ponevano al ministro, e a cui il ministro sarà chiamato presto a rispondere nell’ambito dell’inchiesta del segretario di gabinetto. L’esito dell’inchiesta non è scontato, ma i giornali dubitano che la Jowell possa sopravvivere politicamente. Perché con l’etica non si scherza, perlomeno qui in Gran Bretagna.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …