Enrico Franceschini: L’allarme dell’Onu. "Stanno scomparendo i fiumi"

13 Marzo 2006
‟Laudato sii, mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile, umile, preziosa e casta”, declamava San Francesco nel "Cantico delle creature", ma oggi le arterie che trasportano questa linfa vitale si stanno inesorabilmente prosciugando. Più di metà dei cinquecento maggiori fiumi della terra sono parzialmente o completamente in secca, spesso ridotti a poco più di un rigagnolo: dal Giordano del battesimo di Gesù al Colorado che attraversa le Montagne Rocciose, dal Fiume Giallo in Cina al Rio Grande lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, dal Nilo al Rio delle Amazzoni, le grande vie d’acqua del nostro pianeta sono ‟un disastro in procinto di compiersi”, in alcuni casi incapaci di fare arrivare una sola goccia fino al mare; e un quinto di tutte le specie di pesci d’acqua dolce è estinto o rischia l’estinzione.
A lanciare l’allarme è un rapporto triennale delle Nazioni Unite sullo stato dei fiumi e dei laghi, che sarà reso noto giovedì a una conferenza internazionale a Città del Messico ed è stato anticipato ieri dal quotidiano ‟Independent” di Londra. ‟Le mappe degli atlanti non riproducono più la realtà”, afferma lo studio dell’Onu. ‟Le vecchie lezioni di geografia, secondo cui i fiumi emergono dalle montagne, raccolgono acqua dagli affluenti e infine si gettano negli oceani, sono diventate una fantasia”.
Il rapporto individua tre cause principali per il fenomeno: l’inquinamento, l’effetto serra e il crescente utilizzo delle acque dei fiumi per uso agricolo o urbano, in particolare attraverso la costruzione di dighe. Negli scorsi cinquant’anni il mondo ha eretto mediamente due gigantesche barriere artificiali di questo tipo al giorno. Ora 45mila dighe rallentano o bloccano i corsi d’acqua terrestri: ‟Un intervento che ha profondamente cambiato l’ordine naturale delle cose sul nostro pianeta”, osserva il documento del palazzo di vetro. ‟L’umanità ha intrapreso un immenso progetto di ingegneria ecologica, con scarsa o nessuna preoccupazione per le conseguenze. Ci siamo permesso di ridisegnare e imporre un nuovo ordine al sistema planetario naturale, un sistema che si era costituito nel corso di milioni e milioni di anni”. Le dighe disperdono un’enorme quantità d’acqua: nelle regione più calde, per esempio, il dieci per cento delle riserve acquifere evapora ogni anno. Molta più acqua va perduta per l’irrigazione dei campi. Se a questo si aggiunge il surriscaldamento delle terra, le dimensioni della crisi diventano spaventose.
I casi citati dal rapporto sono impressionanti. Il delta del Colorado, un tempo popolato da 400 diverse specie animali, dai giaguari ai castori ai più piccoli delfini delle terra, e fonte di sostegno per le popolazioni locali grazie alla pesca, è adesso un deserto di sabbia e conchiglie: nemmeno una goccia del glorioso fiume che col suo possente corso disegnò il Grand Canyon raggiunge oggi il mare. È stato letteralmente prosciugato dalla sete di città come Tucson, in Arizona, sfruttato per alimentare le fontane di Las Vegas, deviato per irrigare campi da golf e zone agricole.
Stessa storia per il Rio Grande, che non solo non riesce più a fare arrivare la sua acqua al mare ma scompare a metà del suo corso: gli atlanti continuano a indicarlo come uno dei venti fiumi più lunghi del mondo, mentre la verità è che si ferma dopo appena 1.300 chilometri, all’altezza di El Paso, la città del Texas che lo priva di tutta la sua acqua. In Cina, il Fiume Giallo, quinto fiume più lungo del pianeta, è in difficoltà su due lati: la sua sorgente sulle montagne del Tibet si sta seccando perché i ghiacciai si ritirano, e il suo delta è così in secca che negli ultimi trentacinque anni ha raramente portato acqua al mare. In Medio Oriente, il Giordano, fiume sacro a cristiani, ebrei e musulmani, non riflette più la Bibbia che lo descrive come ‟ampio e profondo”: finisce praticamente nel lago di Tiberiade, in Galilea, da dove le sue acque vengono dirottate dai lavori dell’ingegneria israeliana verso Gerusalemme e Tel Aviv. In era biblica trasportava un miliardo di metri cubici d’acqua all’anno, ora non arriva neanche a un decimo. Idem il Nilo, in Egitto, che trasportava trentadue miliardi di metri cubi d’acqua l’anno, attualmente ridotti a due miliardi. In Pakistan, nell’ultimo mezzo secolo l’Indo ha perso il 90 per cento delle sue acque. In Europa, l’Elba è così spesso in secca che non lo si può navigare per mesi di seguito e tre anni fa il traffico fluviale si arrestò quasi completamente sul Reno.
La ‟morte dei fiumi del mondo”, come titolava ieri in prima pagina il ‟Sunday Independent”, sarà resa ancora più rapida dal continuo surriscaldamento della terra, conclude il rapporto: il deserto di sabbia del Colorado è un’anticipazione di quello che il futuro riserva a tutte le grandi vie d’acqua. Molta acqua è passata sotto i ponti da quando Francesco lodava il Signore; e un giorno potrebbe non passarne più per niente.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …