Gianfranco Bettin: Petrolchimico. Quegli operai non erano fantasmi

22 Maggio 2006
Dunque non erano fantasmi. Non lo erano gli operai di Porto Marghera morti per l’esposizione a cloruro di vinile monomero (cvm). E non lo erano i responsabili di questa grande tragedia sociale e ambientale, cioè i vertici delle industrie chimiche insediate sul bordo della laguna di Venezia. La Corte di Cassazione ha infatti confermato le condanne loro inflitte al processo d’appello, celebratosi a Mestre e conclusosi nel dicembre del 2004. L’appello aveva rovesciato la sentenza che, due anni prima, il 2 novembre 2002, dopo un processo durato anni, aveva mandato assolti quegli stessi vertici con la sostanziale motivazione che, all’epoca dei fatti contestati, dapprima non ci sarebbero state leggi da rispettare per tutelare lavoratori e ambiente e, in secondo luogo, quando le norme sono state approvate, le industrie le avrebbero osservate.
Il verdetto finale della Corte di Cassazione rende così giustizia ai morti e agli ammalati, e alle loro famiglie. E rende giustizia a Gabriele Bortolozzo, l’operaio autodidatta del Petrolchimico che aveva raccolto per anni materiali e testimonianze sulla sorte dolorosa toccata a quasi tutti i suoi compagni di lavoro. Gabriele, scomparso nel 1995, aveva infine trovato in Felice Casson un pubblico ministero capace di ascoltarlo e di fare del suo materiale la base per una indagine vastissima sfociata nella sconfitta al processo di primo grado e poi nel vittorioso ricorso in appello, ora confermato in via definitiva.
‟I miei compagni morti non sono / mai esistiti / sono svaniti nel nulla”, aveva scritto desolatamente dopo la prima sentenza il poeta operaio Ferruccio Brugnaro. Ma aveva fieramente aggiunto: ‟Nessun padrone / nessun tribunale / potrà mai recingerci / di un così grande / infame silenzio”. E così è stato. La lezione di Bortolozzo, e la sfida di Casson (cioè della magistratura che agisce davvero ‟in nome del popolo italiano”), hanno nutrito una più forte e ampia coscienza, che il processo e la discussione che lo ha accompagnato hanno contribuito a formare storicamente e culturalmente. Una coscienza che ha trovato nuovo alimento nello stillicidio di incidenti continuato a Marghera e soprattutto nel gravissimo incidente del 28 novembre 2002 alla Dow Chemical, che ha fatto correre il rischio di una catastrofe interessando impianti e depositi di fosgene. Marghera, infatti, è uno dei pochissimi posti al mondo in cui enormi quantità di questa sostanza micidiale sono ancora lavorate e stoccate a ridosso di un grande centro abitato, oltre che di antiche meraviglie come la laguna e il centro storico di Venezia.
Da questa nuova spinta è nata nel 2002 l’Assemblea permanente dei cittadini contro il rischio chimico che, oltre a mille altre iniziative, ha di recente promosso un referendum comunale per chiedere la chiusura del ciclo del cloro (che occupa circa 500 addetti, facilmente ricollocabili, sui circa 2500 dell’intero polo chimico, mentre sono 12 mila circa quelli dell’intero polo industriale). Il clamoroso successo della raccolta di firme ha preoccupato non poco il partito trasversale che difende lo status quo, cioè una chimica perdente, che anno dopo anno chiude reparti e riduce gli addetti, mentre diventa sempre più insicura per gli incidenti e deleteria per le emissioni in acqua, aria e suolo. Così, a partire da un parere espresso dal ministero degli Interni, secondo il quale questo referendum, ancorché consultivo, non potrebbe tenersi perchè la materia (il ciclo del cloro: il quesito proposto chiede ai cittadini se è il caso di tenerlo aperto o no) non sarebbe ‟di esclusiva competenza comunale”, l’amministrazione ha sostituito il referendum con una consultazione tramite questionario che coinvolgerà nel prossimo mese di giugno l’intero corpo elettorale del Comune di Venezia, utilizzando il sistema del voto degli italiani all’estero (inviando cioè le schede a casa di tutti, con una busta pre-affrancata per la risposta da rispedire al Comune). Per la prima volta, così, la città, sia pure in questa forma sperimentale, potrà esprimersi su un problema che ne condiziona la vita da oltre mezzo secolo.
La magistratura, sia pure con ritardo (che ha provocato fin troppe prescrizioni), ha detto una parola definitiva sulle responsabilità del passato. Ora la città intera – con le istituzioni e con la politica - dovrà assumersi la responsabilità di decidere sul proprio futuro.

Petrolkiller di Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese

Il 2 novembre 2001 il Tribunale di Venezia ha pronunciato una sentenza di assoluzione per i ventotto imputati del processo sul Petrolchimico di Porto Marghera. L'indagine del pm Felice Casson era iniziata nel 1994, sulla base delle denunce dell'operaio Gabriele Bortolozzo. Sul banco degli imputati …