Gabriele Romagnoli: Virtù, fortuna o divina provvidenza. I capolavori nati dall'attimo fuggente

27 Giugno 2006
Il dibattito è di stampo filosofico: determinismo o dittatura del caso? Con sfumature teologiche: esiste un libero arbitrio o tutto rientra in un disegno della divina provvidenza? Ovvero il "golazo" di Maxi Rodriguez e "the shot in the dark" (lo sparo nel buio) di Joe Cole, fin qui due dei gol più spettacolari dei Mondiali, sono stati cercati con preparazione o trovati in modo fortuito? Alla prima scuola di pensiero si iscrive l’inglese. Premette: ‟Mi dicono tutti che non rifarò un gol del genere finché avrò un buco tra le natiche. Può darsi, ma io mi alleno da anni per provarci, dovevo riuscirci prima o poi”. Alla seconda l’argentino. Ammette: ‟E’stata una rete da sogno, non pensavo neanche di tirare. Botte del genere o finiscono in tribuna o in porta. Dipende dal destino”. La verità è che uno può esercitarsi a tirare le punizioni: il gioco è fermo, la barriera schierata a una distanza prefissata, il portiere piazzato nei pressi dell’altro palo. Tutto è riproducibile e, avendo in partenza le doti di Beckham, con l’esercizio si può arrivare a centrare la porta del’Ecuador al momento giusto. Ma una palla come quella piovuta dal cielo sul petto di Maxi Rodriguez e di Joe Cole (cambiano i vertici dell’area, ma le azioni sono simili), davanti a difese disposte come capita, con il portiere che vede tutto, i riflettori della notturna in faccia, uno mica si allena per buttarla dentro. Lo dice Maxi: ‟O in porta o in tribuna”. Molto più spesso, la seconda che ha detto. Del Piero, nei filmati d’archivio, segnava spesso dal vertice sinistro dell’area, anche se non al volo. Raccontava che restava in campo quando gli altri se ne andavano e legava una bandana all’incrocio dei pali, poi prendeva la mira, dozzine di volte. Per un po’hanno funzionato la determinazione e il determinismo, poi c’è stata molta gente in curva che è tornata a casa con il pallone autografato dal suo piede. E il dibattito torna al punto di partenza. La palla, rimbalzata sul petto di Maxi e Joe, ricade e c’è quell’istante sospeso in cui un uomo deve decidere che cosa fare: sparare o lasciarla ricadere. La scelta del termine "sparare" non è casuale. Quello stesso momento è alla base di decisioni ben più gravi. A voler prendere per buona la versione ufficiale, un marine a un posto di blocco in Iraq ha lo stesso tempo a disposizione per valutare se l’auto che gli viene incontro a gran velocità trasporta un kamikaze o un ostaggio rilasciato. Il suo sbaglio è mortale. Quello del calciatore, trascurabile. In fondo, se quei due avessero tirato tra la folla l’azione sarebbe stata dimenticata un minuto dopo. Ma in quell’istante è davvero dato intravedere la strada che conduce al miracolo? Esiste un istinto per questo tipo di cose? Si sostiene che i grandi calciatori vedono uno spiraglio che noi vediamo solo dalla tribuna e c’infilano la palla. I campioni invece la mettono dove lo spiraglio non c’è. Poiché non possono vederlo, che cosa gli fa pensare che esista? Evitando di tirare in ballo la fede, consideriamo un più terreno aneddoto raccontato da Malcolm Gladwell nel libro "Blink- In un batter di ciglia". Il Getty Museum acquisì una statua, reputata originale da tutti i suoi esperti. Federico Zeri entrò nella stanza e disse: ‟Mi dispiace per voi. E’un falso”. In un secondo. Da che cosa lo capì? Non lo sapeva neppure lui. Anni d’esperienza avevano depositato nel suo inconscio una sapienza senza uno spiegabile fondamento, tuttavia esatta. Nel calciatore diventa consapevolezza di una traiettoria. La caviglia vibra e ha già in quel movimento l’anticipazione del percorso della palla, dal collo del piede all’incrocio dei pali. Non importa che sia eredità di precedenti azioni riuscite. Rispondeva Michael Jordan a chi gli chiedeva come era diventato il più grande cestista di tutti i tempi: ‟Ho sbagliato novemila tiri”. A 9001 cominci a metterla dentro a occhi chiusi. Almeno una volta. Se sei fortunato.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …