Gian Antonio Stella: Napoli “irrecuperabile”? Chiedetelo a Leopardi e a papa Clemente XII

09 Novembre 2006
Clemente XII, nella Napoli di oggi, si sarebbe leccato le dita. Se nel capoluogo campano e nella sua provincia sono in allarme, giustamente, per i 75 omicidi da gennaio ad oggi (media annuale un delitto ogni 33.466 abitanti), cosa avrebbe dovuto dire lui? Sotto il suo pontificato (1758-1769), racconta Gaetano Moroni, autore di un dizionario storico-ecclesiastico in 109 volumi, vennero registrati nella sola Roma 4 mila omicidi. Fatti i conti, dato che la città aveva allora circa 160.000 abitanti ed era infestata in media da 363 omicidi l’anno, c’era un delitto ogni 441 anime. Media 75 volte più spaventosa di quella partenopea di oggi. Dirà qualcuno: i numeri di un barbiere! Certo, Moroni quello faceva, prima di darsi alla cronaca: il ragazzo-spazzola. Ma i numeri non sono poi così abissalmente diversi da quelli riportati da Silvio Negro in ‟Seconda Roma”. Dove scriveva che dal 1850 al 1852, quando la città aveva ancora più o meno la stessa popolazione, furono contati 247 omicidi in due anni. Fate i calcoli: un ammazzato l’anno ogni 1.290 abitanti. Direte: la Roma del Papa Re! Val la pena dunque di rileggere ciò che Giacomo Leopardi scriveva al padre e alla sorella Paolina del suo soggiorno nel 1826 a Bologna: ‟Ho preso il partito di non andar mai di notte se non per le strade e i luoghi più frequentati. Ho cura di portar sempre denaro addosso perché l’usanza è che se non ti trovano denaro, vi ammazzano senza complimenti”. Esattamente quello che fanno oggi i newyorchesi se proprio devono attraversare di notte il Central Park. Questa era l’Italia di una volta. Un Paese che, a dispetto di chi strilla oggi che ‟mai si era visto prima tanto sangue” (magari associando la violenza all’‟nvasione di albanesi e marocchini”) era molto più violento di oggi. Dicono le statistiche che nel 1881 c’erano in Italia 16,8 omicidi l’anno ogni 100 mila abitanti. Una quota che si impennava a 22,7 nel distretto giudiziario di Catania, a 23,6 in quello dell’Aquila, a 27,2 in quello di Napoli, a 31,2 in quello di Catanzaro, a 32,5 in quello di Cagliari e a un terrificante 46,9 in quello di Palermo. Una media che, fatti i rapporti con la popolazione attuale, ci farebbe assistere oggi, da Vipiteno a Lampedusa, a 9.593 omicidi l’anno. Ne abbiamo avuti mediamente, dal 2001 in qua, 685: 14 volte di meno. Per non parlare delle svolte radicali fatte segnare da qualche regione, su tutte la Sardegna. Dove, ogni centomila abitanti, il numero dei morti ammazzati è sceso in un secolo da 32,5 a 1,9. Insomma: dire che certe città sono ‟irrecuperabili”, come si è letto in questi giorni a proposito di Napoli, ormai condannata a una deriva inarrestabile, non è solo una pugnalata a chi ci prova, a mettere un freno alla violenza: è una stupidaggine. E non solo perché la capitale campana aveva registrato momenti peggiori: 284 omicidi nel 1982, 258 nel 1991 o 134 nel 2004. La storia ha dimostrato che le svolte possono essere radicali. E anche rapide, se hai la volontà, il coraggio, la forza di scelte dure. Ma ve li ricordate, i numeri di New York di pochi anni fa? Nel ‘67 gli omicidi erano stati 746, nel ‘77 erano saliti a 1.557, nel 1987 si erano impennati a 1.691. Fatti i conti, uno ogni 8.279 abitanti. Una situazione molto più cancerosa di quella napoletana di oggi. Eppure, dieci anni dopo, il numero dei delitti era sceso a 707 per scendere e scendere e scendere ancora fino a precipitare intorno alla incredibile ‟quota 100” mai registrata dal 1937. Tutto merito di Rudolph Giuliani e della sua ‟tolleranza zero”? Forse no, forse non tutto. Ma certo la prima multa al pedone che attraversava col rosso, primo atto di una guerra totale all’illegalità, ebbe il suo peso. C’è qualcuno disposto finalmente a fermare, sequestrare e ridurre a un cubo di lamiera le macchine che passano sulle corsie preferenziali napoletane?

Gian Antonio Stella

Gian Antonio Stella è inviato ed editorialista del “Corriere della Sera”. Tra i suoi libri Schei, L’Orda, Negri, froci, giudei & co. e i romanzi Il Maestro magro, La bambina, …