Enrico Franceschini: Così l’Inghilterra protegge i suoi santuari della musica

07 Febbraio 2007
Ci sono voluti cinquant’anni, ma finalmente la Gran Bretagna si è resa conto di avere un tesoro non ancora sfruttato a sufficienza tra i suoi monumenti nazionali: il rock. O meglio la storia del rock, o per essere più precisi i luoghi in cui è stata fatta la rivoluzione musicale che nell’ultimo mezzo secolo, partendo da quest’isola, ha contagiato mezzo mondo. E così Visit Britain, l’agenzia governativa che promuove il turismo verso il Regno Unito, ha lanciato una nuova iniziativa: la mappa dei "luoghi protetti" del rock e del pop, quasi duecento località collegate alle gesta dei musicisti più celebri di lingua (non necessariamente di nazionalità) inglese.
Non solo gli indirizzi più ovvi, come la sala in cui i Beatles tennero il loro primo concerto a Liverpool o il loro storico studio di registrazione su Abbey road a Londra, già da tempo meta di un folto pellegrinaggio, ma anche i meno conosciuti o i più insoliti. Si va dall’abitazione londinese di Jimi Hendrix in Brook street a Knebworth house, dove i Queen suonarono per l’ultima volta insieme, da Widnes Station, la stazioncina in cui Paul Simon scrisse "Homeward bound" durante il suo tour del 1965 aspettando il treno per Londra, a The Grapesw, il pub di Sheffield dove avvenne l’esordio degli Arctic Monkey, fino a luoghi in cui la connessione con un musicista è meno tangibile, e vagamente macabra, come la strada di Barnes in cui Marc Bolan dei T Rex ebbe il suo fatale scontro d’auto e il punto in cui Eddie Cochran, interprete rockabilly americano, morì in circostanze analoghe nello Wiltshire.
L’agenzia Visit Britain ha stampato una mappa con i 113 luoghi più significativi e ne ha messa un’altra sul proprio sito Internet (ww. enjoyengland. com/rocks) con 190. La regola è che ogni località abbia qualcosa di concreto da offrire al visitatore: perlomeno una targa ricordo di quello che vi accadde. ‟Sarebbe sciocco non riconoscere che esiste un sacco di gente interessata a visitare questo genere di posti”, dice Laurence Bresh, direttore del marketing di Visit Britain. ‟Del resto la cultura popolare suscita crescente curiosità ovunque e il nostro paese, che vanta una storia forse senza uguali in materia di musica pop, doveva fare qualcosa per darle l’importanza che merita”.
Non tutti concordano con l’iniziativa. ‟Stilare una lista dei luoghi del rock da proteggere in Inghilterra è una buona idea, ma se cominci ad includervi anche località come il posto in cui Adam and the Ants girarono un loro video finisci per scadere nel kitsch”, dice per esempio Paul Rees, direttore della rivista musicale "Q". ‟Come che sia, osserva il quotidiano "Guardian", la creazione di una "mappa del rock" da salvaguardare, visitare e proteggere equivale a un pubblico riconoscimento che sarebbe stato impensabile pochi decenni or sono”.
‟È indubbiamente una svolta e la ragione è semplice”, commenta Conors McNicholas, direttore di "Nme", un’altra pubblicazione del settore, ‟è che sono trascorsi cinquant’anni dalla grande esplosione del rock and roll e coloro che vi parteciparono e che l’hanno alimentata in seguito oggi sono diventati parte dell’establishment, hanno le leve del potere e possiedono dunque i mezzi per fare una cosa del genere”.
Ma l’inclusione nella mappa non garantisce automaticamente il futuro di questi santuari del rock. L’agenzia del turismo si limita ad auspicare la protezione delle località citate nell’elenco, senza avere l’autorità per difenderle effettivamente. Per esempio, uno dei luoghi della mappa è Hammersmith Palais, il teatro e club del West End londinese diventato quasi sinonimo dei Clash, ma dove hanno suonato anche gli U2 ew i Sex Pistols e che ora è minacciato di demolizione per fare posto a uffici e a un ristorante. ‟Sarebbe una tragedia non riuscire a bloccare le ruspe”, dice sempre McNicholas, ‟non solo per quello che ha rappresentato in passato ma anche perché continua a essere un club importante per la scena musicale di Londra”.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …