Scatenata Comencini: “se permettete parlo di donne…”. Un’intervista

06 Marzo 2007
‟Sono poche le commedie che parlano di noi. Milano è una grande città di teatro. È un debutto importante”. Cristina Comencini da martedì prossimo porta al Manzoni la sua commedia Due partite. Due atti, due epoche (gli anni ‘60 e oggi), due modi d’essere donna. Un anno di successi. In scena quattro attrici importanti: Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Valeria Milillo. Cristina si portava dietro un’idea di donna severa e un po’ fredda. Tutto il contrario. Si racconta nel salotto della sua bella casa di Roma. Dice che una volta con sua sorella Francesca, che com’è noto fa la regista anche lei, c’era il velo della rivalità. ‟Ora il rapporto tra noi si è sciolto, ci diamo tutto da leggere l’una all’altra”; racconta che si trova ‟nell’ingorgo più incredibile della mia vita. Non l’ho cercato, è venuto tutto insieme”. A Milano il teatro, a Palermo la regia della Traviata. Ha consegnato un romanzo e sta scrivendo il suo nuovo film. Tempo di provini, il set si apre in giugno.

A parte casi di poco conto, era dai tempi di Indovina chi viene a cena che un film non inquadrava l’amore tra razze diverse.
‟Avevo voglia di tornare a fare una commedia”, dice Cristina che dopo un viaggio in Ruanda con Veltroni ha conosciuto un africano che vive a Roma. ‟Mi sono resa conto che non avevo un solo amico nero”. Bianco e nero è la storia di una passione travolgente tra un uomo italiano e una donna africana. Sposati entrambi. Due coppie, neri e bianchi. Una donna manda avanti un’associazione contro il razzismo, il marito non vuole mai andare, gli fa angoscia l’Africa, vive tra i suoi computer. ‟Un giorno però conosce la moglie nera di un suo collega e salta il tappo”. Alla regista viene in mente La signora della porta accanto di Truffaut, quando alla Ardant viene da piangere per la mancanza di Depardieu, ti sembra che tutto è a posto e poi arriva qualcosa che travolge tutto... ‟Le coppie miste sono pochissime anche nei paesi afro-americani, in Francia le trovi nelle zone periferiche. Io non posso che guardare la storia dal punto di vista di un’italiana”.

Siamo razzisti?
C’è un gran desiderio di conoscere, ma ognuno sta al posto suo, i nostri occhi non sono sempre fantastici. Non sappiamo niente l’uno dell’altro.

La coppia è del Senegal, una scelta?
Sì, perché è un paese dove non ci sono guerre fratricide, hanno belle università, vanno in giro per il mondo. Ecco, non sarà un film sui poveri neri. Dovrà avere la leggerezza e il disturbo della passione d’amore.

E il romanzo?
Uscirà per Feltrinelli, è la prima volta che scelgo come protagonista un uomo. Alla ricerca della stabilità, si confronta con l’instabilità politica, fa i conti col comunismo, incarna qualcosa che tanti di noi hanno dentro, un silenzio che invece è un grido. Ci sono dei non detti assoluti. A 58 anni si ritrova col privato e la politica in frantumi. No, non è un politico di professione.

Nostalgia del comunismo?
‟Non mi sembra che si sia fatto il giro di quell’esperienza, cosa si è consumato di umano, dunque anche di noi. Ciò che nessuno vuol perdere è il desiderio di umanità, non è che la domanda è caduta: la domanda è la stessa, è la risposta che non è più quella. C’è una nostalgia imperante in Italia, non si sa di cosa, si comprende perché c’è. Quando i progressisti sono contro il progresso, c’è un problema. Il titolo è L’illusione del bene, il libro è la sua misura, non ne farò un film. La bestia nel cuore fu un caso. Una volta ero purista. Sbagliavo perché oggi tutto si tocca”. Però il suo nuovo romanzo resterà sulla pagina scritta. L’ha dedicato alla sua metà, Riccardo Tozzi, presidente dell’Unione produttori: ‟C’è un po’di Riccardo dentro e di tante persone”.

Cristina Comencini

Cristina Comencini nasce a Roma nel 1956. Figlia del regista Luigi Comencini e madre di Carlo, Giulia e Luigi, esordisce al cinema come attrice nel 1969, diretta dal padre in …