Giorgio Bocca: Tutto cambia ma alla rovescia

28 Marzo 2007
Ci sono alcune cose che vorrei capire dei tempi in cui viviamo. Sono i tempi dei giovani? L'elogio sperticato e interessato che ne fanno gli anziani mi lascia qualche dubbio: i giovani hanno occhi, mani e cervelli svelti e perciò sono appetiti da una economia in cui dominano le macchine intelligenti e rapide. E visto che i giovanissimi imparano prima e meglio degli anziani a manovrare computer e a lavorare con Internet, la tentazione di assumere loro invece che gli anziani diventerà irresistibile.
Ne conseguirà una singolare trasformazione del mondo del lavoro: un numero crescente di giovanissimi, di riflessi rapidi, a lavorare malpagati come prima perché la riserva dei disoccupati è grande. Una riserva di tipo nuovo: giovani senza lavoro, ma prudenti, che preferiscono restare in casa e farsi mantenere dai genitori o dalle sovvenzioni statali o dai furti. Non c'è cittadino anziano di una grande città che non sia stato derubato: ogni giorno, a Milano come a Roma, ci sono decine di migliaia di furti. C'è una società stabile che vive sui furti con destrezza.
Fatto sta che il capitalismo più sfrenato e cinico si è visto offrire dalla modernità, dal progresso tecnologico, dal mercato globale, le condizioni ottimali, quasi da non crederci, per fare soldi. Il controllo operaio è praticamente sparito: puoi trasferire la fabbrica dove vuoi, puoi mandare la produzione dove la manodopera è meno cara, puoi usare lo Stato per aumentare le tasse ai poveri e tagliarle ai ricchi, puoi mandare in galera chi ha rubato una mela e al grand hotel il ricco che ha rubato miliardi, in attesa della scadenza termini e di altri trucchi giudiziari che lo rendono intoccabile.
Tutto cambia, ma alla rovescia.
Gli operai di Sesto San Giovanni, ex Stalingrado, votano Forza Italia, che ha raggiunto mezzo milione di iscritti per le manifestazioni oceaniche del suo capo che manda, chi vuole una vacanza romana, a una manifestazione di massa, con viaggio e colazione gratuiti come accadeva ai tempi littorii, ma guai a dire che è quasi fascismo. La rivoluzione dei ricchi cammina fra gli applausi, le invidie, gli inchini dei poveri. Che si tolgono anche dai piedi metropolitani: il caro casa li obbliga a trasferirsi nelle nuove periferie, agglomerati di casoni in tutti gli hinterland, afosi e aridi, dove i sindaci dei ricchi inventano dei parchi infrequentabili per nugoli di zanzare e topi da chiavica.
Si impone il gusto, il costume, il vizio dei nuovi ricchi. Incessantemente la televisione e gli altri media predicano il nuovo viver sociale dove il denaro è tutto, tutto è lecito per guadagnarne il più possibile. Nessuno fa più caso se quello che ti offre la mano è un notorio corruttore e lestofante e se ti invita in villa.
Per gli onesti e i bene educati lo spazio si restringe. La televisione è una colata di pubblicità diretta o indiretta, gli spettacoli non resistono alle manie sessuali deviate, morbose o comunque di pessimo gusto; non c'è più un libro, una pièce teatrale, un film che non si reggano su amori proibiti, schizofrenici, ripugnanti.
C'è un unico rimedio, si direbbe: la gioventù che ha ancora a disposizione un paese con fiumi, montagne e marine stupende. Ma la gioventù è stupenda quando la vecchiaia è rispettata e nella rivoluzione dei ricchi il vecchio va eliminato, ogni giorno centinaia di migliaia di vecchi vengono sollevati dal lavoro per finire ai giardinetti. Ed essere espulsi dal lavoro quando si è ancora in grado di lavorare equivale a una esecuzione sommaria.
L'unica ragione di vivere che questi tempi sembrano concedere è la guerra, la guerra come politica e come affare. Dove secondo la regola millenaria sono i poveri a morire e i ricchi a fare montagne di soldi.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …