Morto Vonnegut, il pacifista di Mattatoio n. 5

16 Aprile 2007
È morto a New York all'età di 84 anni Kurt Vonnegut, lo scrittore pacifista di Mattatoio n. 5 autore di satire feroci sulla società americana. Da settimane era in condizioni disperate per le lesioni cerebrali riportate in una caduta avvenuta alcune settimane fa. Nato a Indianapolis ma con origini tedesche, Vonnegut fu catturato dai nazisti durante la battaglia delle Ardenne e portato a Dresda, dove fu uno tra i sette prigionieri di guerra americani che sopravvissero al terribile bombardamento alleato sulla città. Quell'esperienza, vissuta nascosto in un mattatoio, fu raccontata nel suo romanzo più famoso, un vero manifesto contro la guerra uscito nel 1969, in pieno Vietnam, che ebbe subito uno straordinario successo ed è considerato tra i capolavori del ventesimo secolo. Un racconto metafisico che si apre con l'indimenticabile incipit ‟È tutto accaduto, più o meno”. I suoi libri sono spesso sconfinati nella fantascienza. Tanti i titoli di successo di Vonnegut, concentrati per lo più negli anni '60 e '70: Le sirene di Titano (1959), Ghiaccio Nove, Perle ai porci (un capolavoro di umorismo che mette alla berlina il mondo del ricchi), Galapagos e Hocus Pocus. Il suo ultimo romanzo è Cronosisma, del 1997, in cui un terremoto costringe ogni persona a rivivere gli ultimi 10 anni della propria vita. I suoi ultimi anni Vonnegut li aveva dedicati alla collaborazione con il mensile di sinistra di Chicago ‟In These Times”. In questi anni di guerra in Iraq, Kurt Vonnegut, anche attraverso i suoi interventi, era tornato d'attualità e i giovani lo hanno riscoperto facendone nuovamente una bandiera: si rileggono Mattatoio n. 5 e gli suoi libri più famosi. La Feltrinelli, a tanti anni dalla prima edizione Mondadori, proprio con quel libro, nel 2003, ha cominciato a riproporre tutti i suoi titoli principali, l'ultimo dei quali è arrivato casualmente in libreria proprio ieri, Madre notte. Uscito in America nel 1961 ruota su un'interrogativo morale ancora d'attualità, che riguarda la responsabilità delle proprie azioni. Il romanzo è il racconto in prima persona di Howard W. Campbell, un americano trasferitosi con la famiglia in Germania dopo la prima guerra mondiale, che vi resta anche dopo la presa del potere di Hitler e diventa la voce della propaganda nazista di Goebbels per gli Stati Uniti. All'inizio e alla fine del libro il protagonista si trova in una prigione israeliana, in attesa di processo per crimini di guerra e lì ripensa alla propria vita e decide di scrivere le sue memorie. Nella cella accanto alla sua è rinchiuso anche Eichmann, l'artefice della soluzione finale degli ebrei. Entrambi sono accusati di propaganda nazista e genocidio. Campbell, alla fine, potrà dimostrare di essere stato un agente dello spionaggio americano, ma se non lo si può più accusare di crimini contro l'umanità, tali crimini pesano sulla sua coscienza. Una ‟letteratura massimalista” di ‟un testimone del disastro”, ha definita Goffredo Fofi l'opera di Vonnegut. Lo testimonia nell'ultimo libro, col titolo assai indicativo di Un uomo senza patria, edito da Minimum Fax, pagine autobiografiche, riflessioni sulla condizione umana, sullo strapotere che l'uomo ha nel distruggere il mondo che gli è stato affidato, sul pacifismo e sull' assurdità della guerra, temi che del resto hanno sempre contrassegnato la sua opera e che oggi si leggono come un testamento, in cui Vonnegut rivela quanto sia stato importante per la sua esperienza umana proprio il senso delle Beatitudini. Tanto che scrive: ‟Se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano. Tanto varrebbe essere un serpente a sonagli”.

Kurt Vonnegut

Kurt Vonnegut (Indianapolis, 1922 - New York, 2007) nacque in una famiglia colpita dalla Grande Depressione del ’29. Nel 1940 si iscrisse a biochimica all’università, poi andò sotto le armi …