Giorgio Bocca: Nel nome di don Milani

26 Giugno 2007
Il sindaco di Roma Walter Veltroni che sarà la guida del Partito democratico torna domani a Barbiana, la parrocchia toscana in cui don Lorenzo Milani fondò quaranta anni fa la sua scuola. Veltroni si è sempre proclamato un seguace di don Milani e della sua famosa scritta ‟I Care” io mi preoccupo, mi prendo cura di tutto ciò che non va nel modo giusto, io rifiuto l’indifferenza e il cinismo, la politica per me è partecipazione. La nuova avventura politica di Veltroni ha già un suo avvio clamoroso ed emotivo, è l’annuncio di un modo nuovo di far politica, di rompere con il passato, di ritornare alla politica come coinvolgimento di emozioni e di solidarietà. Non c’è un gesto, non c’è un passo di questo percorso veltroniano per accettare la sfida della nuova politica che non sia previsto in questa marcia al Nord, in questa rifondazione al Nord. Il sindaco di Roma torna alla grande politica da Torino, città decisiva nella storia risorgimentale, nella nascita della nazione. Per riprendere da Torino il rapporto fondamentale con la classe operaia. In questi anni anche Torino e il proletariato industriale sono cambiati, la città ha ritrovato rapporti stretti e nuovi con l’arte e con i loisirs, a Venaria e a Stupinigi sono risorte le regge del secolo sabaudo e quasi miracolosamente si è rilanciata anche la grande industria dell’automobile, le stelle rosse della Fiat sono tornate a risplendere nel cielo del Po e della Dora. Veltroni è già stato a Torino per un congresso operaio e non può trascurarne la memoria, le suggestioni. Lo chiamano, e lui lo sa, a fare un miracolo, a rilanciare la sinistra italiana che si è come seduta, come lasciata andare nel tran tran affaristico e corrotto del berlusconismo. Bisogna risvegliarla alle vecchie speranze, alle antiche virtù, anche ricorrendo al patriottismo e alla retorica, se occorre. Veltroni demagogo? Veltroni delle favole e delle leggende? Ma sì se occorre. Torino dell’Ordine nuovo di Gramsci e Torino di Gobetti, di Bobbio: Veltroni li evoca e li celebra. Non ha ragione? Perché mai questo paese dovrebbe accontentarsi di testimoni disonesti o impresentabili, perché mai nell’ora del rilancio non dovrebbe richiamare i migliori? Se questa è la città che è rinata come città guida nelle fabbriche, nei monumenti, nelle scuole, nei teatri, perché non parlare alla sua gente, perché non esortarla a riprendere gli impegni della politica, il suo ‟I Care”. Dicono che l’umore di Veltroni sia buono, che sia ottimista, che abbia voglia di fare, di cambiare, di inventare. Ha ragione il sindaco Chiamparino quando dice che il viaggio a Torino di Veltroni è il segno di voler riaprire il dialogo con il Nord. E di cambiare un’ampia parte della società italiana e più avanti del modo di far politica in Italia e il Partito democratico dovrà aiutare il cambiamento, favorire i confronti. Ci sono temi come l’alta velocità ferroviaria e le riforme più urgenti che possono essere affrontati, in pratica, liberi dalle ideologie. Nell’atto di accettare la grande scommessa Veltroni si è ricordato di don Milani e del suo ‟I Care”. Su don Milani si possono avere opinioni diverse, se fosse possibile e utile la sua scuola elitaria, le grandi ambizioni che creava nei suoi allievi, se fosse giusta la vena sessantottina della sua missione ma certamente era aria nuova e generosa che si alzava nel pigro mondo cattolico. Questo sindaco di Roma e romano di modi e di abitudini che viene a incontrare il Nord per rimettere assieme una sinistra che non ha neppure più la coscienza della sua forza intatta e rinnovatrice, è un uomo di buona volontà e di buone intenzioni che il Nord deve accogliere fraternamente.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …