Michele Serra: Spilli e ballerine alla guerra dell'eros

16 Luglio 2007
A giudicare dal porno satellitare, navigando nel quale si possono prendere le misure della variopinta Pigalle mondialista, delle ballerine si può tranquillamente fare a meno, delle scarpe con i tacchi no. Signorine variamente nude e gementi possono togliersi tutto o quasi, ma guai a disalberare i piedi. Stiletti acuminati baluginano come lame sopra i corpi inermi del precariato erotico, tanto da suscitare nell’osservatore le stesse apprensioni delle mamme e delle vecchie zie: ma non si faranno male, tutte nude con quei tacchi puntuti? E quei travestitoni con i piedoni armati da scarpone con tacconi, ciclopiche parodie dell’eleganza spider di certe scarpe da sera, quanto male ai piedi avranno, poveracci, quando finisce il turno e se ne vanno a struccarsi? Cercatene una con le ballerine, di quelle volonterose baccanti notturne, e non la troverete. Questo farebbe pensare che la ballerina è casta, la scarpa con i tacchi sessuata. Ma attenzione: il misuratore del porno non è lo sguardo femminile, è lo sguardo maschile, e per giunta non a ranghi completi. Diciamo che è lo sguardo maschile di maggioranza o di massa, quello convinto che le fotografie di Helmut Newton siano la vetta "borghese" dell’eros, tutti nudi con le scarpe, con una frusta virtuale nello sguardo severissimo, il broncio sado-maso, l’epidermide lucente che allude (dico io) alle poltrone Frau, e tutto il corpo attrezzato alla lascivia in maniera così plateale che rischia di farci ridere, rovinando tutto prima ancora che cominci. (Si può praticare ogni genere di sesso. Ma il sesso ridicolo non è dato). La ballerina, non per caso, arriva al successo nel mezzo della rivoluzione sessuale, cioè, all’osso, della liberazione femminile. La ballerina è una diserzione del piede, è un piede scalzo appena appena inguainato, sceglie leggerezza e comodità, si associa volentieri a jeans e maglione, destruttura le forme femminili codificate dai gusti del cliente o dell’amante o del marito, comunque del maschio. Tutto l’eros della liberazione, per chi voglia o sappia coglierlo, è eros della nonchalance, o meglio del je m’en fous, me ne frego. è Brigitte Bardot con la ballerine a Parigi o a Roma, Francoise Hardy in jeans e con i capelli sciolti (nella versione riformista Audrey Hepburn elegantissima e sottile con i fuseaux, i capelli corti e ovviamente le ballerine), le t-shirt che spodestano la camicetta inamidata, il maglione esistenzialista che custodisce le forme senza ostentarle. Quasi tutta roba francese, tolta la Hepburn, e perdonate la francofilia ma non riesco a farne a meno, e peggiora con gli anni che passano. Poi naturalmente ci sono la deriva e la decadenza del genere, dall’informalità alla sciatteria il passo può essere brevissimo, lo zoccolone di legno bisex che furoreggiò nei Settanta studiava il modo di riarmare il piede trasformandolo in una specie di baita ambulante. Ma la ballerina no, era perfetta, graziosa, e centrava benissimo l’idea di un eros da corpo sciolto, libero, autonomo dal formalismo estenuato, dall’occhiuta sorveglianza dello sguardo degli uomini. Di tutte le petulanti e spesso futili questioni che si allestiscono attorno alla moda, alcune spiccano per contrasto perché sono congrue, perché dicono davvero qualcosa, e l’antagonismo ballerina-tacchi a spillo è effettivamente tra queste. Nel gran frullato post-modern nel quale flottiamo, tutto si tiene e tutto si mescola, ballerine e tacchi a spillo (piede disarmato e piede armato, pacifismo e aggressività) coesistono tranquillamente nelle scarpiere (anche se è molto più facile metterci le docili ballerine piuttosto che certi velieri in miniatura). Ma non tutto è uguale, fortunatamente, per i nostri gusti in cerca di criterio e di significato. Voto dunque, decisamente, per le ballerine, anche se assolvo i tacchi a spillo per le occasioni da parata. E pazienza se il mio voto è il voto di un maschio. Conto sul suffragio universale, e comunque ho la fortuna di frequentare donne che calzano quello che pare a loro.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …