Giorgio Bocca: Noi attratti dalla insensatezza della vita

17 Settembre 2007
Il giornale di oggi eguale a quello di ieri e dell'altro ieri, come se la vita degli uomini si fosse appiattita in un sempre identico: il tempo che fa, di cui parliamo in continuazione senza saperne niente; gli incendi di boschi e altri inspiegabili oltraggi alla natura opera di delinquenti immaginari perché incomprensibili; i delitti senza ragione; le contraddizioni della scienza; le parole a vuoto della politica e la solita alluvione di culi e di tette giovanili.
Da più di un mese i giornali sono pieni del delitto di Garlasco, cioè del nulla che si fa crimine: un amico o parente della vittima che passa un mattino, suona alla porta di una studentessa, viene fatto entrare e la massacra.
La differenza fra l'oggi e il passato è di quantità. È che gli eventi assurdi, incomprensibili, gratuiti, che in passato venivano collocati nella sfera ignota della vita, ci sembrano oggi la totalità, ci sembra cioè di vivere in un'epoca in cui il casuale, il privo di senso dominano incontrastati. L'informazione ha dedicato milioni di pagine al delitto di Cogne e ne dedicherà altrettante al delitto egualmente assurdo di Garlasco e a tutti gli eccidi e torture e sevizie che avvengono senza ragione nelle villette inutilmente blindate dell'Italia.
Perché questa attenzione al delitto senza senso, al sangue versato senza ragione? Questa attenzione almeno è un segno comprensibile del nostro tempo: siamo morbosamente attratti dalla insensatezza della vita, siamo avvinti da questo agguato che ci sovrasta, da questo male che ci circonda e per cui non c'è rimedio, siamo atterriti, ma anche in parte restituiti alla certezza di vivere in un mondo in cui resta l'homo homini lupus, la certezza di vivere in una valle di delitti e di lacrime.
Bisogna essere avanti negli anni e fragili per sentire il peso, il buio di questa esistenza casuale e incerta. Solo la giovinezza e le sue irragionevoli fiducie possono vincere queste paure, ma per quasi tutti, quando il mondo esce dai suoi sogni di potenza e di ferocia e cade in depressione, si torna a vivere di dubbi e di ansie. Da più di un mese
i giornali padani sono pieni della cronaca senza fatti del delitto di Garlasco. Il quotidiano di Pavia ha aumentato le vendite quotidiane di 3 mila copie. In luoghi che per me hanno ricordi profondi.
In una delle rogge dove sono stati trovati abiti insanguinati, abbandonati dall'assassino o da ignoti, si è ucciso, si è annegato sotto i rami di un gelso, lo scrittore Lucio Mastronardi, l'autore de Il maestro di Vigevano.

Ci incontravamo qualche sera alle Rotonde di Garlasco, cinque silos di riso alti come un palazzo e collegati da un edificio che avevano trasformato in balera. Il direttore didattico di Vigevano lo aveva cacciato dalla scuola e lui di notte telefonava a sua moglie, la maestra Ficarotta, e le gridava allungando quel nome: "Ficarottaaa". Lei che lo riconosceva gli gridava: "Lucio va a piantè el ris".
E fu a Vigevano che volevano processarmi perché avevo scritto un articolo che cominciava così: "Mille fabbriche una libreria". Di quella Vigevano Mastronardi era l'io parlante. La Vigevano operosa, rozza, impietosa lo avrebbe fatto a pezzi, ma senza di lei, lui non avrebbe mai trovato la rabbia per scrivere. Quando il manoscritto del Maestro di Vigevano arrivò alla Mondadori non gli risposero neppure per dirgli che non interessava.
Ma è cambiato qualcosa in meglio in questi anni? Le grandi case editrici pubblicano in continuazione libri non libri, dell'orrore, della fantascienza, delle perversioni sessuali, e raccolte di delitti senza senso in una vita senza senso per cui bisogna pure sfangarsela.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …