Giorgio Bocca: Guerra con le Compagnie di ventura

16 Ottobre 2007
Un comando inglese ha liberato i due soldati italiani sequestrati in Afghanistan. I banditi che li avevano catturati stavano per consegnarli ai talebani. Un'azione fulminea, una sparatoria infernale, i nostri soldati feriti, otto banditi uccisi e il solito mistero che circonda le azioni dei servizi speciali. I nostri due soldati facevano parte del Siami, il servizio segreto militare, che evidentemente fa parte dello spionaggio delle forze Nato, il che spiega il prontissimo intervento e la brutale decisione con cui è stato condotto.
La reazione del nostro governo è stata, come al solito, contradditoria. Oliviero Diliberto della sinistra radicale ha chiesto il ritiro del corpo di spedizione, il presidente del consiglio Romano Prodi lo ha confermato, il ministro della Difesa ha raccontato alla Camera la sua versione zeppa di omissis, il presidente afgano Karzai si è compiaciuto che gli alleati decidano e facciano quel che vogliono.
Se il blitz delle teste di cuoio non fosse riuscito si sarebbe ricorsi come al solito alla corruzione del nemico, tanto per tirare in qualche modo avanti in questo caos che è l'intervento Nato nel paese asiatico da cui tutti gli occupanti sono stati malamente cacciati nella storia recente e passata. Che cosa ci fanno i nostri soldati in quel povero e inospitale paese non lo ha capito nessuno. Nella provincia di Herat, relativamente tranquilla, i nostri soldati hanno il compito della costruzione o ricostruzione di qualcosa che assomigli a uno Stato civile, devono istruire i soldati e i poliziotti, fabbricare scuole, ospedali, strade, acquedotti. Hanno persino fabbricato una chiesa cattolica che non sembra il bene pubblico più richiesto da una popolazione islamica.
Ma appena usciti da Herat, appena entrati nella vicina provincia di Shindad la ragion d'essere della nostra presenza armata cambia radicalmente: non è più la costruzione o ricostruzione di uno Stato civile, ma la sua sicurezza e allora i nostri soldati devono occuparsi di posti di blocco, di fortilizi, di campi minati. Così come fanno, ciascuno a suo modo, i contingenti polacchi, lituani, tedeschi e soprattutto americani che si occupano prevalentemente dell'Endurance power, cioè dalla repressione per cui arrivano con la loro aviazione su una zona che altri hanno iniziato a risanare economicamente e civilmente e la bombardano a tappeto tanto per far sapere al Pentagono che tot talibani sono stati eliminati. Che ci fanno i nostri soldati in Afghanistan? I padroni del mondo, gli americani, dicono che sono lì come gli altri alleati per combattere il terrorismo islamico di Bin Laden e di Al Qaeda. I risultati di questa battaglia sono incerti, visto che gli attentati si susseguono in ogni paese. Di certo ci sono i pessimi effetti, le pessime trasformazioni che questo tipo di guerra ha sugli eserciti di tutte le nazioni. Prevalgono dovunque pessime mutazioni: i ricchi stanno a casa e mandano a combattere i poveri diavoli che, o si rinchiudono nei loro campi blindati, o fanno strage dei nemici meno forniti di armi. Vedi il 'miracolo' del supergenerale Petraeus che, in Iraq, o allontana i suoi soldati dalla linea del fuoco, o usa l'aviazione per gli sterminii tipo Falluja. Oppure diventano strumenti capitalistici, fonti di profitti colossali quindi usati da tutti i governi e da tutti i corrotti.
Non più eserciti di popolo, ma grandi compagnie di ventura, supermercenari, al servizio di chi li paga. La presenza di nostri reparti in tutti gli angoli del pianeta, che i governanti presentano come nostra partecipazione al governo del mondo, è in realtà una perdita di indipendenza e una progressiva integrazione in un mondo in cui le tentazioni del potere prevalgono persino sulle ragioni della sopravvivenza.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …