Marco D'Eramo: Verso le primarie negli Usa. Mitt Romney, mormone doc, il candidato del settimo giorno

22 Ottobre 2007
È forse una coincidenza, però colpisce che il presidente (democratico) del senato Usa, Harry Reed (senatore del Nevada), e uno dei tre principali candidati alla nomination repubblicana, Mitt Romney (ex governatore del Massachusetts), siano ambedue membri attivi della Chiesa dei Santi dell'Ultimo Giorno (Latter Day Saints Church, abbreviata in Lds), cioè il mormonismo, una religione tutto sommato marginale, visto che negli Usa ha soltanto 6 milioni di fedeli (su 300 milioni di abitanti). Una setta, per di più, che tutte le denominations riformate considerano non cristiana: ed è noto il peso che i fondamentalisti protestanti hanno nel partito repubblicano. A ruoli invertiti, sarebbe come se il presidente repubblicano del senato Usa e uno dei tre candidati alla nomination democratica fossero ambedue ebrei.
Reed e Romney sono ambedue mormoni non dello Utah (vedi l'articolo accanto con una breve storia della setta), ma nati e cresciuti in altri stati, abituati cioè a vivere in un ambiente se non ostile, almeno sospettoso nei confronti di questa religione che ha rituali segreti nei templi, i cui membri indossano biancheria intima particolare, e circondata dall'odore sulfureo della tradizione poligamica: la battuta più frequente su Romney è: ‟Se viene eletto, quante first ladies ci saranno alla Casa bianca?”
In comune Reed e Romney hanno anche un'intensa religiosità e insieme una full immersion nella laicità del business e della politica. L'appartenenza religiosa è diventata per Romney un problema inaggirabile, un po' come fu il cattolicesimo per John Kennedy. Per mesi Romney se l'è cavata dicendo che ‟gli americani devono eleggere il loro comandante in capo, non il loro pastore in capo”, ma la copertina che Newsweek gli ha appena dedicato, con il titolo ‟Il percorso di un mormone”, mostra che l'argomento può costargli molto. Perché Romney è proprio un mormone Doc. Il trisnonno, Miles Romney, si convertì al mormonismo nell'Inghilterra natia ed emigrò in America nel 1841 per unirsi al fondatore della chiesa, Joseph Smith; fonti interne della Lds dicono che ebbe 12 mogli e collaborò a costruire il tempio di Nauvoo (Illinois) dove nel 1843 - un anno prima del linciaggio di Joseph Smith - nacque il figlio Miles Park Romney, bisnonno di Mitt, che ebbe cinque mogli e 31 figli: ma il fatto più interessante è che per poter restare poligamo e non essere imprigionato dal governo Usa (che nel frattempo aveva messo fuorilegge questa pratica) nel 1884 Miles Park fuggì in Messico dove si sposò per un'ultima volta dopo che nel 1890 il presidente della chiesa mormone aveva rinunciato alla pratica della poligamia.
Un vero figlio d'arte
La stretta osservanza religiosa della famiglia è sottolineata anche dal fatto che la nonna di Mitt era nipote di uno dei primi apostoli della chiesa. Il padre di Romney, George, era nato in Messico, ma divenne un magnate dell'industria automobilistica in Michigan (dove Willard Mitt è nato nel 1947): fu presidente della American Motors Corporation, prima di essere eletto nel 1962 governatore del Michigan. Nel frattempo George Romney era mormone attivo, presidente del capitolo (equivalente della diocesi) di Detroit della Lds. Romney padre era un repubblicano moderato, un po' più a destra di Nelson Rockfeller, ma più a sinistra di Barry Goldwater, e all'inizio appoggiò la guerra in Vietnam che definì ‟necessaria e moralmente giusta”.
Nel 1967 annunciò la propria candidatura a presidente degli Stati uniti e aveva buone chances di ottenere la nomination quando scoppiarono i tumulti di Detroit e lui in un'intervista disse apertamente di aver cambiato idea sulla guerra: ‟Quando sono tornato dal viaggio in Vietnam (1965) ero appena stato sottoposto al più totale lavaggio del cervello che si possa avere”, e perciò definì il conflitto ‟tragico”. Questa nuova posizione gli tolse ogni credibilità presso l'apparato repubblicano (il figlio Mitt è stato segnato da questa sconfitta paterna e ha deciso di non prendere mai posizioni impopolari presso i propri sostenitori). I genitori allevarono i figli nella più rigida osservanza mormonica e Mitt ha seguito tutto il tragitto di un mormone osservante. A 5 anni i bambini mormoni devono parlare in chiesa su temi spirituali; a 8 sono battezzati; a 12 diventano ‟diaconi”.
Il battesimo dei defunti
In questo periodo i bambini possono cominciare a battezzare i defunti (una pratica su cui torneremo). Interrogato se avesse mai battezzato i morti, Mitt Romney ha risposto a Newsweek: ‟L'ho fatto nella mia vita, ma non di recente”. A 19 anni, i veri mormoni partono per due anni all'estero per fare i missionari (non pagati). Mitt Romney partì per la Francia, dove la sua missione ebbe grande successo (in termini di convertiti) tanto che fu nominato assistente del presidente della missione (fu in quel periodo che il padre si giocò la candidatura presidenziale). Di ritorno negli Usa, Mitt si sposò con Ann, una gran bella figliola episcopaliana, che si convertì al mormonismo (anche Mitt era un bel ragazzo bruno dagli occhi chiari: sua madre era un'attrice, pur mormona).
La coppia si stabilì a Provo, in Utah, dove Anne era iscritta all'università mormone Brigham Young e dove Mitt divenne uno dei leader del capitolo locale della chiesa. Nel 1974, dopo aver conseguito il master in business administration a Harvard, Romney si trasferì con moglie e figli (allevati nella più stretta tradizione mormone) a Boston, dove divenne prima partner di una società d'investimento e poi aprì una propria società di private equity (Bain Capital) con cui ha fatto una barca di soldi (a seconda dei giornali, il suo patrimonio oscilla tra i 200 e i 350 milioni di dollari).
A Salt Lake City Mitt Romney è un mito: nel 1999 accettò di tornare in Utah per presiedere le Olimpiadi invernali del 2002 su cui la chiesa Lds aveva puntato moltissimo per offrire al mondo un'immagine positiva dei mormoni, e che invece si stava traducendo in un incubo, con gli scandali per le mazzette date ai funzionari del Cio e con i conseguenti problemi finanziari e di sponsor. In tre anni di direzione puntigliosa, Romney riuscì a risolvere tutti i problemi, a creare un'organizzazione che ha funzionato e a produrre persino un utile di 50 milioni di dollari, un vero salvatore della patria mormone. Come mormone, Mitt è totalmente astemio, ma a casa tiene alcolici per gli ospiti. Di fatto ha seguito le orme di suo padre, in quasi tutto: è stato un magnate (della finanza, il padre dell'industria), è stato - fino all'anno scorso - un repubblicano moderato. È stato eletto governatore (nel 2002), non del Michigan ma del Massachusetts. Come il padre, è stato presidente di una diocesi della Chiesa mormone (di Boston invece che di Detroit).
Il problema è che, scottato dall'esperienza paterna, Mitt Romney è invece assai opportunista, e ormai gli si sta appiccicando l'etichetta di flip-flop (voltagabbana) che nel 2004 i repubblicani riuscirono a incollare al candidato democratico John Kerry. Per essere eletto governatore di uno stato liberal come il Massachusetts (il cui storico senatore è Ted Kennedy), e probabilmente anche per intima convinzione, Mitt Romney ha manifestato posizioni moderate su aborto, diritti dei gay, spesa pubblica (suo padre era un convinto fautore del servizio pubblico). Ora però per lui l'unica speranza di ottenere la nomination è conquistare l'appoggio dei fondamentalisti cristiani che costituiscono lo zoccolo duro dei militanti repubblicani e che sono contrari all'ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, perché favorevole ad aborto e gay (oltre a essere divorziato, e fotografato vestito da donna a un party). Ma, come si è detto, per i fondamentalisti protestanti i mormoni sono poco meno infedeli dei musulmani.
L'handicap religioso
Ecco così che da un anno a questa parte Mitt Romney si è messo a giurare su Cristo ogni due per tre, a usare il linguaggio dei ‟rinati” (born again), si è dichiarato totalmente contrario all'aborto e ai gay, non vede contraddizione tra creazionismo e scienza moderna, si presenta come un tagliatasse spietato. Ma gli servirà tutto questo? Il suo rifiuto di coming out sulla propria fede religiosa sta diventando sempre più imbarazzante.
Per ora Romney è in leggero vantaggio su Giuliani in Iowa e in New Hampshire, dove si tengono le prime primarie. Ma il vantaggio scema e il tema mormone sta diventando un handicap sempre più pesante. Come mi dice John Saltas, fondatore del settimanale alternativo Salt Lake Weekly che per altro mi dice di stimare personalmente Romney: ‟I mormoni dicono che dobbiamo votare Mitt per le sue qualità di persona, mentre in realtà loro lo votano in quanto mormone; basta vedere quanta parte dei finanziamenti alla sua campagna viene dalle banche mormoni. Ma è vero anche il contrario: che tutti gli altri dicono di non votarlo perché è flip-flop, ma in realtà non lo vogliono perché è mormone. Perciò non credo che gli Stati uniti siano pronti per un presidente mormone”.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …