Michele Serra: Ferrari. Il colpo di coda di una leggenda

22 Ottobre 2007
Ci si appassiona allo sport agonistico (ben al di là di molta retorica, e perfino del business) perché è pur sempre un gioco. Per l’appunto un gioco. E come tutti i giochi è imprevedibile, non se ne conosce l’esito se non giocandolo fino alla fine. Fino al fondo delle sue possibilità aritmetiche e imprevedibilità umane. La vittoria della Ferrari di Kimi Raikkonen all’ultimo chilometro di questo mondiale è davvero il trionfo del Gioco, il beffardo, smagliante colpo di coda del Gioco al termine di una stagione che era stata ingoiata quasi tutta intera dalle polemiche extrasportive e dalle beghe giuridico-tecnico-politiche. Era il meno pronosticato e il meno probabile degli eventi, tanto da lasciare intendere, alla vigilia dell’ultimo Gran Premio, che gli unici a credere possibile il colpo fossero gli uomini della scuderia. E lo fossero per contratto, per tigna professionale, non certo perché ci contassero davvero.
Ma tanto è bastato: giocarsela fino in fondo, da irriducibili, appassionati agonisti, sperando che la propria ostinazione potesse mettere in confusione l’avversario inglese e i suoi due piloti, già logorati da una stagione di rivalità scomposte, inimicizie e trame di taglio molto "latino" che, ambientate in una casa anglo-tedesca, hanno destato una certa impressione.
A proposito della Ferrari è stata spesa ogni possibile iperbole, il mito è tanto evidente, tanto stentoreo da apparirci quasi logoro (per sfinimento, per consunzione). Eppure, vedere la vecchia fabbrica italiana infilzare ancora una volta all’ultima curva i leader inglesi della Formula uno, e soprattutto il motore Mercedes, non lascia indifferenti, specialmente quest’anno. La Ferrari non è certo un "potere debole", nella storia dell’automobilismo sportivo conta come nessun altro marchio e nella stesura dei regolamenti di corsa è stata accusata di contare anche troppo, negli ultimi anni. Ma la lunga e piuttosto penosa vicenda di spionaggio e di sentenze più o meno addomesticate che ha coinvolto la McLaren non ha certo rafforzato l’idea di una Ferrari forte dietro le quinte, e anzi. L’ha inquadrata, quest’anno, come vittima invendicata di un torto tecnico, di una slealtà sportiva, spostando piuttosto proprio sugli inglesi il sospetto di contare molto e anzi di contare troppo fuori dalle piste.
Questa circostanza extra-sportiva (o anti-sportiva) rende ancora più sonante l’imprevista vittoria finale, con le due rosse che arrivano al traguardo mentre le due McLaren ancora cercano furiosamente di recuperare qualche gradino della scala che gli è franata sotto le ruote. Nessuna "furbizia italiana" era valsa, come da luogo comune, a oliare sentenze o aggiustare regolamenti che, al contrario, avevano favorito, fino alla vigilia dell’ultima gara, la McLaren. Per vincere la squadra modenese ha dovuto ribaltare in pista, e solo in pista, una situazione che la vedeva soccombente (sia pure di pochissimo) dal punto di vista tecnico, e non certo favorita da quello politico.
Questo aspetto, insieme alle scarse possibilità aritmetiche di vincere il titolo, al colpo di scena finale, allo stress che deve avere appesantito il weekend di parecchi bookmaker, rende speciale questo titolo mondiale, decisamente fuori dalla routine. Perfino i non strettamente tifosi, quelli che stanno progressivamente abbandonando la Formula Uno per la non esaltante trama agonistica delle ultime stagioni (uno sport dei motori che quasi esclude la possibilità di sorpasso rischia di produrre sbadigli), si sono lasciati coinvolgere da una stagione nuovamente carica di adrenalina (anche troppa fuori dalle piste) e combattuta fino all’ultima accelerata.
L’ovvio rimbalzo di immagine per l’industria italiana sta già alimentando un notevole flusso di dichiarazioni leggermente enfatiche da parte di dirigenti politici e sportivi. E’ però sostanziosa, e significativa, la constatazione che il trionfo Ferrari completa il buon momento della casa madre, la Fiat, scampata di fresco a un tracollo industriale e finanziario. E per la prima volta da molto tempo, da Torino arrivano voci che indicano nel "modello Fiat" la ragione della vittoria della Ferrari e non viceversa, come accadeva da molti anni quando si diceva "Ferrari" soprattutto per consolarsi della Fiat.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …