Giorgio Bocca: Gli italiani e il re di denari

03 Dicembre 2007
Moriremo berlusconiani? Il brutto pensiero, l'incubo si fa sempre più pesante, il nuovo homme fatale è sempre più potente, fa e disfa i partiti a suo piacere. Il fatto che milioni d'italiani lo amino e lo seguano fa pensare che avesse ragione il banchiere Cuccia quando diceva: "La maggioranza degli italiani è rimasta intimamente legata al modello fascista".
Gli italiani amano Silvio Berlusconi anche nei suoi difetti scoperti. Non è un francescano che dona, ma che continua a prendere. La democrazia e le sue lungaggini lo infastidiscono. Anche oggi se la prende con i parrucconi della politica "che parlano e non fanno, che non hanno mai lavorato", e intende dire che non hanno mai partecipato alla gara speculativa, agli imbrogli e alle scorrettezze.
Non è abituato a rispettare le regole, ma al contrario a violarle. Per questo ha stipendiato decine di avvocati celebri, li ha arricchiti, ma da essi è stato arricchito. Non ha modelli culturali da rispettare. Gli intellettuali sono al suo servizio, è il padrone della Mondadori e della Einaudi, in pratica dell'editoria.
Perché uno così dovrebbe fermarsi nella ricerca del potere assoluto, della impunità assoluta? La sua idea della democrazia è inesistente, la sua idea dei partiti da padrone. Il re di denari sono io, oggi sciolgo un mio vecchio partito, domani ne fondo un altro, le regole e le gerarchie le decido io.
Il signore delle televisioni e dei giornali che effetto ha avuto sull'informazione? Che cosa ha introdotto di nuovo? Ha scritturato i giornalisti peggiori, gli avventuristi più spregiudicati, non ha esitato a diffamare i suoi avversari politici, vedi gli attacchi personali a Gianfranco Fini, naturalmente smentiti: "Io far parlare i giornali delle amanti di Fini? Figuriamoci, io sono la persona più corretta del mondo". Resta da chiedersi se l'inclinazione di Berlusconi e del suo popolo per una dittatura morbida di tipo televisivo lascerà il campo a quella per una dittatura forte. Si dice che una garanzia sia rappresentata dal fatto che abbia sempre ricercato l'alleanza di altri partiti 'democratici', ma la tenuta di questi partiti è storicamente illusoria: erano alleati del fascismo nascente anche i liberali e i cattolici, e quando Mussolini andò al potere erano convinti che il suo fosse un governo transitorio. Per arrivare al partito totalitario anche allora ci vollero degli anni, dal 1922 al '25, per arrivare alle leggi eccezionali.
Si ripete con Berlusconi la contraddizione fondamentale del fascismo e del favore di cui godette presso gli italiani: di un movimento sovversivo che si muta, con la presa del potere, in ricostruttore e potenziatore del vecchio Stato. La veemenza con cui Berlusconi si è scagliato contro uno dei capisaldi del vecchio Stato, la giustizia, è tipica di una borghesia che vuole distruggere lo Stato liberale per costruirne uno a suo completo servizio.
I berlusconiani di ferro hanno esultato per la sua decisione di sciogliere Forza Italia e di creare un nuovo partito, hanno detto che ha dimostrato una genialità da Lenin. Non pare che la svolta berlusconiana sia proprio paragonabile a 'i dieci giorni che sconvolsero il mondo'. Se vogliono dire che Berlusconi possiede la suprema disinvoltura dei grandi politici possiamo concederlo, ma non è di essa che un paese come l'Italia sente il bisogno. Il bisogno vero di questo paese è di imparare finalmente a essere democratico, a rispettare le regole del gioco democratico.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …