Giorgio Bocca: Disunità d’Italia

14 Gennaio 2008
Il dramma dei rifiuti che non trovano una collocazione conferma anche che la disunità d’Italia non è stata corretta. Delle regioni invitate dal presidente del Consiglio ad accogliere i rifiuti Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Umbria e Basilicata hanno risposto picche. Solo Piemonte, Emilia Romagna, Puglia, Calabria, Sicilia, Lazio e in parte la Sardegna si dicono disponibili ad accettare l’immondizia della Campania. Il no è giustificato o in modo brutale, come fa la Lega, il cui leader dichiara che il Nord non è disposto ad accollarsi l’inefficienza del Sud, o da varie ragioni amministrative: Napoli in passato non ha pagato i trasporti dei rifiuti al Nord, oppure non è stata capace di organizzarli logisticamente. Insomma, nell’ora dell’emergenza l’Italia ricca volta le spalle a quella povera, e le ragioni sono ancora quelle che hanno impedito alla Nazione di arrivare a un’autentica unificazione. Napoli non è un altro mondo, Napoli è una cultura che ha permeato il Nord, il teatro di De Filippo, il cinema di De Sica e di Rosi, il paesaggio, certi aspetti del modo di vivere sono parsi ai settentrionali gradevoli e complementari, ma qualcosa sempre ha impedito che la omologazione si compisse. E siamo all’assurdo che una regione altrettanto povera come la Sardegna, nelle parole del suo presidente Soru, non rifiuta l’aiuto a Napoli, anche se manifesta contro lo sbarco delle navi. Nel rifiuto di solidarietà da parte del Nord ci sono certamente dei calcoli egoistici, le regioni del Nord hanno interesse a contenere le spese e a favorire il benessere dei loro cittadini, ma c’è evidentemente una diffidenza antica e profonda, la persuasione che i mali del Sud e della Campania sono irrisolvibili. Napoli in particolare viene pensata come un male incurabile. La sua eterna lamentazione appare insopportabile. Napoli addebita la sua povertà agli altri, a cominciare dal dominio spagnolo. Ma il dominio spagnolo ci fu a Napoli come a Milano, e a Napoli dissanguò la città, mentre a Milano dovette accontentarsi di pochi e magri pedaggi. La depressione di Napoli appare al Nord come incurabile, e per questo il Nord cerca d’ignorarla. Anche negli ultimi decenni Napoli non ha avuto né una grande immigrazione, né una grande emigrazione. C’è stata una fuga di cervelli, ma le masse né sono uscite né sono entrate: i "cafoni" lucani o calabresi non si sono fermati alla stazione di piazza Garibaldi, hanno proseguito per Milano, per Torino. Napoli non è in fondo al pozzo, ma non si riesce mai a salire sulla carrozza dello sviluppo vero, consolidato. La sua storia è una continua rincorsa fallita, un continuo arrivare in ritardo: al Risorgimento ha dato soltanto ottanta garibaldini, al socialismo al fascismo, che sono state invenzioni padane, scarsa partecipazione. Al principio del secolo scorso ha sperato nel miracolo portuale, nel superamento di Genova, era il gran porto degli emigranti, ma gli emigranti erano quantità, non accumulo di capitali e crescita del terziario. Anche il colonialismo si è dimostrato effimero, come la speranza di diventare la città dell’aviazione. È fallito anche il progetto di fare di Napoli la capitale dello sviluppo meridionale, la cassa del Mezzogiorno si è presto trasferita a Roma. La cultura napoletana esiste, ma tende a chiudersi nel conservatorismo, città che si chiude in sé, perché non sa uscire da sé, che ogni cosa che tenta finisce nel peggio: la politica della casa per tutti, gestita per anni da amministratori incapaci, ha creato un inferno urbanistico, una colata di cemento armato, d’immensi quartieri dormitorio, di centoventi-centocinquantamila abitanti occupati da una poltiglia sociale che spesso trova nella camorra l’unica autorità presente. Con l’economia dell’emergenza a Napoli è cresciuta la politica del ladrocinio, ogni istituzione è diventata un centro di spesa, un erogatore di denaro in cui la camorra era sempre presente. Molti dei grandi politici napoletani e campani, inviati a Roma in Parlamento, hanno coltivato la politica della perenne emergenza, degli interventi straordinari affidati a commissari straordinari. E il controllo del pubblico denaro è diventato impossibile. È questo male di Napoli, un male che si continua a presumere incurabile, la ragione per cui è difficile oggi ottenere dal Nord la solidarietà per l’ennesima emergenza campana. Se si riuscirà a superare questa diffidenza quasi mitologica forse si potrà sperare che l’unità di questo povero Paese si avveri.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …