L’abbraccio della Scala per Barenboim

04 Febbraio 2008
Scala tutta in piedi per applaudire Daniel Barenboim nelle Sonate di Beethoven. Una lunga standing ovation, partita in palcoscenico dove per soddisfare richieste di biglietti e il desiderio di Barenboim il pianoforte era abbracciato da due ali di sedie occupate da ragazzi, e subito fatta propria dall’intero teatro. Regalo di lusso, l’integrale beethoveniana dopo avere girato il mondo è approdata alla Scala: in poche ore i concerti sono andati esauriti in abbonamento. Il magnifico ciclo, dopo il quarto appuntamento, il 13 febbraio (nel frattempo la serie verrà suonata a Londra), si concluderà a giugno, intersecandosi col Giocatore di Prokofiev, secondo titolo di stagione affidato a Barenboim.
L’itinerario elettrizzante delle Sonate, che copre l’arco stilistico-temporale 1796-1822 formulando una delle più alte espressioni del pensiero umano e artistico, s’impone ogni volta come un’avventura spirituale di rara suggestione e forza. Percorso iniziatico, anche per l’ascoltatore, le Sonate sono state disposte da Barenboim in modo la leggere ogni serata come un compendio dell’intero ciclo: con numeri peculiari a distinte "stagioni" creative d’autore. Convalidando in pratica la caratteristica e sperimentale fantasia beethoveniana che non lievitò secondo scontati principi evoluzionistici, ma decifrò e trasfigurò ogni volta una questione intrinseca: di espressione, di forma e di stile, di lingua armonica o pianistico-musicale. L’interpretazione l’ha riaffermato in ogni passaggio. L’ingordigia musicale di Barenboim è ingordigia di vita "attraverso" la musica: il suo modo di essere pianista muove sempre dal testo e dall’analisi del pensiero d’autore che rende più o meno "densa" la scrittura musicale. Quando il pianista ha liberato con spirito pungente l’arpeggio rampante d’avvio della prima Sonata, s’è capito che iniziava un’impagabile cerimonia artistica e lezione di poesia in musica: dalla tastiera prendeva anima il racconto di una vicenda umana e spirituale che riguardava Beethoven non meno dell’interprete. Il suono volubile, e commisurato al carattere della scrittura, la libertà nel disporre e far respirare le frasi, la capacità di far vivere la tortuosità delle architetture contrappuntistiche come un poderoso e drammatico labirinto mistico, la "vicinanza" emotiva con l’autore e col pubblico, hanno conferito alle serate una sapore speciale. Così Barenboim ha ravvivato l’umore gaio e salottiero delle prime Sonate, estrosamente in bilico tra virtuosistiche eredità galanti e suadenti concentrazioni cantabili, sottolineandone le gestualità da opera comica. E ha intensificato con intenzione timbro e peso pianistico nelle Sonate maggiori, a partire dall’"Hammerklavier" eseguita in magnifica progressione di concentrazione poetica e di slancio: dipanata con la sicurezza del grande musicista che in tali pagine problematiche e somme raccoglie, feconda e dispensa il frutto di una lunga e radicata familiarità con l’universo beethoveniano.

Daniel Barenboim

Daniel Barenboim (1942) è un pianista e direttore d'orchestra argentino-israeliano. A sette anni dà il suo primo concerto ufficiale nella sua città. Nel 1952 si trasferisce con la famiglia in …