Giorgio Bocca: Il paese delle mille leghe

25 Marzo 2008
Nel 1990, l'Italia dei vecchi partiti sembrava ancora intoccabile, immutabile. Poi un movimento politico rozzo ma vitale, la Lega Lombarda, spezzò come un fiume in piena gli argini dei partiti-padrone e mise in crisi dei tabù che sembravano intoccabili. Fra questi l'unità d'Italia e il suo corollario, il meridionalismo, il primo figlio della cultura risorgimentale, il secondo di quella marxista.
Era fuori discussione l'esistenza di una nazione ‟una e indivisibile” dal Brennero alla Sicilia. Se restavano delle differenze tra il Nord avanzato e il Sud arretrato, la colpa era unicamente del capitalismo e dei suoi egoismi. Fu allora che scrissi un pamphlet che aveva per titolo La disunità d'Italia e mi resi conto che questo problema centrale era stato rimosso dalla cultura dominante e dal sistema politico.
Anche uno come me, che come giornalista aveva percorso in lungo e in largo il Paese, scritto libri sulle sue sconfitte e i suoi miracoli, non aveva avuto il coraggio di guardare fino in fondo, si era sempre in qualche modo fermato alla storia sacra, alla certezza che l'unità d'Italia esisteva ed era in progresso, che si andava rafforzando grazie ai media comuni, al mercato comune, e che i ritardi del Sud erano pedaggi necessari, errori rimediabili.
Scrivendo La disunità d'Italia mi resi conto di quanto fosse superato il meridionalismo marxista, il piagnisteo sui torti e i soprusi subiti dall'Italia povera da parte dell'avido capitalismo nordista, C'era ben altro dietro i malanni del Sud, e negli anni a venire ce ne saremmo resi conto.
Oggi la disunità d'Italia si è fatta più profonda, e lo scandalo napoletano non è soltanto un'emergenza straordinaria, una sciagura naturale incontrollabile, un'onda anomala inevitabile, ma una calamità fabbricata con le nostre mani, sacchetto d'immondizia dopo sacchetto gettato in strada.
Lo scandalo dell'immondizia ci ha ricordato che in Italia non c'è ancora uno Stato unito. Il commissario straordinario incaricato di risolvere il problema, Gianni De Gennaro, non è riuscito a superare questa mancanza di Stato, a vincere l'anarchia popolare, a mettere d'accordo le amministrazioni locali e gli interessi a esse legati. Le decisioni via via prese dal commissario per aprire delle discariche o per mettere in funzione gli inceneritori, sono state sistematicamente bloccate dalla mancanza di una organizzazione statale coesa e logica.
I fatti che confermano la disunità d'Italia sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare dalla diffusione del modo mafioso di gestire il pubblico denaro. La mafia non è più soltanto la secolare organizzazione criminale, gestita da gente del popolo. Se n'è impadronita la borghesia delle professioni e delle arti, dei ‟galantuomini” che usano la sanità, i lavori pubblici e gli uffici giudiziari come una loro proprietà.
Questa nuova mafia viene rivelata dalle retate che quasi ogni settimana ciò che resta di polizia e di giustizia compiono fra ‟cittadini al di sopra di ogni sospetto”, la borghesia che in questi anni ha adottato il sistema mafioso, che si è impadronita delle unità sanitarie, dei cantieri stradali, e persino dei boschi pubblici, vedi in Calabria la riserva di Isola Capo Rizzuto, che i notabili locali usano come loro proprietà e che affidano gratuitamente alle guardie forestali dello Stato.
La presenza della disunità è visibile anche nel costume e nella morale pubblica. Nel secolo borghese c'era almeno un reato imperdonabile: rubare ad altri borghesi con il fallimento, un delitto da pagare con la vita, oggi rubare, anche ai soci e agli amici, è diventato cosa normale di cui i furbi si vantano. La disunità d'Italia è confermata dai due opposti populismi politici: la Lega Nord e quella siciliana dell'onorevole Lombardo, che hanno ricominciato con le reciproche accuse.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …