Giorgio Bocca: I dannati dello sport estremo

14 Aprile 2008
Perché i comunisti cinesi vanno pazzi per le Olimpiadi? Per la stessa ragione, diremmo, per cui andavano pazzi gli stalinisti sovietici, i nazisti tedeschi e gli impresari delle università americane. Perché lo sport ossessivo dei record è il modo migliore per fabbricare dei giovani fanatici, contenti di esserlo, felici di non pensare, di non essere liberi, di non amare, e soprattutto di sopportare le burocrazie che campano alle loro spalle.
Cosa sono queste Olimpiadi per cui si è pronti a sacrificare i diritti umani? La libera partecipazione di de Coubertin, o la fabbrica di nuovi autoritarismi? Giornali e televisioni raccontano la preparazione degli atleti, dei campioni famosi. Chi sono? Che vita fanno? Una vita da forzati, infantiloide, fra rinunce alle cose piacevoli della vita, isolamenti, capricci divistici, deformazioni fisiche.
Prendiamo una giovane nuotatrice. Sveglia alle sette del mattino, mezz'ora di ginnastica e riscaldamento muscolare, colazione spartana, poi in piscina per ore, per chilometri, con aggiunta di torture specialistiche come nuotare tirandosi dietro un secchiello forato per rinforzare le gambe, o fare sottacqua metà piscina per avere delle partenze e virate migliori, spaccarsi la schiena per delle nuotate innaturali come quella a delfino. In un ambiente dominato dai moralismi ipocriti che guidano la ricerca ossessiva dei primati.
La burocrazia moralista considera diabolico l'uso delle droghe e degli eccitanti, il ‟dopaggio”, come lo chiamano; ma che altro è uno sport che ti obbliga a continui superamenti dei limiti naturali? Si è spietati con chi fa uso di droghe, ma che altro è costringere degli adolescenti a esercizi da circo equestre, o un saltatore in lungo a esercizi scimmieschi per ‟migliorare la spinta”?
I resoconti sulla preparazione olimpica sfiorano a volte l'orrore. Dai maratoneti etiopici o abissini costretti a vivere correndo, alle ginnaste-bambine obbligate a diventare mostruosi fasci muscolari per una vita di contorsioni e di salti mortali. E il tuffatore bambino che a 13 anni salta dal trampolino di dieci metri e se sbaglia resterà invalido a vita?
Ma c'è qualcosa di peggio. In questa ricerca del primato a fini di lucro o di potere, estranea allo sport, si è formata una burocrazia cinica, che pur di avere successo e prebende alleva una gioventù decerebrata, capricciosa, che torna a credere nei feticci, negli amuleti, nei finti amori e nelle finte passioni, nei finti fidanzatini. Le nuotatrici famose se li scambiano per andare più forte, gli allenatori li usano. E attorno a questa umanità di bambini muscolari, ecco fiorire un giornalismo di super-esperti, dal linguaggio gergale, composto da luoghi comuni comprensibili solo ai cercatori di record, ma incapace di parlare, di raccontare.
In questa abbondanza di primati eccelsi, sempre più lontani dai limiti umani, viene poi fuori la poltiglia delle frasi ripetute, dei sentimenti inespressi. Non una nuova epica, una nuova letteratura, ma le ridicole rievocazioni della Olimpia greca, con le cerimonie delle danzatrici in tuniche bianche che accendono fiaccole da spedire in aereo per il giro del mondo.
Giorgio Ruffolo ha scritto un bel libro sul capitalismo estremo, che per vari motivi sembra avviato all'autodistruzione. Ma lo sport estremo non segue forse la stessa parabola?
Sono in vendita per i computer dei filmini sullo sci estremo ambientato nelle montagne americane sempre coperte da neve fresca e farinosa. Gli sciatori estremi come gladiatori, disposti a ferirsi e a morire per lo spettacolo. Pare abbiano successo. L'orrore è arrivato anche nel mondo innocente e silenzioso della neve.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …