Marco D'Eramo: Presidenziali USA. Un martedì da leoni

04 Novembre 2008
Ancora due giorni. E poi questa storica, intensa, estenuante campagna presidenziale sarà conclusa. Incrociando le dita e facendo gli scongiuri, pare quasi certa la vittoria del candidato democratico, il senatore Barack Obama. Persino il Partito repubblicano ne sembra convinto, tanto che ha passato l'ultimo mese e mezzo non tanto a tentare di sconfiggere i democratici, quanto a contenerne l'ondata e a condizionare la futura amministrazione Obama. Gli strateghi repubblicani hanno cercato di estorcergli promesse che poi dovrà mantenere, come quella di una massiccia escalation in Afghanistan, di una maggiore spesa militare, di un aumento degli effettivi dell'esercito e dei marines. La stessa candidata repubblicana alla vicepresidenza, Sarah Palin, ha avvertito che la nave sta affondando e cerca già di districarsi dall'abbraccio asfissiante di John McCain per ricavarsi uno spazio autonomo per un proprio futuro politico. E il tema su cui lo stesso McCain batte e ribatte è che non si può permettere ai democratici di controllare tutto, sia l'esecutivo (presidenza), sia i due rami del legislativo, Camera e Senato, come se per sei anni, fino al 2006, non fosse avvenuto il contrario simmetrico, con i repubblicani a controllare tutto.
Invece i democratici cercano il colpo del Ko. Negli ultimi due anni hanno avuto il controllo della Camera e una risicatissima maggioranza al senato, ma solo grazie a un senatore, Joe Lieberman, ora transfuga tra i repubblicani. In questa situazione, nessuna delle riforme promesse è stata votata (anche a causa del potere presidenziale di veto). Non solo, ma il parlamento controllato dai democratici ha votato a favore di proposte di George Bush: liberticide come il permettere le intercettazioni telefoniche senza mandato del giudice, o imperialistiche come definire banda terrorista l'esercito nazionale di un paese sovrano (Iran). Sono i senatori democratici ad avere votato a favore del bilancio militare più alto della storia non solo degli Stati uniti, ma del mondo.
Queste due votazioni mostrano che non basterà una semplice maggioranza per far passare almeno una parte delle misure che Obama ha promesso (ma che sarà molto difficile per lui mantenere, con i chiari di luna che la recessione impone al bilancio pubblico). Anche perché alcuni senatori democratici (di Nebraska, Louisiana e Virginia) si situano a destra di Gengis Khan. È improbabile che i democratici ottengano una maggioranza a prova di ostruzionismo parlamentare, ma per loro è indispensabile ottenere una maggioranza di 7-8 seggi, cioè avere 57-58 senatori su 100 per far passare riforme come quella della sanità (la riforma sanitaria ideata a suo tempo da Hillary Clinton fu affossata da un senato democratico). E serve loro una maggioranza di 25-30 seggi alla Camera (su 435 deputati). Sono questi gli obiettivi indispensabili del voto di martedì. Solo a queste condizioni, gli americani per bene potranno, come dice Joel Rogers, «tornare a casa dopo otto anni di esilio».

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …