Giorgio Bocca: L'eterno fascismo italico

01 Dicembre 2008
Il quotidiano ‟Il Giornale” ha pubblicato una lunga lettera di un ‟ragazzo di Salò”, un professore emerito di ordinamento giudiziario dell'università di Bologna, Giuseppe di Federico, il quale racconta che a dodici anni, nel 1944, voleva arruolarsi nelle brigate nere di Salò per riparare al disonore di aver cambiato alleato, la Germania nazista, nel corso della guerra.
Il professore rivendica di aver scelto la fedeltà a un alleato razzista, imperialista, stragista, che Benedetto Croce definiva "nemico dell'umanità", come "fedeltà nelle cose in cui credo senza curarmi troppo delle convenienze". Nel caso, senza curarsi del fatto che gli alleati nazisti stessero mandando nelle camere a gas milioni di innocenti.
Sul tema del tradimento dell'alleato molti italiani a Salò e dopo Salò si rifiutarono di capire che la fedeltà a un'alleanza criminale è iniqua e che il suo tradimento è giusto e doveroso. Forse perché da millenni la cultura del potere predica la rassegnazione dei sudditi, degli ‟ometti”, dei cittadini comuni, dei sottoposti. Ma il diritto esiste, è un diritto naturale che non ha bisogno di essere codificato, è il diritto insopprimibile di ribellarsi al dispotismo quando esso arriva alla malvagità totale, alla rottura di ogni contratto sociale, all'ingiustizia imposta e proclamata. Chi rifiuta, come il professore emerito, il diritto degli italiani occupati dai nazisti a tradire l'alleanza voluta da Mussolini per paura e convenienza, più che per ragioni ideologiche, rifiuta il diritto umano a scegliere tra il giusto e l'iniquo.
Il professore emerito dice a sua scusa che lui non sapeva delle atrocità del nazismo, che solo "quando tornò dall'America un mio zio ci disse che le atrocità erano vere e a lui non potevamo non credere. Fu un vero shock per tutti noi".
Ma dietro al ritorno attuale di un modo di sentire, più che di pensare, neofascista, c'è qualcosa di peggio del non sapere, c'è un'affinità al fascismo eterno e in particolare al fascismo italiano che il berlusconismo rappresenta in modo spontaneo: le favole menzognere ma consolatrici sono meglio della verità, l'attivismo più apparente che reale aiuta a campare, le paure irrazionali ma diffuse sono più importanti della realtà.
Le statistiche dicono per esempio che l'Italia è uno dei paesi più sicuri del mondo, con il più basso numero di rapine e di omicidi? Non importa, la gente coltiva le sue paure; il metodo più semplice per vincerle era quello usato dal fascismo che ignorava i delitti nell'informazione, oggi invece si pecca in senso opposto, ma sono due facce della stessa falsificazione della realtà.
Il ritorno al fascismo eterno congenito degli italiani è un dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti: tutto ciò che si lega in qualche modo a quell'archetipo, a quello stampo, a quello stile ha fortuna, tutto ciò che gli si oppone è nel migliore dei casi superato, noioso, retorico.
Fascista l'Italia di oggi? Ma dove? Ma come? Tutti o quasi pronti a negare l'evidenza: che l'informazione economica, politica, criminale è sempre più asfittica, legata ai padroni, che quella televisiva che dipende dalla pubblicità, cioè dal potere economico, è quasi inesistente, ridotta alle pillole informative incomprensibili e contraddittorie dei telegiornali, che il parlamento è esautorato, che il il governo può fare e dire tutto quello che gli fa comodo, anche di aver impedito la terza guerra mondiale, anche di aver ripulito il paese dalle sue soverchianti immondizie, anche di garantire i risparmiatori da qualsiasi crisi mondiale, e gli italiani ci stanno, come ai tempi in cui il duce sfidava il mondo stando su un mucchio di letame.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …