Giorgio Bocca: La morale corrente

07 Luglio 2009
Gli italiani hanno perso con il modo di governare berlusconiano la cognizione di ciò che appartiene al privato o al pubblico. In parole semplici: di ciò che va pagato dallo Stato e di ciò che tocca al premier.
A Capodanno, riferiscono le cronache più o meno piccanti, ci fu a villa Certosa, residenza estiva del primo ministro, una festa di difficile definizione: mondano-partitica, estetico-elettorale, di formazione politica o di alta ruffianeria. Sessanta avvenenti signorine furono trasportate in aereo da Roma alla Sardegna, ospitate per due giorni nella villa e istruite ai fondamentali della politica (quali esattamente non si è capito, se alla ricerca del consenso o allo studio della Costituzione).
Che la festa sia avvenuta è certo, perché una delle peculiarità per cui Silvio è famoso è quella di fare scandalo, ma di farlo documentare e pubblicizzare dai suoi giornalisti e fotografi di fiducia, per esempio dal giornale di gossip 'Chi' che è diventato un vero house organ della casa, decisivo nella formazione della sua immagine.
Chi ha pagato le spese? Ci voleva pochissimo a saperlo: se lui di tasca sua, se il suo partito per l'uso politico delle veline candidate alle elezioni, se qualche azienda pubblica, se il ministero degli Interni che deve provvedere alla sicurezza del premier e dei suoi ospiti. Nessuno nei giornali o nelle televisioni ha creduto opportuno chiederlo. La rivoluzione plutocratica vincente, il trionfo del lusso che ormai fa parte del costume contemporaneo lo sconsigliavano.
Nessuno che abbia chiesto quanto sia costato il servizio poliziesco di protezione, come nessuno se lo è chiesto per la festa napoletana per il compleanno di Noemi, anche se era di pubblica conoscenza che il ristorante e la zona erano stati blindati da agenti e mezzi questurini. E qui il rischio era ben più forte che in Sardegna: fare un banchetto nei luoghi di 'Gomorra' e dei Casalesi, essere attorniato per le fotografie ricordo da decine di sconosciuti, era un po' giocare alla roulette russa.
Anche qui silenzio e ossequio al volere del potente cui il popolo ha delegato il governo. È lo stesso ragionamento che si fa per la legge ad personam, il lodo Alfano, per cui Berlusconi è esente durante l'incarico da ogni inchiesta giudiziaria: come farebbe a governare, dicono, se dovesse correr dietro a tutti i processi istruiti da una magistratura in mano ai comunisti?
In fatto di etica, di rispetto dell'opinione pubblica, i politici si adeguano a quella che viene chiamata la morale corrente, che in pratica è la negazione della morale, la propensione umana a chiedere allo Stato tutti i benefici e dare in cambio il meno possibile.
Quando la morale corrente nella classe dirigente aveva un minimo di rispondenza alla morale tout court, Quintino Sella la sera spegneva le luci al ministero delle Finanze, Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi accettavano di essere processati per le accuse di lesa patria di un giornalista come Guareschi, e il povero Ferruccio Parri dormiva su una branda in uno stanzino della presidenza del Consiglio. Era la chiarezza di una morale condivisa.
Ora chi si chiede più se i soldi spesi per il G8 alla Maddalena servissero più alla campagna elettorale del premier che alla politica estera, e se le 'opere del regime' tornate ogni sera in televisione, alcune spettacolari come l'inaugurazione del complesso per l'incenerimento dei rifiuti di Acerra con sapiente regia del nuovo duce che apre una tendina e appare il mostro divoratore d'immondizia, qualcosa di simile all'inaugurazione della bonifica pontina dei cinegiornali dell'epoca, con centinaia di trattori che appaiono sulla piana come un'armata provvidenziale, se le opere del regime, dicevo, sono una propaganda personale o no?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …

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