Giorgio Bocca: Questo lusso non fa per me

24 Luglio 2009
Mi è capitato di essere ospite di un hotel cinque stelle L, che vuol dire lusso, e di rendermi conto che il lusso, anche quello vincente, ammirato, dichiarato, esposto, sicuro di sé, che sta segnando l'attuale era globale, non fa per me. Per questi motivi.
Il primo è il crampo, non dico dell'avarizia, ma di chi rispetta il denaro e teme la povertà come imago mortis. Un crampo delicato, tenue, ma che ti segue da quando sei nella hall del cinque stelle L a quando approdi tra soffi di porte dorate e ascensori bomboniera nell'appartamento - attento a non chiamarlo alloggio, logis, alla piemontese - grande più di casa tua in città.
E già tre cameriere stanno aprendo le tende bianche, spesse e morbide come un mantello regale, sul paesaggio bellissimo, unico al creato della 'divina costiera' che ti blocca il respiro al pensiero che dovrai vederlo ogni giorno e dire "sembra una cartolina", come si dice al tuo paese fra la gente comune.
La tv. Dov'è la tv? Un maggiordomo, come intuendo il tuo pensiero, si avvicina a una libreria antica, con i volumi rilegati in rosso porpora, sfiora con una mano un volume e la libreria si apre sullo schermo opalescente. E il telecomando? È lì sul tavolo, accanto al vassoio di ciliegie rosse, carnose e morbide come se ne vedono dal fruttivendolo di via Montenapoleone a Milano, dove le impacchettano nella carta argentata come fossero gioielli. Non chiedere come si accendono o spengono le decine di lampade con l'abat-jour di pergamena, non riuscirai a capirlo per tutto il soggiorno.
Il crampo al pensiero del mucchio di denaro che se ne va a ogni secondo di soggiorno nell'hotel a cinque stelle L ti ritorna prepotente quando arrivano i camerieri del servizio in camera, tre, del luogo diresti, magri e belli come il 'Monello' di Gemito.
Quando se ne vanno, ti getti sul letto, stanco per il viaggio, ma è un letto alto e grande come quello del re Sole, e sul tavolino c'è una bottoniera dorata con indicazioni comprensibili solo per gli habitué del lusso di cui Giulio Sapelli ha scritto: "Sempre più numerosi sono i fautori di una società basata sulla glorificazione del lusso, mai vertiginoso come in questi anni. Intendiamoci, la presenza e il mito del lusso hanno sempre accompagnato la storia delle comunità umane, ma è l'ostentazione che li caratterizza".
E proprio questa ostentazione che, assieme al poco rispetto per il denaro guadagnato con fatica, m'insegue con i crampi delicati ma insistenti, con la scoperta del superfluo in un palazzo dove si aprono saloni dominati da busti di imperatori romani seguiti da scale e scalette prive di senso, verso una cappella con altare, da cui si passa a giardini pensili in cui si muovono giardinieri in divise turchesche, qui un piccolo bar, là un mini-ristorante, dovunque cascate di fiori e d'improvviso l'azzurro di una piscina in cui stanno tuffandosi due giovani clienti, nordiche si direbbe dal pallore del corpo e il biondo dei capelli.
I clienti del super lusso sembrano tutti come assopiti nel loro superiore benessere, sdraiati su lettini candidi sotto i rami di una limonaia, serviti di bevande da camerierine locali, l'orecchio a un telefonino da cui arrivano voci da Stoccolma o da New York.
Ogni tanto, a prova che esiste il resto del mondo, arrivano dei botti sordi, le mine delle cave che sulla montagna celeste preparano nuovi nidi d'angelo. Domani si torna in città, nei suoi fragori e nei suoi fetori. Se Dio vuole.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …