Giorgio Bocca: Tutta colpa del capitalismo?

24 Luglio 2009
L'editore Teti mi manda l'ultimo numero di ‟Marxismo oggi”, rivista di cultura e di politica, che per 160 pagine si occupa della crisi del capitale e del ruolo dei comunisti. Uno studio del moloch che è il capitalismo mondiale in tutte le sue varianti naziste e bonapartiste, di autoritarismo morbido e di feroce repressione degli sfruttati e la conferma, fornita dall'attuale crisi economica, che il capitalismo è soggetto a crisi cicliche. Interventi meditati, colti, ricchi di informazioni e di idee.
Ma con una lacuna non secondaria: che rapporto c'è fra il moloch che si divora il mondo e gli uomini, fra il dio denaro, colpevole delle nostre servitù e delle nostre sofferenze, e questa nostra progenie che continua a moltiplicarsi e a occupare mari e monti al punto che non sappiamo bene se ci sarà abbastanza aria da respirare, acqua da bere, terra da coltivare?
Le bieche trame del capitale sono note a tutti: dopo aver per avidità esagerato nella superproduzione, dopo aver spinto l'umano genere al consumismo più dissennato, dopo aver venduti per buoni migliaia di titoli spazzatura, ora, a disastro avvenuto, cosa fa? Riduce la classe operaia a un immenso precariato, e dato che è sovrabbondante, ne fa strage con i licenziamenti di massa.
Gli effetti del suo governo o della sua anarchia sono sotto gli occhi di tutti: ricchi sempre più ricchi e sempre più protetti da una giustizia di classe, e poveri sempre più impotenti e ignoranti degli strumenti del potere. Tenuti a bada da dittature morbide, da democrazie autoritarie. Appagati dall'imbonimento televisivo, in ammirazione del trionfo del lusso sempre più esibito, pronti a votare i sultani di turno, a trovarli persino belli e simpatici nel piacere di servire.
L'orrendo capitale! Il Leviatano che ci divora, l'idolo che ci allontana da Dio. Ma noi, i miliardi di uomini, quelli a cui, forse incautamente, il Signore disse crescete e moltiplicatevi, noi che abbiamo fatto nei millenni?
L'altro giorno mi è capitato di percorrere in auto la strada che da Amalfi sale ai mille metri del valico che dà sulla piana napoletana e sul Vesuvio. Stupenda la montagna, la strada serpentina, il bosco fitto e profumato, laggiù lo splendore del mare. Un'ultima sosta prima del valico, un'ultima occhiata a quel paradiso terrestre e poi, di colpo, iniziata la discesa, la visione infernale della megalopoli sterminata, la colata di tetti e di case che ricopre le pendici del vulcano, riempie il litorale, si spinge grigia e puzzolente a nord a perdita d'occhio, e noi ci stiamo scendendo dentro, in un quartiere che si chiama Agri, dove si procede a passo d'uomo alla maniera nostra di un'auto che sperona l'altra e solo all'ultimo istante frena.
Brutta, bruttissima bestia il capitale, ma noi, le scimmie feroci che hanno riempito il mondo, noi siamo innocenti, incolpevoli? Il piacere di servire ce lo ha imposto il capitale? Gli applausi e il consenso che tributiamo a tutti i piccoli tirannelli nostri e d'importazione ce li ha imposti il capitale?
E le mode. Anche quella ridicola per cui uomini e donne vanno in giro oggi con ciocche di capelli che coprono metà del viso? Anche l'indecenza del nudo indecente che regna nei luoghi pubblici? E la voglia irresistibile di rubare per cui non c'è pubblico ufficio, partito politico, associazione umanitaria, congregazione religiosa dove prima o poi non si rubi?
Il capitalismo è malvagio e ladro, ma il ritorno dei coltelli fra i giovani, gli stupri come nei saccheggi del mondo antico, i vandalismi senza ragione, le regole barbare delle mafie, il mignottificio trionfante, tutto è colpa del capitale?

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …

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