Le recensioni di Quando la notte. “Isabella Bossi Fedrigotti: Se il vento soffia sulle braci d’amore”

02 Novembre 2009
Una mamma stressata e un bambino piccolo difficile, di quelli che piangono sempre, si muovono in continuazione e non dormono mai, sono in vacanza in montagna, in un piccolo appartamento, forse in Alto Adige, forse in Svizzera, forse in Austria. I due sono soli e il malessere della donna che si riconosce poco materna, innervosita e spaventata dal figlioletto e non rispondente al cliché di giovane mamma beata di occuparsi a tempo pieno di lui e dei suoi bisogni, è tangibile, riconoscibile, per essere stato, più o meno segretamente, per pochi momenti o per molti giorni, il malessere di innumerevoli giovani madri alle prese con il primo bambino. La solitudine in casa tutto il giorno, la paura di non essere all’altezza, l’ansia per la grande responsabilità mista alla stanchezza fisica per la mancanza di sonno e per l’impossibilità di avere un minuto per sé possono essere causa - la cronaca ce lo racconta fin troppo spesso - di non poche tragedie. Nel nuovo romanzo della regista-scrittrice Cristina Comencini, Quando la notte, tutto sembra condurre proprio a un finale molto drammatico, non fosse per una variabile inattesa che lo impedisce, chissà se in extremis o con un certo margine di tempo. La variabile - che si rivela antidoto potente alla prevedibile tragedia - è, ovviamente, l’amore, oppure, in subordine, la passione: l’una come l’altro segnali forti di vita e, quindi, di segno contrario alla morte. Succede infatti che il padrone dell’appartamento preso in affitto dalla giovane mamma italiana, un montanaro «tedesco» duro e scostante oltre che prepotente e anche abbastanza villano, probabilmente perché ferito nel profondo dalla vita, abiti al piano di sotto e subito prenda in odio la donna e la disprezzi perché di pianura, perché priva di energia e determinazione, perché isterica anche, secondo lui, perché viziata e incapace di fare fronte ai suoi doveri. E lei, per contro, fin dal primo giorno lo teme, lo soffre e lo evita in ogni modo. Controvoglia e con reciproco fastidio i due si spiano: lui per cercare di smascherare in lei sempre nuovi difetti, lei per controllare le mosse di lui, come si sorvegliano le movenze di un pericoloso animale selvatico acquattato nelle vicinanze. Ma si sa l’odio in cosa si può trasformare, e anche la paura. Suggestivo, condotto con sapienza e pazienza, è il racconto che l’autrice fa del sentimento cominciato come disprezzo e terrore che, chissà a quale punto e in quale momento, misteriosamente diventa tutt’altro e si accende, minuscola scintilla clandestina della quale i protagonisti stessi nemmeno si accorgono, e che invece finisce per far scoppiare il fuoco. Fuoco benigno, in un certo senso, in quanto riesce ad aggiustare e rimettere in ordine le vite di entrambi, invece di devastarle, come di solito succede, nei romanzi ma anche nella vita. Più del finale, tuttavia, non davvero happy ma neppure infelice, conta la suspense acuta, tesissima, che per molto tempo tiene i due protagonisti nell’agonia del desiderio, come peraltro tiene incollato il lettore per tutta la durata delle pagine.

Cristina Comencini

Cristina Comencini nasce a Roma nel 1956. Figlia del regista Luigi Comencini e madre di Carlo, Giulia e Luigi, esordisce al cinema come attrice nel 1969, diretta dal padre in …